Diritti

Violenza di genere e antisemitismo: cosa sta succedendo all’università francese Sciences Po?

Durante una giornata di mobilitazione a sostegno della Palestina, una studentessa ebrea ha denunciato di aver ricevuto insulti. Poche ore dopo, il direttore dell’istituto Mathias Vicherat, rinviato a giudizio per abusi domestici, si è dimesso
Credit: Instagram.com/@comitepalestinescpo 
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14 marzo 2024 Aggiornato alle 17:00

Sarebbe troppo facile raccontare il doppio scandalo che sta avvolgendo Sciences Po in queste ore, cavalcando l’ondata di sensazionalismo che emerge dai titoli di giornale di alcune tra le principali testate (francesi e italiane) che si stanno occupando dell’accaduto. La verità è che stamattina, all’istituto di Saint Guillame dal quale scrivo, le lezioni si svolgono regolarmente, in un clima generale di indifferenza. Le ultime 48 ore, in effetti, hanno scosso e non poco l’istituto parigino di Scienze Politiche più prestigioso di Francia.

Tutto è iniziato martedì mattina, intorno alle 12:00, quando un gruppo di studenti hanno occupato l’anfiteatro èmile Boutmy per esprimere supporto al popolo palestinese e denunciare la presa di posizione di Sciences Po sul conflitto, considerata troppo timida e filo-israeliana.

L’occupazione, che si è svolta nell’ambito di una giornata di mobilitazione universitaria europea per la Palestina, è stata organizzata dall’associazione studentesca Comité Palestine Sciences Po, che da ottobre chiede il cessate il fuoco.

Con queste parole uno degli studenti fautori dell’iniziativa ha giustificato il motivo dell’azione: «Noi, Comité Palestine Sciences Po, siamo stanchi, frustrati e sconvolti dalla tragedia che si sta svolgendo a Gaza. Il silenzio assordante e la censura soffocante di Sciences Po riguardo alla Palestina alimentano la nostra indignazione. Oggi, occupiamo l’anfiteatro èmile Boutmy, reclamandolo come spazio per dibattere ed esprimere solidarietà ai civili. Qui, le voci dei giovani ricercatori e dei palestinesi risuoneranno, trasformando questo luogo in un’agorà di confronto».

Non mi trovavo fisicamente in università in quel momento, ma dalle foto e dai video che sono circolati tra i vari gruppi Whatsapp degli studenti, l’occupazione si è svolta in maniera pacifica, animata dagli interventi di ragazzi, ragazze, attivisti e attiviste palestinesi e portavoce di altre associazioni universitarie vicine alla causa, tra cui Sciences Po En Lutte.

E fin qui, niente di strano; questo è il mio secondo anno a Sciences Po, e posso assicurare che la comunità studentesca della mia università è molto incline a organizzare azioni coordinate di questo tipo. Insomma: di proteste se ne vedono molto spesso. Stavolta, però, le cose hanno preso una piega particolare.

Qualche ora dopo la conclusione della manifestazione, che si è poi spostata fuori dallo stabilimento, in Rue Saint Guillaume, è arrivata la denuncia di una studentessa, membro dell’Unione degli Studenti Ebrei di Francia (Uejf), che ha dichiarato di essersi vista negare l’accesso all’anfiteatro al grido di Ne la laissez pas rentrer, c’est une sioniste (letteralmente: “non fatela entrare, è una sionista”).

Le accuse di antisemitismo del sindacato Uejf non si sono fatte attendere: «Oggi a Sciences Po si è superato il limite: le hanno vietato l’accesso perché è ebrea», ha commentato il sindacato su X. Il presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif), Yonathan Arfi, ha definito l’accaduto una manifestazione plastica di un certo “antisemitismo d’atmosfera”.

Anche Emmanuel Macron si è espresso, giudicando queste dichiarazioni come «inqualificabili e intollerabili». La presidente della Regione Île-de-france, Valérie Pécresse, ha detto che «la causa palestinese merita di meglio di frasi antisemite degne delle peggiori ore della storia francese», mentre la ministra dell’istruzione superiore, Sylvie Retailleau, è andata di persona a Sciences Po per incontrare la direzione chiedendo di riprendere in mano la situazione.

Ieri sera è stato diffuso un comunicato ufficiale dell’università, che annuncia di aver contattato il procuratore della Repubblica per “atti di carattere antisemita”, in stretta collaborazione con il Ministero dell’Istruzione superiore, rivendicando l’avvenuta violazione dell’articolo 40 del codice penale francese. Tuttavia, nonostante l’indignazione e le accuse di antisemitismo che hanno travolto l’istituto parigino nelle ultime ore, l’episodio incriminato rimane ancora confuso.

Il Comitato della Palestina di Sciences Po ha respinto in toto le accuse assicurando di non tollerare «posizioni razziste, islamofobe o sessiste». Non mi trovavo in università al momento della protesta; per questo ho raccolto le opinioni di chi, invece, era presente fisicamente.

Secondo una testimone che ha partecipato all’occupazione della sala Boutmy, alla studentessa dell’Uejf è stato impedito di entrare «per motivi di sicurezza, perché aveva intimidito in precedenza degli studenti pro-palestinesi»: «È stata l’unica a non poter entrare. Altri membri dell’Uejf hanno assistito alle discussioni», ha affermato la ragazza, chiedendo di rimanere anonima.

Questa mattina in università ho raccolto anche la testimonianza di Letizia Molinari, un’altra studentessa che ha preso parte alla protesta: «L’occupazione dell’anfiteatro di Sciences Po è stato un momento simbolico e politico molto importante per portare solidarietà al popolo palestinese e rompere quel muro d’indifferenza delle istituzioni politiche e della nostra università di fronte al genocidio in corso a Gaza. In centinaia, davanti alle porte di Sciences Po, abbiamo osservato un minuto di silenzio in ricordo dei più di 30.000 morti, e urlato a gran voce per chiedere un immediato cessate il fuoco», ha spiegato.

Letizia Molinari si è poi espressa anche sulle accuse di antisemitismo arrivate dall’Uejf: «Le accuse di antisemitismo e la strumentalizzazione che i giornali hanno fatto dell’azione in sostegno alla Palestina sono deplorevoli. Quanto alla studentessa che si è vista rifiutare l’accesso alla sala, si tratta di una persona che in passato ha avuto dei comportamenti scorretti nei confronti di alcuni studenti pro-palestina, che ha fatto video a loro insaputa, esponendoli alla gogna mediatica. Nessuno si è visto rifiutare l’accesso per dei motivi religiosi o per le proprie convinzioni politiche; a ogni modo, un’inchiesta è in corso ed è importante che si faccia chiarezza. In Francia come in Italia, le voci degli studenti pro-Palestina e contro la guerra vengono discreditate, soffocate e represse. Eppure, quello che abbiamo fatto rappresenta davvero il minimo sindacale di fronte la disumanità di quello che accade a Gaza».

Le sue parole mi danno lo spunto per fare una riflessione. Se è vero che l’obiettivo di questa manifestazione era esprimere solidarietà alla popolazione civile e chiedere il cessate il fuoco, è altrettanto innegabile che l’intensificarsi di questa lotta tra le parti contribuisce a creare un clima di tensione e polarizzazione che non aiuta nessuno. Sicuramente non aiuta la popolazione palestinese, che continua a vivere sotto i bombardamenti.

Ieri anche Mathias Vicherat, direttore di Sciences Po, aveva condannato le presunte affermazioni antisemite rivolte alla studentessa ebrea. O meglio, ex direttore. Infatti, ieri sera, nella mia casella di posta elettronica dell’università è arrivata una email piuttosto singolare: un comunicato dello stesso Vicherat che annunciava le sue dimissioni.

Qualche mese fa, Vicherat era stato momentaneamente sospeso dall’incarico a seguito di un’accusa di violenza domestica pervenuta dalla sua ex compagna, Anissa Bonnefont. Per essere precisi, i due si erano denunciati a vicenda, a seguito di una lite piuttosto accesa che si era svolta nel bar dell’hotel Lutetia a inizio dicembre, al termine della quale avevano trascorso una notte in commissariato in custodia cautelare. Ieri, però, è arrivata la conferma di rinvio a giudizio.

Queste le parole di commiato di Vicherat, rivolgendosi alla comunità studentesca: “Sono stato informato che io e la mia ex compagna siamo stati deferiti al tribunale penale. Questa è la conclusione di un’indagine condotta dalla polizia del 7º arrondissement di Parigi, senza che sia mai stata presentata alcuna denuncia da nessuna delle due parti. Continuo a negare le accuse di violenza che mi sono state mosse e diffuse. La giustizia stabilirà la verità. Sciences Po è un’istituzione ammirevole. È stato un grande onore e un piacere senza eguali lavorare con tutti voi per aiutarla a prosperare.”

Laurence Bertrand Dorléac, presidente della Fondazione Nazionale di Scienze Politiche (Fnsp), ha fatto sapere che, in accordo con il Ministro dell’Istruzione Superiore e della Ricerca, sarà nominata nei prossimi giorni un’amministrazione provvisoria. Questa assumerà la direzione di Sciences Po fino a quando non sarà individuato il successore di Vicherat.

Ciò che è certo è che la posta in gioco è molto alta: ne va della reputazione dell’istituto di scienze politiche più rinomato di Francia.

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