Ambiente

Protesta trattori, Ettore Prandini: «Rispettiamo tutti ma il luogo delle nostre istanze è Bruxelles»

Mentre il Governo si confronta e le mobilitazioni continuano, il presidente di Coldiretti ha raccontato a La Svolta ciò che è emerso durante l’incontro a Palazzo Chigi
Credit: Ettore Prandini, presidente Coldiretti
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12 febbraio 2024 Aggiornato alle 18:00

Il Governo ha incontrato le associazioni venerdì pomeriggio a Palazzo Chigi, subito dopo il ministro Lollobrigida ha visitato a sorpresa il presidio romano dei trattori e stamattina il Masaf ha ricevuto chi protesta per la seconda volta in quattro giorni. Il mondo dei coltivatori continua a essere in fermento.

I comitati riuniti del “C.R.A Agricoltori traditi”, guidati dall’ex Forcone Danilo Calvani, hanno convocato una mobilitazione per giovedì al Circo Massimo, dove si aspettano di essere in 20.000. L’altra anima delle manifestazioni, il movimento Riscatto Agricolo, ha dichiarato che pur restando aperto al dialogo non sarà in piazza per timori di infiltrazioni violente.

Intanto, l’esenzione Irpef annunciata dal Giorgia Meloni per le aziende fino a 10.000 euro di reddito arriva oggi alla Camera dei Deputati. Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e leader della Lega, ha affermato che si può fare di più per il settore e si è detto sicuro che il Governo troverà tutte le risorse necessarie per aiutare gli agricoltori.

Poi c’è il fronte degli enti che lavorano attraverso le vie delle istituzioni italiane ed europee. In questi giorni, come riportato dai media, dalla galassia di Coldiretti è emersa la sensazione di essere sotto attacco, come se ci fosse una sorta di attrito rispetto ai contadini scesi in strada a contestare. Abbiamo intervistato il Presidente nazionale Ettore Prandini.

Com’è andato l’incontro con il Governo?

È stato in linea rispetto a temi già discussi nei mesi passati, che abbiamo riportato all’attenzione delle istituzioni. C’è ancora purtroppo l’assenza di alcune risposte - a partire dal livello nazionale - che riguardano, non tanto le tematiche di carattere fiscale dove comunque apprezziamo la possibilità che venga reintrodotto l’Irpef in termini di sgravio fino a un valore di 10.000 euro, ma soprattutto rispetto alle sfide che ci devono appartenere a livello europeo: dev’essere un fronte ampio che veda coinvolti più ministri perché le tematiche sono molto diversificate.

Su questo piano quali sono i vostri prossimi passi?

Sin dall’inizio, anche quando c’è stata l’Assemblea che mi ha riconfermato come Presidente nazionale di Coldiretti, ho sempre detto che il nostro impegno principale come organizzazione sarebbe stato quello di una presenza assidua a livello europeo, tanto è vero che già oggi sono in partenza nuovamente per Bruxelles dove mi fermerò due giorni per continuare le interlocuzioni che abbiamo con alcuni Commissari. In questo caso vedrò quello dell’Agricoltura e la presidente del Parlamento, come 10 giorni fa avevo incontrato Ursula von der Leyen.

Quali sono gli obiettivi?

Riuscire a chiudere quel lavoro che ormai dura da più di un anno e mezzo su alcuni regolamenti che noi continuiamo a ritenere particolarmente lesivi della capacità produttiva europea, ma soprattutto che vanno a creare una serie di vincoli ingiustificati alla nostra attività e colpiscono in modo più significativo le medie e piccole imprese che sono meno strutturate per far fronte a tutta la richiesta di un carico burocratico che non ha alcun senso.

In questi giorni di proteste, come organizzazione, vi siete sentiti minacciati o sotto attacco?

Innanzitutto c’è una forma di rispetto per chiunque abbia degli elementi magari diversi rispetto a quelli che noi ci immaginiamo in questa fase, nel portare le difficoltà all’attenzione delle istituzioni. Ricordiamo che le manifestazioni, principalmente, sono nate tutte da una questione che era prettamente nazionale, legata alla fiscalità. Su questo tema, noi sin dall’inizio abbiamo detto che forse si stava facendo un po’ di confusione, perché ciò che noi avevamo fatto a livello nazionale viene portato oggi a esempio dagli agricoltori tedeschi e francesi con i loro governi, sul piano dell’aumento delle risorse stanziate nell’ultima finanziaria rispetto agli anni precedenti.

Poi sapevamo che c’era il problema legato all’Irpef: in quel momento ci veniva detto che era impossibile reintrodurlo a fronte dell’aumento delle risorse già stanziate a favore dell’agricoltura rispetto a tutti gli altri comparti produttivi che invece hanno avuto un calo anche significativo. Su questo oggi c’è una disponibilità diversa e noi la salutiamo sicuramente positivamente visto che sin dall’inizio avevamo detto che ci spiaceva per questa misura che Coldiretti ottenne con l’allora governo Renzi: riuscimmo a far abolire l’Imu, l’Irap e l’Irpef. Forse c’è poca memoria storica sotto questo punto di vista. Detto questo, tutto quello che riusciamo a ottenere in più ben venga.

Come si pone quindi nei confronti delle proteste?

Io non critico quello che fanno gli altri, però sin dall’inizio, siccome ho un dovere che è quello non solo di fare la protesta ma di portare le proposte e di dare le risposte, ho sempre detto che il luogo in cui le nostre istanze andavano portate era Bruxelles. Sono ancora fortemente convinto di questo perché per quanto noi modifichiamo le cose in Italia sono il nulla rispetto ai regolamenti che a Bruxelles vengono pensati e attuati; quindi poi lo Stato membro non può far altro che adottare ciò che Bruxelles decide. Continuo a lavorare sotto questo punto di vista.

Rispetto al lavoro che porta avanti, si sente in qualche modo infastidito dalle manifestazioni?

Non sono assolutamente infastidito né ho criticità rispetto all’azione che in modo legittimo altri stanno facendo anche sul territorio nazionale.

Che idea vi siete fatti di chi sta protestando?

Non parliamo degli agricoltori, parliamo di chi guida queste proteste. Mi sembra che stia emergendo con molta chiarezza il fatto che c’è un ragionamento di carattere politico e partitico e soprattutto che è in previsione delle elezioni europee. La cosa che mi spiace è che ancora una volta viene abusata la buona fede di tanti agricoltori che magari si trovano in una situazione di difficoltà e gli viene fatto credere che semplicemente, con un’azione di questo tipo, i problemi si risolvono.

Come si possono risolvere invece i problemi?

Purtroppo c’è l’obbligo di dover fare tutti i passaggi di carattere legislativo - e penso anche alle modifiche dei regolamenti -: hanno una lungaggine in termini di tempistica che non combacia con i bisogni delle imprese. Però far credere che in una settimana tutto può essere modificato e tutto può essere cambiato diventa una presa in giro, soprattutto se tutto questo fosse legato non tanto a cercare di dare delle risposte ma a un interesse di pochi di carattere personale e politico.

Il movimento Riscatto Agricolo però si proclama apartitico e asindacale, forse lei si riferisce più al C.R.A. di Calvani?

Sì ma mi sembra che anche gli altri abbiano ospitato subito politici. Il paradosso è proprio quello: se tu dici che hai un problema a livello nazionale con la politica, beh è strano vedere che chi ha ruoli di governo partecipi. Mi chiedo dove erano stati prima.

Nel complesso crede che lei e Coldiretti abbiate commesso errori?

Noi continuiamo a lavorare con lungimiranza rispetto alle imprese. Se noi abbiamo commesso un errore, perché poi bisogna saper fare anche autocritica, è stato quello che tutti i risultati che abbiamo ottenuto non ce li siamo venduti in modo adeguato con la nostra base associativa e quindi li abbiamo dati per scontati.

Come dicevo prima, penso all’Imu, l’Irap e l’Irpef. Penso a tutto quello che abbiamo fatto durante il periodo del Covid, con la sospensione dei versamenti contributivi e con le moratorie, penso a tutto il lavoro che abbiamo fatto sull’obbligo dall’origine, quindi sulle etichettature. Penso a quello che abbiamo fatto anche in queste settimane ma, ripeto, è il frutto del lavoro che dura da più di un anno e mezzo sui regolamenti e sulle emissioni in atmosfera, come quello legato all’utilizzo degli agrofarmaci. Penso al tema del lavoro che non è ancora risolto ma sul quale stiamo lavorando, del packaging.

Cosa pensa della Politica agricola comune?

La Pac sicuramente non è quella che nessuno di noi voleva, però si prevedeva anche il tema della convergenza europea che per noi sarebbe stato devastante: siamo riusciti a farla restare all’interno dello Stato, quindi mantenendo le risorse stanziate per Stato membro. Il lavorare, il fare e poi non metterlo a terra in termini di racconto: penso che questa sia stata una mancanza da parte nostra, perché bisogna anche saper fare un po’ di autocritica interna quando ci sono queste discrasie e quando percepisci che la gente non sa fino in fondo il lavoro che è stato fatto.

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