(EPA/CLEMENS BILAN)
Ambiente

Gli effetti della protesta tedesca dei trattori sull’Italia

Il teatro principale è la Germania in recessione, ma con risvolti economici in Lombardia. La settimana di proteste degli agricoltori ha visto la presenza di neonazisti e radicali
di Francesco Carrubba

In una Germania forse frastornata dalla notizia di un 2023 in recessione, il malcontento degli agricoltori ha continuato a gonfiarsi, fino a raggiungere dimensioni europee, con preoccupanti ripercussioni di stampo politico ed economico.

Le proteste dei trattori, con origini in Olanda, sono proseguite soprattutto per via dei tagli governativi ai sussidi sul carburante e i partiti di estrema destra sembrano volerne approfittare. Le instabilità tedesche inoltre potrebbero avere conseguenze fuori dai confini, a esempio in Italia e in Lombardia, come denuncia Cna.

Le origini dei trattori

Tutto nasce in Olanda. Anche qui, sulla spinta di una sentenza della Corte dei Paesi Bassi, il governo Rutte ha detto stop agli allevamenti intensivi e alle emissioni di ammoniaca, di cui il settore agricolo è il massimo responsabile, mettendo a disposizione della transizione ecologica 25 miliardi di euro, considerati però pochi per la conversione delle campagne.

Si è iniziato quindi a parlare di espropriazione di terreni per chi non avrebbe attuato le politiche green. Al centro delle critiche c’era soprattutto il progetto di legge sulla chiusura di oltre tremila fattorie e aziende agricole, accusate di inquinare con azoto e fertilizzanti chimici e di gestire il bestiame in maniere irregolari.

Alle elezioni a sorpresa ha vinto il partito dei contadini, diventando il primo dei Paesi Bassi e dando corpo a un voto popolare contrario al Green Deal Europeo, con la più alta affluenza dagli anni 80. È il modello olandese che le estreme destre vorrebbero ora cavalcare.

Le proteste: come e perché

Decine di migliaia di manifestanti e circa cinquemila mezzi agricoli, provenienti da tutta la Germania, sono tornati a intasare Berlino lunedì 15 gennaio, invadendo il centro della capitale, nel tentativo di convincere le autorità centrali a cambiare linea sulle questioni rurali.

Sul palco tra l’altro è intervenuto il ministro delle Finanze Christian Lindner che ha incassato urla, fischi e suonate di clacson. Ha potuto iniziare a parlare solo dopo l’intervento di Joachim Rukwied, presidente dell’Associazione tedesca degli agricoltori (DBV).

Le rivendicazioni dei produttori, come noto, spaziano dall’esigenza di contrastare il costo del gasolio alla fine delle esenzioni fiscali per i propri macchinari, ma si scontrano con il piano di austerità approntato dall’esecutivo per rientrare nelle regole di bilancio statali in seguito a un richiamo della Corte costituzionale.

Ecco nel dettaglio i punti che stanno facendo discutere nel Paese:

· il ripristino dell’Iva al 19% sugli acquisti;

· il venire meno del tetto al prezzo dell’energia;

· l’aumento dell’accisa sulle emissioni di CO2;

· la cancellazione dei sussidi sul gasolio agricolo (21 centesimi sovvenzionati sulla tassa da 47 centesimi per 1 litro di diesel);

· i continui rialzi del pedaggio autostradale delle merci;

· il ripristino della tassa sulle macchine agricole; l’esenzione risale al 1922;

· il taglio agli incentivi per gli acquisti delle auto elettriche;

· i tagli all’industria fotovoltaica;

· le nuove tasse sui voli interni;

· la disincentivazione della produzione della plastica.

Le mosse dell’estrema destra

Ancora una volta non sono mancati disagi sulle strade e blocchi alla circolazione del traffico, con trattori e camion parcheggiati nelle vie vicine alla Porta di Brandeburgo già dal precedente fine settimana. Ma soprattutto, come si temeva, esponenti di organizzazioni estremiste, neonaziste e dell’AfD (Alternative für Deutschland) hanno sostenuto la mobilitazione, definita come la più grande mai realizzata dal mondo agricolo tedesco.

Era il culmine di un’intera settimana di contestazioni che hanno visto le ragioni dei contadini intrecciarsi a quelle degli allevatori, dei camionisti, dei cacciatori e allo sciopero dei ferrovieri, oltre a coinvolgere diverse città del Paese, arrivando fino ai confini con gli altri Stati.

In questo caos l’obiettivo degli estremisti di destra è chiaro: sfruttare le pieghe dell’insoddisfazione, della “pancia” diremmo forse in Italia, per introdursi nel mezzo delle proteste e provare ad attirare i consensi di nuovi elettori verso i propri programmi elettorali, presenti e futuri.

AfD, d’altra parte, è già piuttosto forte in Länder al voto quest’anno come Turingia, Sassonia e Brandeburgo e sostiene che la tutela degli interessi delle campagne è al centro delle sue politiche. Non solo: i servizi dei giornalisti della Bbc sul posto si spingono ad affermare che il fine ultimo sia preparare una sorta di rivoluzione per rovesciare il governo.

Un caso su tutti: la scorsa settimana, in una manifestazione a Dresda, gli agenti della polizia hanno identificato e allontanato molti sostenitori di estrema destra, che sventolavano bandiere monarchiche e brandivano cartelloni con le immagini dei politici tedeschi vestiti da carcerati. Appartenevano al gruppo Sassoni Liberi (Freie Sachsen), considerato cospirazionista.

Sono stati confermati inoltre avvistamenti sia di esponenti di gruppi neonazisti come Terza Via e La Patria sia di funzionari dell’AfD e della sua organizzazione giovanile.

Le reazioni tedesche

Pare che in diversi episodi la partecipazione di questi “infiltrati” non sia stata particolarmente apprezzata da parte dei coltivatori. Il leader della federazione degli agricoltori Joachim Rukwied ha ribadito più volte con forza che la sua organizzazione non vuole movimenti di questo tipo tra le proprie fila.

La minaccia a ogni modo è reale, al punto da suscitare decise prese di posizione anche da parte delle maggiori istituzioni nazionali. Lo stesso cancelliere Olaf Scholz sabato scorso ha più volte denunciato pubblicamente i tentativi di estrema destra di manipolare il dibattito democratico a proprio favore.

I risvolti economici in Italia e Lombardia

Nel frattempo la Germania ha concluso l’ultimo anno con il Pil sotto lo zero (-0,3%): è la prima volta che accade dal 2020, l’annata della pandemia.

Quando l’economia attraversa fasi di fragilità come questa, lo scontento può trovare terreno fertile per diffondersi, con possibili ripercussioni economico-sociali fuori dai confini, tramite i canali della globalizzazione.

Così anche l’economia lombarda è a rischio. La nazione tedesca genera con la regione un volume d’affari di 56 miliardi di euro, secondo i dati 2022 della Camera Commercio italo-Germanica; la Lombardia è la più forte davanti a Veneto (24 miliardi di euro) ed Emilia Romagna (19 mld di euro).

La regione guarda ora con attenzione a ciò che sta succedendo in Germania. Le difficoltà dell’economia tedesca non lasciano tranquille le numerose imprese artigiane che lavorano proprio con il grande partner europeo.

«Dobbiamo trovare soluzioni adeguate evitando un tracollo delle nostre imprese. Le elezioni europee possono cambiare in meglio le nostre chance, ma ai candidati chiediamo competenza, serietà e sobrietà», ha dichiarato Giovanni Bozzini, presidente Cna Lombardia, «Con la loro economia in ribasso, inevitabilmente il contraccolpo lo sentiremo pure noi, Lombardia in primis. Sappiamo che si apre un anno cruciale per il nostro sviluppo futuro, dobbiamo quindi essere sempre costruttivi. Purtroppo la nostra crescita è ancora troppo lenta, per questo anche le elezioni europee possono cambiare in meglio le nostre chance, così come le relazioni europee tra le grandi regioni».

«Serve un’Europa solidale in cui i principali partner si supportano sul piano economico e sociale, realizzando più compiuti indirizzi di politica fiscale e industriale comuni, ma dentro una logica di investimenti selettivi sulla crescita. Non possiamo avvitarci», conclude Brozzini.

«Crediamo che un filo tenga insieme le relazioni tra le Regioni motori d’Europa e il miglioramento qualitativo e quantitativo dell’integrazione europea gestita dai Governi nazionali», sottolinea Stefano Binda, segretario di Cna Lombardia, «Serve un nocciolo manifatturiero comune, fondato sull’alleanza tra produzione ed economia della conoscenza».

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