Culture

Seven Winters in Tehran: la storia di una donna giustiziata per aver ucciso il suo stupratore

Il documentario di Steffi Niederzoll racconta la vicenda di Reyhaneh Jabbari, condannata a morte in Iran per aver accoltellato il datore di lavoro che aveva abusato di lei
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28 aprile 2024 Aggiornato alle 13:00

Questo film è basato su materiale audio e video girato di nascosto e portato fuori dall’Iran. Le registrazioni non autorizzate effettuate in luoghi pubblici sono perseguibili con un minimo di 5 anni di carcere”. È così che inizia Seven Winters in Tehran di Steffi Niederzoll, e così abbiamo voluto iniziare noi a parlare di questo film coraggioso, che racconta la storia di Reyhaneh Jabbari, una ragazza di diciannove anni che nel luglio 2007 ha pugnalato e ucciso il datore di lavoro che l’aveva violentata, un chirurgo plastico che voleva convertire il proprio stabile in una clinica e che si era approcciato a lei dopo aver ascoltato una sua telefonata in cui diceva che stava progettando uno stand per una fiera internazionale.

A seguito di quel gesto Reyhaneh Jabbari è stata arrestata per omicidio, condannata alla pena di morte e infine giustiziata. «Io, Reyhaneh Jabbari, 26 anni, sto per essere impiccata ma non ho paura. - ha detto la ragazza prima di morire - Voglio raccontare la mia storia a tutti. Voglio che tutti la ascoltino e la giudichino. Se lo vorranno potranno stringere ulteriormente il cappio attorno al mio collo. Voglio che tutti sappiano cosa mi è successo a 19 anni per cui ho smesso di avere paura della morte». Le sue sono parole dure e consapevoli, che arrivano allo spettatore tramite una chiamata registrata, invitando alla riflessione sulla condizione delle donne in Iran.

Subito dopo il pubblico inizia a conoscere la sua famiglia, una famiglia come tante nella quale si ride e si scherza e dove il padre, contrariamente a quanto si potrebbe pensare considerando la cultura patriarcale fortemente dominante in Iran, è aperto al confronto, rispettoso, e invita le figlie a seguire la propria strada. «Mi ero ripromesso che se mai avessi avuto una figlia avrei protetto i suoi diritti, come per un figlio. La società non dà eguali diritti alle donne, quindi il nostro obiettivo sin dall’inizio era di preservare quelli delle nostre bambine», afferma Fereydoon Jabbari, il padre di Reyhaneh, che grazie a questo film è diventata simbolo di resistenza per i diritti delle donne.

Seven Winters in Tehran è visibile su PrimeVideo e su Mubi. Dopo essere stato presentato in anteprima alla Berlinale nel 2023, è stato programmato in diverse manifestazioni cinematografiche, tra le quali la 31esima edizione di Sguardi Altrove Women’s International Film Festival (WIFTM Italia) a Milano, dove ha ricevuto una Menzione Speciale dalla Giuria del concorso internazionale lungometraggi a regia femminile Nuovi Sguardi ed è stato insignito del premio Women Media Italia e del premio SNCCI-Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.

La motivazione che ha spinto la giuria del WIFTM a premiare il film è stato che si tratta di: “una tragedia raccontata anche attraverso gli occhi carichi di amore e speranza della madre che, insieme a tutta la famiglia, si batte per la sua salvezza appellandosi ai media e e allinformazione internazionale come speranza di cambiamento. Quella speranza è stata disattesa ma il testimone è stato raccolto da Steffi Niederzoll che, con forte capacità registica ed efficacia narrativa, è riuscita a rendere vivo e dolorosamente attuale il messaggio di Reyhenen. La regista raccoglie materiali di diversa provenienza in una storia dallarco narrativo avvincente, doloroso e di grande ispirazione. Un documentario necessario per continuare a riflettere sulle violazioni dei diritti umani e sulle conquiste di libertà della nostra società, da non dare mai per scontate”.

Volutamente non abbiamo riportato tutte le tappe del calvario giudiziario e umano della protagonista perché ci sembra che l’atto più rispettoso sia lasciare spazio a lei e a chi, come i suoi familiari, dimostra che si può avere un pensiero ‘altro’ al di là di quello esistente (nello specifico maschilista) e della distorsione della realtà a opera del regime.

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