Ambiente

Green Deal: la Commissione propone una riduzione netta del 90% delle emissioni climalteranti

Questa volta, però, Bruxelles deve tenere conto del crescente malcontento – reso palese dalle proteste degli agricoltori delle ultime settimane – per l’impatto sociale ed economico del Green Deal
Credit: Quaritsch Photography 
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6 febbraio 2024 Aggiornato alle 16:00

Tra le parole della protesta dei trattori che ha stravolto l’Europa e l’Italia in questi giorni, ne tornano spesso due anglofone che insieme rimandano al programma per l’ambiente dell’Unione europea: Green Deal. Il piano verde continentale, già al centro delle critiche degli agricoltori, presenta anche altri punti attualmente in discussione.

Gli obiettivi del Green Deal

In primo luogo il Green Deal, insieme a NextGenerationUe, riveste un certo “peso” da tutti i punti di vista. Si calcola che nel suo ambito rientrino ben mille miliardi di euro di investimenti da mettere in campo entro il 2030 e che l’Ue abbia destinato al mondo verde il 30% dei fondi.

Attraverso queste misure dovrebbe essere possibile dimezzare abbondantemente (-55%) le emissioni nette di gas a effetto serra in sei anni - come stabilito dalla Legge europea sul clima nel 2021 -, realizzare auto e furgoni a emissioni zero in 11 anni e azzerare le emissioni in generale in tutto il Vecchio Continente in 26 anni. Per il 2040, la Commissione probabilmente punterà a una riduzione netta delle emissioni climalteranti del 90%.

Uno degli aspetti più all’avanguardia dell’iniziativa nel suo complesso riguarda l’edilizia: si punta ad avere infatti un parco immobiliare completamente decarbonizzato entro il 2050. Così le nuove costruzioni già a partire dal 2030 dovranno assicurare emissioni azzerate. Di certo questo passaggio andrà regolamentato perché negli ultimi 15 anni prima della scadenza potrebbe concentrarsi l’80% degli interventi di efficientamento.

Ci sono poi almeno altri tre obiettivi che si vogliono raggiungere entro il 2030: accrescere fino al 42,5% l’utilizzo di fonti rinnovabili - i famosi 74 Gigawatt, con l’aiuto di sole e vento -, migliorare almeno dell’11,7% l’efficienza energetica e ridurre del 50% l’uso di pesticidi chimici, insieme ai loro rischi.

Il percorso (a ostacoli) del Green Deal

In particolare quest’ultimo punto, inserito nella Strategia europea per l’agroalimentare From farm to fork, sta incontrando più di un inciampo. Il relativo testo è stato bocciato in prima lettura lo scorso novembre da parte dell’Europarlamento e poi è rimasto incastrato tra le maglie del Consiglio Ue. Al contempo la Commissione ha prorogato addirittura di dieci anni l’autorizzazione al commercio di prodotti a base di glifosato.

In queste ore ha annunciato proprio il ritiro della proposta di regolamento sui pesticidi. «La Commissione ha proposto la legge sull’uso sostenibile dei pesticidi, con l’obiettivo degno di ridurre i rischi dei prodotti fitosanitari chimici. Ma la proposta è diventata un simbolo di polarizzazione. È stata respinta dal Parlamento europeo. Non ci sono più progressi neanche nel Consiglio. Ecco perché proporrò al Collegio di ritirarla», ha detto la presidente della Commissione.

Nato nel 2019, il Green Deal ha avuto una vita difficile fin dagli albori. Innanzitutto le sue istanze si sono scontrate immediatamente con la pandemia globale di Covid-19 che ne ha quantomeno rallentato le intenzioni.

Sul piano geopolitico, inoltre, si sono presto messi di traverso diversi conflitti internazionali, dalla guerra russa in Ucraina allo scontro tra Israele e Hamas che sta scuotendo ora tutto il Medio Oriente. Infine sono arrivati i trattori a marciare simbolicamente sulle intenzioni europee a tutela dell’ambiente.

Nonostante tutte le difficoltà, i pacchetti legislativi energetici sono pronti: lo stop alla produzione di veicoli a benzina e diesel resta fissato per il 2035 - in occasione di quel voto non è passata inosservata l’astensione dell’Italia, già abbastanza indietro sul fronte delle automobili elettriche -, le direttive sulle rinnovabili e sull’efficienza sono in fase di revisione e il mercato del carbonio interno all’Ue è in dirittura d’arrivo.

Il dialogo tra Ue, industria e trattori

Nel frattempo, la Commissione Ue ha mostrato una certa consapevolezza per quanto concerne le criticità del Green Deal. La presidente Ursula von der Leyen ha anticipato l’intenzione di aprire una nuova fase del programma lo scorso 13 settembre, in occasione del discorso dell’Unione, esprimendo l’intenzione di dialogare ancora di più con i settori dell’industria e di mediare ulteriormente nella dimensione della transizione energetica.

Quindi negli ultimi giorni la presidente, con un occhio sul presente e l’altro occhio rivolto alle elezioni europee in programma a giugno 2024, ha attivato un “dialogo strategico” da parte delle istituzioni sia con i coltivatori scesi in strada in queste settimane sia con le loro organizzazioni di riferimento.

Lo “scontro” fra i trattori e Bruxelles è abbastanza rappresentativo delle differenti questioni che avvolgono il Green Deal. Gli agricoltori in fondo sono semplicemente spaventati o arrabbiati, perché subiscono una precisa percezione: temono che le nuove linee politiche improntate alla sostenibilità possano intaccare il loro lavoro e limitare i loro compensi. I coltivatori tedeschi poi sono in fermento perché rischiano di perdere le agevolazioni sul prezzo dei gasolio per i loro mezzi.

Per mediare, le istituzioni europee stanno valutando sia la possibilità di uno stop all’import di grano ucraino Paese per Paese sia la proposta di una nuova deroga di un anno all’obbligo di tenere incolto il 4% delle proprie terre in cambio dei contributi europei. Su questo nodo, «Vogliamo dei documenti firmati, sinceramente - purtroppo - non crediamo più alle promesse», ha commentato a La Svolta Salvatore Fais del coordinamento nazionale di Riscatto Agricolo, il movimento apolitico e asindacale che ha portato i contadini italiani in strada.

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