Culture

Le cose sbagliate che ti hanno detto sul sesso

Secondo un’indagine del New York Times sono ancora molte le persone che affidano il proprio benessere sessuale a miti e false credenze. Con effetti spesso negativi sulla vita personale e relazionale
Credit: Womanizer Toys 
Tempo di lettura 8 min lettura
4 febbraio 2024 Aggiornato alle 20:00

Quando ero piccola e passavo ore nella mia camera a leggere non avrei mai pensato che un giorno avrei dovuto mettere” lettura” nella to-do-list della giornata. All’epoca sembrava assurdo dover “bloccare l’agenda”, come va di moda dire ora, per fare ciò che più mi appassionava e per la quale credevo che sarei stata sempre capace di trovare il tempo per il semplice motivo che volevo farlo.

Crescendo però ci si rende conto di quanto gli impegni quotidiani spesso finiscano per prendere il sopravvento e quindi “obbligarci” a trovare tempo diventa necessario. E così nelle nostre agende appaiono le voci “lettura”, “piscina”, “passeggiata”, “journaling”.

Potrei però scommettere che a nessuna e nessuno verrebbe in mente di mettere “sesso” in agenda. Perché ok ritagliarsi mezzora per leggere, che magari ci piace ma è anche impegnativo, ma il sesso non dovrebbe piacerci a tal punto da essere solo libero e spontaneo?

Secondo un articolo apparso sul New York Times, no.

La credenza che pianificare l’attività sessuale la renda arida e noiosa è infatti uno dei ben otto miti sul sesso messi in luce dal team di esperte ed esperti di sessualità interpellati dal quotidiano statunitense. Nonostante la rivoluzione sessuale, la liberalizzazione dei costumi e il crollo dei tabù, gran parte della popolazione giovane e adulta sa ancora pochissimo (troppo poco) di come funziona la sessualità umana, e continua ad affidarsi a idee preconcette e false certezze che possono creare molti disagi al benessere personale e relazionale.

Aspettative sociali

“Tutti fanno più sesso di me”. Probabilmente un pensiero che, in un momento o l’altro della vita abbiamo fatto tutte e tutti. Da adolescenti magari, mentre ascoltavamo le sbruffonaggini (probabilmente finte) di compagne e compagni di classe, o anche nell’età adulta, sorseggiando un calice di bianco mentre un’amica o un amico ti raccontano dell’ultima conquista e per te l’ultimo sesso è solo un ricordo sbiadito.

Questo continuo confronto della propria vita sessuale con quella altrui, alimentata anche da frasi fatte e discorsi da spogliatoio, secondo le sessuologhe e i sessuologi porta a una “corsa al sesso”, data più dallo spirito competitivo che non da un vero e proprio desiderio. Secondo Debby Herbenick, direttrice del centro per la promozione della salute sessuale dell’Università dell’Indiana, questa pressione spingerebbe le e i più giovani a iniziare la loro attività sessuale prima di sentirsi davvero pronti, solo perché “tutti lo fanno”; ma anche per gli adulti il mito del “tutti fanno più sesso di te” può risultare deleterio. Non sono poche le persone che basano la propria autostima sulla loro attività sessuale o che finiscono per valutare le loro relazioni di lungo periodo solo in base alla frequenza dell’intimità.

Secondo Herbenick è necessario diventare consapevoli che momenti di bassa marea possono esistere e sono normali. Del resto, non siamo robot del sesso, e la nostra vita intima è composta non solo dalla sfera fisica ma anche (e soprattutto) da quella emozionale e psicologica. «Per cercare longevità nella vita sessuale di coppia bisogna pensare al sesso in maniera olistica» spiega Herbenick,

Un’altra falsa credenza figlia delle gabbie sociali, questa volta relative ai ruoli di genere, è quella che gli uomini vogliono fare più sesso delle donne. Un mito che potremmo considerare quasi fondativo, dell’uomo cacciatore e della donna preda. Perpetrare questa idea (profondamente falsa), oltre che ignorare completamente le caratteristiche e i desideri individuali, crea un’enorme pressione sulle persone e sulle loro relazioni affettive.

Secondo Jan Kerner, sessuologo e autore del saggio Lei viene prima. Guida al piacere femminile (Odoya, 256 p., 16 euro), «le differenze nei livelli di desiderio sono il problema maggiore che mi trovo ad affrontare nel mio lavoro, ma non è affatto vero che il partner che ne ha di più sia il maschio. A causa di questo mito spesso gli uomini provano vergogna di non voler fare sesso e si sentono sotto pressione nel dover sempre prendere l’iniziativa». Una vergogna che sentono anche le donne, sul versante opposto, e che spesso le inibisce dall’esplorare liberamente il proprio corpo e la propria sessualità.

Il peso della rappresentazione cinematografica

Non serve essere assidui habitué del cinema pornografico per sapere che la rappresentazione del sesso, anche nei film e nelle serie tv di tutti i giorni, è per la maggior parte irrealistica. Uno dei miti che deriva da questa narrazione distorta della sessualità è che il desiderio sia qualcosa che si manifesta all’ improvviso. Magari alcune o alcuni di noi avranno provato questo tipo di desiderio, soprattutto agli inizi di una relazione o nel sesso occasionale ma, come riporta il NYT, “sessuologi e ricercatori, in generale, ritengono che esistano due tipi di desiderio: uno spontaneo, cioè la voglia di fare sesso che appare dal nulla, e uno reattivo, che invece si manifesta in risposta a degli stimoli, come il tocco”. Si tende a credere che il desiderio spontaneo sia migliore, più “giusto” ma, come afferma la psicologa Lori Brotto, è possibile sperimentare del sesso appagante anche senza desiderio spontaneo, a patto naturalmente che ci sia intenzione e consenso. «È come andare in palestra quando non ne hai voglia - spiega. - Una volta lì le tue endorfine si attivano, ti senti bene e alla fine sei contenta di esserci andata».

Un altro peso non indifferente che ci dobbiamo portare dietro da decenni di rappresentazione patriarcale (ed eterosessuale) del sesso sul grande e sul piccolo schermo è l’equazione sesso = penetrazione.

Nonostante negli ultimi anni sia cresciuta la consapevolezza della pluralità dell’attività sessuale, anche grazie all’attivismo femminista e Lgbtqia+ (vedi a esempio le guide Sesso femminista di Flo Perry e Club godo di Jüne Plã), questa idea rimane ancora ben radicata e, secondo Jan Kerner, è la causa maggiore del cosiddetto “pleasure gap”, cioè il fatto che le donne etero hanno in media meno della metà degli orgasmi che hanno avuto i loro partner maschi.

«Se guardi la maggior parte dei film mainstream - spiega Laurie Mintz, professoressa emerita di psicologia dell’Università della Florida - la scena principale è quella delle donne che hanno questi orgasmi veloci e fantastici grazie alla penetrazione, e tutto quello che viene prima finisce per essere funzionale a quel momento. Questo è scientificamente falso, oltre che dannoso».

L’importanza di conoscere il proprio corpo

Una delle giuste critiche che viene mossa all’educazione sessuale nelle scuole è che ci si sofferma solo sugli aspetti fisico-meccanici del sesso, sorvolando su quelli emozionali e relazionali. In realtà, le esperte e gli esperti sentiti dal NYT hanno constatato che la maggior parte delle persone manca anche delle conoscenze fisiche di base di come funziona il proprio corpo.

Secondo Debby Herbenick, a esempio, esiste un grande fraintendimento attorno al tema della secchezza vaginale, che si riscontra più frequentemente nelle donne in menopausa o in quelle che stanno allattando, ma che colpisce comunque quasi un quinto della popolazione femminile tra i 18 e i 50 anni. La mancata lubrificazione può essere dovuta a diverse cause, fisiche, ormonali o psicologiche, ed è un tema delicato, che crea disagi alla vita sessuale ed emotiva di molte donne perché viene generalmente associata alla mancanza di desiderio. La verità è che non sempre è così. Al contrario, «possiamo essere eccitate o innamorate e comunque non lubrificarci come vorremmo», afferma Herbenick.

Secondo Ian Kerner la mancanza di consapevolezza sul modo di funzionare del proprio corpo può creare disagi anche agli uomini, specialmente sui temi della disfunzione erettile o dell’eiaculazione precoce, ritenute talvolta erroneamente “problemi” rispettivamente della vecchiaia e della gioventù. Il sessuologo sostiene che sarebbe ora di portare avanti un dibattito culturale onesto, specialmente sul tema dell’eiaculazione precoce, e sfatare il mito che renda gli uomini cattivi amanti o che sia dovuta a egoismo o poco interesse verso il piacere del o della partner.

L’ultimo mito da sfatare secondo il NYT è forse quello più inquietante, e in un certo senso il più triste, perché mette in luce come ancora per troppe persone il sesso sia lontano dall’essere un momento di libertà, di scoperta e di piacere. Secondo il gruppo di lavoro infatti per molte persone sentire male durante l’atto sessuale è naturale e, anzi, talvolta è proprio una prerogativa del buon sesso. Ma la sensazione di fastidio o dolore, sia per le donne che per gli uomini, è sempre sintomo di qualcosa che non va; non andrebbe preso alla leggera né, tantomeno, normalizzato.

Il quadro dipinto dal New York Times forse potrebbe far sorridere qualcuno di fronte a tanta ingenuità, ma a uno sguardo attento appare più tragico che comico. Ci mostra infatti che nonostante l’atteggiamento più positivo verso la sessualità che abbiamo visto crescere negli ultimi decenni, la caduta di molti tabù e l’apertura del discorso pubblico e privato su questi temi, risulta evidente che abbiamo ancora molta strada da fare per giungere finalmente a una sessualità libera e consapevole.

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