Economia

Il Regno Unito vuole introdurre una carbon tax

In linea con il Carbon Border Adjustment Mechanism europeo, il Governo britannico ha proposto una tassa sulle importazioni di merci provenienti da Paesi con normative green deboli dal 2027. I settori coinvolti: acciaio, ferro, ceramica, cemento
Credit: Pat Whelen 
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22 dicembre 2023 Aggiornato alle 08:00

Lo scorso aprile il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la riforma dell’Emissions trading System (Ets), cioè il sistema europeo di scambio di quote di emissioni di CO2. Si tratta di un vero e proprio mercato del carbonio dove, dopo la fissazione di un prezzo, tutti gli operatori industriali interessati potranno acquistare quote corrispondenti alle loro emissioni di gas a effetto serra entro un massimale consentito fissato di anno in anno.

A questa riforma è stata collegata una carbon tax alla frontiera (Cbam), ossia una tassa applicata alle importazioni di merci provenienti da Paesi che non rispettano gli standard ecologici dell’Unione europea.

L’obiettivo di questa tassa è proteggere le imprese e i lavoratori dell’Ue da una concorrenza sleale da parte delle imprese di Paesi terzi che non hanno una politica ambientale rigorosa. Un’esigenza di tutela sentita anche dal Regno Unito (assente dai i membri dell’Unione dal 31 gennaio 2020, il cosiddetto Brexit Day), che ha recentemente avanzato un piano per introdurre una forma di Cbam analoga a quella europea.

Da una nota ufficiale si apprende che il Governo britannico a trazione conservatrice guidato da Rishi Sunak intende implementare una tassa sul carbonio alla frontiera dal 2027. Un anno dopo la piena operatività della Cbam targata Ue, che nel 2026 verrà applicata ai settori considerati a maggiore “rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”, come ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio e produzione di elettricità.

Esattamente gli stessi ambiti interessati dal meccanismo di adeguamento alle frontiere del carbonio inglese, che in più verrà applicato al vetro e ceramica, anche se la lista dei settori potrebbe subire mutamenti dopo le consultazioni pubbliche che verranno condotte dall’esecutivo nel corso del prossimo anno.

La proposta si concentra su 2 obiettivi. Da un lato “supportare la spinta alla decarbonizzazione”, insieme ad altre misure come l’Industrial Energy Traformation Fund, lanciato dal Governo britannico nel 2018 per sostenere le imprese nella transizione energetica con 315 milioni di sterline fino al 2027. Oppure altre forme di finanziamento statale a favore di tecnologie e sistemi a basse emissioni di carbonio come il Net Zero Innovation Porftolio.

Dall’altro, emerge l’esigenza di tutelare il settore industriale britannico dalle imprese rivali provenienti da Paesi con normative climatiche più deboli e permissive. Le aziende che beneficiano di regolamentazioni meno stringenti, infatti, possono produrre i loro beni a costi inferiori rispetto alle aziende britanniche, in quanto le modalità di produzione inquinanti sono molto meno costose rispetto a quelle più green e sostenibili presenti in Uk.

Questa differenza porta dunque le aziende straniere ad avere potenzialmente maggiore competitività attraverso una pratica sostanzialmente sleale. Motivo per cui la carbon border tax mira a ridurre questi vantaggi rendendo più costose le importazioni e di conseguenza controbilanciare il costo dell’inquinamento.

I tempi stringono, e le imprese del settore siderurgico inglese preme affinché il Governo attui “il più presto possibile” queste misure nel rispetto del calendario dell’Unione europea. Si tratta di una filiera capace di produrre 7,2 milioni di tonnellate di acciaio grezzo all’anno (pari al 70% del fabbisogno annuo dell’intero Paese) la quale, come afferma il direttore generale di Uk Steel Gareth Stace, lo scorso anno ha dovuto fare fronte a «circa 120 milioni di sterline di costi del carbonio, infliggendo un colpo dannoso alla nostra posizione competitiva». Motivo per cui secondo gli industriali una Cbam britannica può porre rimedio a questa situazione di disparità «in modo da poter competere in un feroce mercato globale dell’acciaio».

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