Diritti

Unstoppable Women 2023 è stato all’insegna della sostenibilità sociale

Tra i temi toccati durante l’ultima edizione dell’evento ideato da StartupItalia: parità e disuguaglianze di genere, finanza “al femminile”, inclusione e prospettive future per aziende e imprenditrici
Credit: Tima Miroshnichenko 
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31 ottobre 2023 Aggiornato alle 09:00

Consapevolezza di sé, influenza del contesto linguistico e socio-culturale in cui siamo inseriti e connessione tra parità di genere e sostenibilità. Sono queste alcune delle tematiche (accompagnate da dati concreti) affrontate dalla community di Unstoppable Women durante l’ultima edizione dell’evento.

Tematiche forti, straordinariamente importanti, perché solo in un Paese che sa valorizzare entrambe le metà della propria popolazione può svilupparsi un percorso virtuoso di crescita. Unstoppable Women è la rubrica di StartupItalia, nata da una lista di 150 profili di donne italiane da seguire sui temi di tecnologia e innovazione e che si è evoluta in un gruppo di lavoro e in un workshop durante StartupItalia Open Summit 2017.

Nel tempo Unstoppable Women è diventata una rubrica editoriale del giornale e una community di circa 2.000 donne tra manager, influencer, giornaliste, studentesse e founder per raccontare la strada femminile alla leadership tra best practice, numeri, interviste, inchieste e report; l’obiettivo: «raccontare storie importanti, che non sempre trovano spazio nella narrativa generalista, così da far conoscere realtà diverse dallo status quo», ha spiegato Chiara Trombetta, ideatrice della community.

«Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti per ridurre le diseguaglianze di genere, ma il fatto che le posizioni di leadership siano ancora occupate prevalentemente da uomini dimostra che ci sono ancora molti ostacoli da abbattere», ha dichiarato Gabriella Scapicchio, Ceo di Le Village by Crédit Agricole Milano, intervenuta all’evento.

Come da tradizione, Unstoppable Women ha ospitato una nuova edizione di Bootstrap, il format originale di StartupItalia per offrire un’opportunità di formazione e scambio di esperienze a chi si è impegnato nella creazione di una nuova impresa. Le 11 startup che si sono alternate nei pitch sono state: Antsy, DEESUP, Hacking Talents, PINV, Plino, Qualimenti, SAVONI, Tax Coach, Ta-Daan, UGO e Vegery. Successivamente, 2 panel partecipati da imprenditrici hanno affrontato altrettante questioni nodali per la percezione di sé stessi in un contesto sociale come quello odierno, in rapida evoluzione, in particolare negli ambiti di finanza e sostenibilità.

All’interno del panel dedicato alla finanza al femminile, Valeria Fioretta (consulente Marketing&Comunicazione di Gynepraio) e Paola Salvatori (head of Marketing & Communication Gruppo Mediobanca) si sono confrontate sulla “lingua” comunemente parlata nel settore: investimenti, denaro, trading, sono ancora termini che portano con sé una prerogativa propria del mondo maschile.

Non solo il percorso verso la parità di occupati tra uomini e donne nel mondo finanziario è ancora molto lungo (secondo i dati di Aifi, le donne rappresentano il 40% della forza lavoro complessiva del settore, ma questa percentuale scende del 24% se si considera il team di investimento e al 13% se si guarda la fascia senior) ma il gap riguarda anche l’alfabetizzazione finanziaria: le donne faticano ancora ad accostarsi a una materia fondamentale per sviluppare un approccio consapevole attorno al proprio potere economico e al proprio valore sociale.

«La finanza in Italia utilizza un linguaggio tendenzialmente maschile, facendo un uso piuttosto intenso, a livello di campi semantici, di termini stereotipati relativi al gioco d’azzardo, allo sport e all’agricoltura (…) Oltretutto, i professionisti che lavorano in questi ambiti sono primariamente uomini, specie i consulenti finanziari (…) Usare la tattica del Rephrasing potrebbe essere un primo strumento utile in queste circostanze, cioè riformulare con le proprie parole a un livello linguistico meno tecnico ciò che il professionista ha detto», ha spiegato Valeria Fioretta.

«Moltissime donne non solo non hanno un conto corrente, ma molte nemmeno lavorano. La concezione diffusa è che la prima scelta, quella ‘naturale’, debba essere quella di stare a casa, con un orario di “lavoro” indefinito. Ma licenziarsi o lavorare part-time significa avere una pensione risicata o non averla proprio, e quindi ritrovarsi in una situazione di povertà, cosa che succede molto più alle donne che agli uomini nell’ultima fase della vita», ha aggiunto Paola Salvatori.

Successivamente, Rossana Ammaturo (founder di Sample Lover), Patrizia Palazzi (ambassador Regione Lombardia Donne 4.0, business development e business management nel settore Healthcare), Monica Ferro (Cto & Co-founder di Bi-rex) e Adriana Santalocito (Ceo e Co-Founder di Ohoskin) si sono confrontate sulla connessione tra parità di genere e sostenibilità, partendo dall’assunto che proprio le aziende che hanno una maggior presenza femminile sono correlate a una maggiore sostenibilità sociale ed economica.

I dati di Cribis dimostrano come in Italia le imprese a guida femminile siano affette da un profilo di rischio inferiore rispetto alla media: più della metà (52,73%) presenta, infatti, un rischio di fallimento minimo o inferiore alla media, contro un dato nazionale del 48%. Inoltre queste stesse imprese dimostrano una maggiore attenzione alla sostenibilità.

Secondo Rossana Ammaturo, «Essere donna ed essere giovane è una combinazione deleteria, perché si viene continuamente sminuite sia come donne che per questioni di età».

Patrizia Palazzi ha invece parlato di diversity e inclusion: «Non basta aumentare il numero di donne sul luogo di lavoro per arrivare a una sostenibilità sociale, ma ci vuole inclusione, equità. Bisogna che le donne siano valorizzate, che possano fallire, esattamente come gli uomini, senza essere giudicate diversamente».

«Sicuramente è importante “motivare meglio” le donne. Spronare le ragazze che fanno studi scientifici a portarli avanti anche se ci sono altre persone che potrebbero non lasciarti troppa libertà di scegliere. Mio padre, per esempio, ci ha messo un po’ a capire che fare il chimico è un lavoro, e come lui tanti genitori che hanno indirizzato le donne a fare percorsi che non volevano intraprendere», ha dichiarato Monica Ferro.

E, infine, Adriana Santalocito: «Trovandomi a dialogare con storiche aziende gestite da imprenditori di generazioni e generazioni, quindi tradizionaliste, molte volte i clienti parlano solo con il mio socio e non con me. È un aneddoto che forse condividiamo un po’ tutte. E dobbiamo lottare per dimostrare di avere delle competenze. Ma piano piano riusciremo a scardinare questo modello».

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