Diritti

Monumenti: il Regno Unito vorrebbe evitare la cancel culture

Per far sì che altre statue dal passato coloniale non vengano rimosse, il Governo britannico ha proposto linee guida per “conservare e spiegare” l’origine delle opere, contestualizzandole
L'opera A Surge of Power dell'artista britannico Marc Quinn sul piedistallo dove un tempo si trovava una statua di Edward Colston, rimossa in risposta all'uccisione di George Floyd
L'opera A Surge of Power dell'artista britannico Marc Quinn sul piedistallo dove un tempo si trovava una statua di Edward Colston, rimossa in risposta all'uccisione di George Floyd Credit: EPA/NEIL HALL.   
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29 novembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Dopo che i manifestanti di Black Lives Matter hanno sostituito la statua del commerciante di schiavi Edward Colson con quella dell’attivista Jen Reid nella città di Bristol, decidere cosa fare con le statue di personaggi storici del passato coloniale è diventata una questione controversa nel Regno Unito. Il Governo britannico ha così decido di chiedere agli istituti che ricevono richieste di rimozione delle statue in loro possesso di “conservare e spiegare” l’origine di questi monumenti.

Dal 2020, 21 statue di schiavisti contestate dal movimento per i diritti Black Lives Matter sono state rimosse. L’intervento ha riguardato almeno 44 città tra Inghilterra, Galles e Scozia, dove sorgevano 84 monumenti criticati perché ritraevano personaggi storici come schiavisti e colonialisti. Mentre un quarto di queste statue non esiste più, il Ministero della Cultura del Regno ha pubblicato una guida che contiene raccomandazioni per “evitare che in futuro si verifichino sottrazioni affrettate, forzate o sconsiderate dei beni contestati”. Per il momento, le linee guida verranno applicate soltanto in Inghilterra.

Secondo le istruzioni ministeriali, i custodi delle statue e dei monumenti contestati dovrebbero rispettare la politica del Governo di “conservare e spiegare”, ovvero fornire ai cittadini “una spiegazione esauriente sull’intera storia della persona o dell’evento raffigurato, in modo che una comprensione più completa del contesto storico possa essere conosciuta, compresa e dibattuta”. Nella stesura di queste linee guida, il Ministero si è avvalso del contributo di accademici ed esperti del patrimonio culturale nazionale che sono stati nominati all’interno dell’Heritage Advisory Board dal Governo.

L’organo di esperti ritiene che la rimozione dei beni culturali rischi di limitare la comprensione degli aspetti difficili della storia del Paese e delle azioni intraprese dalle persone in passato, anche se oggi possono essere considerate inaccettabili. In occasione della pubblicazione della guida, la ministra della Cultura Lucy Frazer ha detto: «Il Regno Unito è stato motore di progresso, democrazia e valori liberali. Questo è il motivo per cui voglio che tutte le nostre istituzioni culturali resistano a farsi guidare da qualsiasi politica o agenda e utilizzino le loro risorse per educare e informare piuttosto che cercare di cancellare le parti della nostra storia con cui ci sentiamo a disagio».

L’opposizione laburista ha tuttavia criticato la misura, sostenendo che si tratti di un tentativo del Governo per alimentare guerre culturali nella speranza di rafforzare il sostegno della base elettorale dei conservatori.

Per fornire al pubblico informazioni più complete riguardo il patrimonio culturale contestato, la guida suggerisce anche soluzioni di tipo creativo. Analizzando 10 casi studio individuati in Regno Unito, Irlanda del Nord, Olanda e Stati Uniti, gli esperti consigliano di reinterpretare i monumenti legati al passato coloniale spiegando il loro ruolo nella storia: “Riteniamo che il modo migliore per avvicinarsi alle statue e ai siti contestati non sia rimuoverli, ma fornire una reinterpretazione ponderata, duratura e potente, che mantenga il contesto fisico della struttura aggiungendo allo stesso tempo nuovi livelli di significato”.

Tra i casi studio citati, c’è la chiesa di Santo Stefano a Bristol: a partire dal XIII secolo, al suo interno si tenevano le benedizioni delle navi che partivano dalla città; tra queste c’erano anche le navi mercantili di schiavi in ​​viaggio verso l’Africa. Nel 2011, la chiesa ha inaugurato al suo interno la Reconciliation Reredos, un’opera d’arte contemporanea commissionata per riconoscere i legami della Chiesa con la schiavitù transatlantica.

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