Ambiente

L’Antropocene sta distruggendo l’Albero della Vita

L’estinzione di animali e vegetali sta modificando il Tree of Life di Darwin (la rappresentazione delle relazioni tra gli esseri viventi): le specie stanno scomparendo 35 volte più velocemente a causa delle azioni umane
Credit: Marko Blažević
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29 settembre 2023 Aggiornato alle 10:00

Tra tutte le specie invasive che hanno popolato il nostro Pianeta, nessuna è stata più letale dell’Homo Sapiens. Secondo la ricerca pubblicata su Proceeding, la rivista della National Academy of Sciences, la crescita smisurata della specie umana e delle sue attività è tra le cause principali della sesta estinzione di massa in corso e considerata da alcuni la peggiore e la più rapida mai avvenuta. Nell’ultimo secolo, la maggior parte degli ecosistemi è stata alterata o distrutta, la biodiversità si è drasticamente ridotta e migliaia di specie si sono estinte.

Il prezzo dell’Antropocene è dunque altissimo e non solo per gli animali (si stima che circa un terzo dei vertebrati terrestri stiano vivendo un drastico calo di popolazione ) ma anche per lo stesso Homo sapiens. La scomparsa di animali e vegetali cambia gli scenari futuri anche per tutte le altre specie, modificando la configurazione de “L’albero della vita” (la rappresentazione delle relazioni filogenetiche tra tutti gli esseri viventi della Terra inventata da Darwin), cancellando intere possibilità di percorsi evolutivi.

Gli effetti collaterali di un riassestamento dello schema relazionale sono qualcosa su cui la scienza non è ancora riuscita a fare previsioni sicure, e lo studio di Proceedings tenta proprio di colmare questa lacuna, fornendo un’idea di quello che è accaduto fin qui e quello che potrebbe succedere nel futuro se non agiamo tempestivamente.

Prendendo in esame i secoli nei quali l’attività umana è stata più intensa e ha impattato maggiormente l’ambiente circostante, la ricerca stima che dall’anno 1500 si siano estinte 10 intere famiglie e 73 generi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, mutilando in modo irreversibile diversi rami dell’Albero della vita.

I numeri sono davvero spaventosi, soprattutto se consideriamo che, in tassonomia, generi e famiglie sono livelli ampi di classificazione e che dunque includono al loro interno un gran numero di specie (ad esempio cani, lupi e coyote fanno parte dello stesso genere, canis, e della stessa famiglia, canidae), ma quello che più spaventa le ricercatrici e i ricercatori è la velocità con cui procede l’estinzione.

Il tasso di estinzione prima della comparsa dell’essere umano era di 0,75 generi ogni 10.000 in 100 anni. Dal momento che oggi sulla Terra sono rimasti solo 5.418 generi, il tasso è di 0,4 generi su 5.418 per 100 anni, che porterebbe all’estinzione di un ulteriore intero genere di vertebrati entro il 2300. Il problema è la velocità di estinzione, di 35 volte maggiore rispetto al periodo precedente all’arrivo dell’Homo Sapiens. Riportando un esempio citato nel paper, questo significa che, in assenza dell’essere umano, le specie estinte negli ultimi 500 anni ne avrebbero impiegati 18.000 e dei 73 generi estinti ne sarebbero scomparsi solo 2.

Secondo lo studio, “una tale mutilazione dell’albero della vita e la risultante perdita degli ecosistemi e della biodiversità e del loro servizio all’umanità pone una grave minaccia alla stabilità della civiltà”. Perdere tutte queste specie, infatti, significa perdere le fondamenta della vita sul Pianeta e dell’evoluzione.

Come ha dichiarato al Guardian il professor Gerardo Ceballos, capo della ricerca: «Se hai un muro di mattoni e ne perdi qualcuno il muro non sarà più forte ma neanche collasserà. Ma se perdi troppi mattoni allora crollerà. […] La gente dice che siamo allarmisti dicendo che ci aspettiamo il collasso, ma siamo allarmisti perché siamo preoccupati!».

La cosa più importante, secondo il team di ricerca, è agire subito. C’è ancora tempo, ma si esaurisce in fretta, e per l’estinzione non c’è rimedio. Bisogna agire velocemente per fermare la crisi climatica, l’inquinamento che distrugge gli ecosistemi e il commercio illegale di animali selvatici.

“Durante le altre estinzioni di massa non era presente nessuna specie che avesse il potere o l’interesse a fermare l’estinzione, e non c’era nessuna coscienza della posta in gioco nel mantenere la biodiversità - conclude lo studio - Ma oggi c’è una specie che dovrebbe sapere che non può permettersi di aspettare milioni di anni perché il sistema che ne supporta la vita possa rigenerarsi dopo un’estinzione di massa. Ironicamente è proprio l’azione di questa specie l’unica causa dell’attuale olocausto biologico. Quello che è chiaro è che la traiettoria del fosco futuro della civiltà sarà guidata non solo dalla perdita della biodiversità, ma anche dall’andamento delle mutilazioni dell’Albero della vita. La comunità scientifica comprende questo problema cruciale, ma è arrivato il momento che questa presa di coscienza diventi pubblica e che orienti un’azione politica concreta, finché la finestra di opportunità, che si sta chiudendo in fretta, è ancora attiva. Quello che succederà nei prossimi due decenni definirà il futuro della biodiversità, e dell’Homo sapiens”.

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