Economia

Pil mondiale: con la Cina al primo posto, avanzano i Brics

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, Pechino registra il 19% mentre gli Usa si fermano al 15%. Con le nuove annessioni (dal 2024), l’alleanza anti occidentale potrebbe toccare il 36%, spiega Lula
Credit: EPA/KIM LUDBROOK
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12 settembre 2023 Aggiornato alle 12:10

Sono 41, su un totale di 191, i Paesi membri del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) classificati come economie avanzate (AEs); i restanti sono conosciuti come economie emergenti e in via di sviluppo (EMDEs), qualunque sia la loro posizione geografica e il loro contesto socioeconomico.

Dal 1980 a oggi, la quota del Pil mondiale (a parità di potere d’acquisto) delle AEs ha subito un drastico calo, passando dal 63% al 41%: questa fetta del 12% è stata “mangiata” dalle EMDEs che, nello stesso tempo, hanno registrato un aumento (dal 37% al 59%).

Il balzo più imponente lo registrano i Paesi asiatici (escludendo Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Macao e Singapore), con una percentuale che dal 9% è arrivata al 34%, grazie ai percorsi di industrializzazione intrapresi e al loro sviluppo come centri finanziari e logistici di importanza mondiale. Inoltre, malgrado le difficoltà a comparare il tenore di vita tra le differenti regioni e la disponibilità di reddito individuale, anche i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ottengono buoni risultati.

In generale, la Cina si trova al primo posto con il 19% del Pil, seguita dagli Stati Uniti che invece rappresentano il 15%; la Germania, potenza trainante dell’economia europea, registra il 3%, mentre la quota dell’India, pronta a diventare la quinta potenza mondiale, si attesta a circa il 7,5% del totale. Restano ancora svantaggiati i Paesi dell’Africa sub sahariana con una stagnante porzione del 3%.

Bisogna tener conto, però, che la leadership economica varia in base all’utilizzo dell’indice del tasso di cambio di mercato (Mer); nel 2023, le economie avanzate hanno registrato un aumento dal 41% al 57%, penalizzando le economie emergenti dal 59% al 43%. Con questo calcolo, la Cina perde il primato a sfavore degli Stati Uniti.

In generale, comunque, alcuni di questi dati (come quelli riferiti a Cina e India, appunto) mostrano il potenziale dei Brics per una “corsa all’egemonia” contro il G7. In particolare, secondo il presidente brasiliano Lula il blocco anti-occidentale rappresenterà il 47% della popolazione mondiale e raggiungerà il 36% del Pil mondiale grazie alle prossime annessioni (Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, a partire dal primo gennaio 2024).

I Brics, infatti, prevedono per i prossimi anni un ampliamento della loro organizzazione con l’annessione di economie emergenti e non allineate, che cercano uno spazio nello scacchiere geopolitico. «Se il coordinamento dovesse funzionare, la sua massa critica, a livello politico, potrebbe avere un ruolo sempre più determinate nell’orientare le decisioni di organizzazioni internazionali come Onu, Fmi o Omc», ha commentato Gianni Castellaneta, ambasciatore italiano negli Usa.

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