Diritti

Brasile: l’omotransfobia sarà punibile con il carcere

Nel 2019 la Corte Suprema aveva già stabilito che l’omofobia fosse un crimine, ma la decisione si applicava solo agli insulti contro la comunità Lgbt+, non agli attacchi contro gli individui
Una persona partecipa alla 24ª edizione della Marcia dell'Orgoglio LGBT+ di Brasilia il 9 luglio 2023.
Una persona partecipa alla 24ª edizione della Marcia dell'Orgoglio LGBT+ di Brasilia il 9 luglio 2023. Credit: EPA/Andre Borges
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
25 agosto 2023 Aggiornato alle 17:00

La Corte Suprema del Brasile ha stabilito che gli atti di omofobia e transfobia saranno riconosciuti come reato di discriminazione razziale. La decisione è stata accolta positivamente dagli attivisti per i diritti in un Paese che registra una violenza dilagante contro la comunità Lgbtq+. A maggio l’Osservatorio dei decessi e delle violenze contro le persone Lgbtq+ in Brasile ha pubblicato un dossier in cui rivela che nel 2022 si sono verificate 273 morti violente di persone appartenenti alla comunità arcobaleno, la maggior parte (58,24%) delle vittime erano persone trans. Il Paese da 203 milioni di abitanti è il più mortale al mondo per le persone transgender, con 1.741 persone uccise dal 2008 al 2022.

Nel 2019 un’altra sentenza della Corte Suprema del Brasile aveva stabilito che l’omofobia era un crimine, proprio come il razzismo, ma quella decisione si applicava agli insulti contro la comunità Lgbtq+ nel suo insieme, non agli attacchi contro individui specifici. L’Associação Brasileira de Lésbicas, Gays, Bissexuais, Travestis, Transexuais e Intersexos (Abglt) ha fatto ricorso perché riteneva l’equiparazione necessaria per garantire la protezione della persona oltre che della collettività.

Questa settimana la Plenaria della Corte Suprema Federale ha riconosciuto che “gli atti offensivi commessi contro le persone della comunità Lgbtqiapn+ (che comprende le persone lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer/questioning, intersessuali, asessuali/arromantiche/agender, pansessuali, non binarie e altro ancora, ndr) possono essere classificati come insulti razziali”.

La Corte ha riconosciuto “l’omissione del Congresso nazionale di criminalizzare la discriminazione basata sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale”, stabilendo che l’omotransfobia debba essere inclusa nella tipologia di reato definita nella “Legge sul razzismo” del 1989, fino a quando la legislatura non emanerà una legge ad hoc.

Il giudice Edson Fachin ha spiegato che nella sentenza Habeas Corpus 154248, da lui stesso redatta, la Corte Suprema Federale aveva già riconosciuto che il reato di insulto razziale costituisce una categoria del reato di razzismo, che è imprescrittibile (il termine di prescrizione non è applicabile). Come riporta Pink News, l’Abglt ha sostenuto che, poiché la legislatura brasiliana definisce separatamente il discorso d’odio contro un gruppo e contro un individuo, che chiama rispettivamente “crimine di razzismo” e “crimine di lesione razziale”, i cittadini Lgbtq+ non sono protetti.

La letteratura giuridica, infatti, distingue infatti tra reato di razzismo, che punisce i reati di discriminazione nei confronti di un gruppo o di una collettività, e reato di ingiuria razziale, rivolto a chi offende la dignità di un’altra persona utilizzando elementi che fanno riferimento alla razza, al colore, all’etnia o all’origine nazionale. I 2 reati sono stati equiparati dalla stessa Corte Suprema e da una legge firmata dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva a gennaio, spiega il quotidiano brasiliano Globo. La pena prevista è la reclusione da 2 a 5 anni, che può essere raddoppiata se il reato è commesso da due o più persone.

Nella plenaria virtuale 9 giudici hanno votato per equiparare i reati contro le persone Lgbtq+ al reato di insulto razziale. Il relatore del caso, il giudice Fachin, ha affermato nella sentenza che proteggere i cittadini appartenenti alla comunità ai sensi della legge è un “imperativo costituzionale”. Il testo della sentenza spiega che “per il relatore, poiché la Corte, nella sentenza, ha riconosciuto che la discriminazione basata sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale costituisce razzismo”, spiega il testo della decisione, “la pratica dell’omotransfobia può costituire un reato di insulto razziale. La decisione ha visto 9 giudici favorevoli e 1 contrario.

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