Economia

Vertice Paesi Brics: si accende la rivalità contro il G7

A Johannesburg, Cina e Russia cercano nuovi alleati anti-occidentali per avviare una de-dollarizzazione del mercato. Brasile e Sudafrica non sembrano convinti; l’India teme le mire espansionistiche di Pechino
Il presidente cinese Xi Jinping al 15° vertice Brics
Il presidente cinese Xi Jinping al 15° vertice Brics Credit: EPA/KIM LUDBROOK
Tempo di lettura 4 min lettura
25 agosto 2023 Aggiornato alle 10:00

A Johannesburg si è aperto il 15° vertice dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica); obiettivo di Cina e Russia: creare un blocco rivale al G7 e indebolire (fino a eliminare) l’egemonia finanziaria del dollaro tramite l’introduzione di una nuova moneta.

Nel 2001, la banca di investimento Goldman Sachs coniò il termine Brics per indicare le economie emergenti con il tasso di crescita più rapido del tempo. Oggi i 5 Paesi membri rappresentano il 42% della popolazione mondiale e detengono una posizione importante nell’economia globale, con una quota sul Pil cresciuta dall’8% del 2001 al 26% del 2022.

La Cina, che da sola rappresenta il 70% del Pil dei Brics, traina il club con una crescita annua del 6% dal 2013; l’India si trova in linea con Pechino, mentre risultano più stagnanti le economie di Brasile, Russia e Sudafrica con un aumento del Pil inferiore all’1%.

In questo contesto economico, con le tensioni tra Usa e Cina e la guerra in Ucraina che ha rafforzato le fratture geopolitiche, il blocco sembra destinato ad accogliere nuovi partner.

Il leader cinese Xi Jinping spinge per la fondazione di un polo rivale al G7 attraverso l’annessione dei Paesi del Sud del mondo: sono 40 gli Stati interessati e 23 hanno già richiesto l’ingresso nella nuova coalizione, tra cui Arabia Saudita, storica alleata statunitense, Egitto, Argentina, Messico, Nigeria, Indonesia e Iran. L’ambizione di un “multilateralismo inclusivo’’ suscita però preoccupazioni per gli altri Paesi Membri.

Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che il suo Paese «non si lascerà trascinare in una competizione tra potenze mondiali», anche in vista di un accordo commerciale continentale in programma con gli Usa. Il Brasile non sembra essere ancora pronto a recidere i rapporti con Washington; mentre l’India è restia riguardo alla possibilità di donare alla Cina un ruolo sempre più egemone a livello globale.

La Russia, invece, si è espressa positivamente, temendo un isolamento mondiale sempre maggiore. Il presidente russo Vladimir Putin, connesso in videochiamata a causa del mandato d’arresto per crimini di guerra emesso dalla Corte penale internazionale (di cui il Sudafrica fa parte), ha definito le sanzioni come «illegittime» dal momento «che calpestano tutte le norme del commercio internazionale», oltre ad alimentare spinte inflazionistiche.

Riguardo il conflitto in Ucraina, Putin apre all’accordo sull’esportazione del grano, a condizione che vengano rimosse le barriere alle esportazioni di cereali e fertilizzanti. Pechino ribadisce la sua contrarietà in una dichiarazione congiunta tra Xi Jinping e Ramaphosa definendo i colloqui di pace “l’unica opzione praticabile’’.

Dal Cremlino si apre il dibattito attorno alla realizzazione di un’istituzione finanziaria alternativa a quella occidentale. «Il processo oggettivo e irreversibile di de-dollarizzazione dei nostri legami economici sta guadagnando slancio, si stanno compiendo sforzi per sviluppare meccanismi efficaci per le operazioni reciproche e il controllo valutario e finanziario - ha dichiarato Putin - Di conseguenza, la quota del dollaro nelle operazioni di esportazione-importazione nell’ambito dei Brics sta diminuendo».

Infatti, l’utilizzo della moneta statunitense negli scambi commerciali dei Brics, nel corso del 2022, è stata pari solo al 28,7% del totale; ciononostante, l’introduzione di una moneta comune è, per adesso, una possibilità remota per le disparità economiche e l’assenza di una linea di sviluppo condivisa.

L’ambizione di un’espansione del blocco è uno dei grandi temi del summit. L’Economist calcola che, nell’improbabile caso in cui vengano ammessi i 18 principali Paesi candidati, la popolazione del blocco arriverebbe al 58% del totale, rispetto al 10% dei residenti del G7; inoltre la quota del Pil mondiale salirebbe al 34%, ovvero il doppio di quella dell’Ue, ma ancora inferiore alle 7 potenze mondiali. La Cina diverrebbe così un polo importantissimo in chiave anti-occidentale, rappresentando il 55% della produzione degli eventuali 23 Paesi.

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