Economia

Zuck e Musk si azzuffano. Di nuovo

Sai che novità, penserai… Ma la competizione, con il lancio di Threads, si inasprisce e viene portata su un altro piano. A suon di miliardi e di influenza politica
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 5 min lettura
19 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

Se fossero 2 donne, questa loro competizione susciterebbe sorrisi e paternalismo (sono uterine, si sa, non riescono a fare rete, sono le peggiori nemiche l’una dell’altra).

Ma loro sono Musk e Zuck, sono maschi e la competizione ce l’hanno nel DNA (al punto che, qualche tempo fa, si è vociferato perfino di un loro possibile scontro fisico al Colosseo, vestiti da gladiatori).

Non sarà forse al Colosseo (pare che la mamma di Musk sia contraria), ma sta di fatto che i 2 si stanno azzuffando come gatti da tempo. E qualche giorno fa, l’amministratore delegato di Tesla (il più anziano) ha proposto con un Tweet di risolverla alla vecchia maniera: misurando i propri peni e stabilendo una volta e per tutte chi sia il vincitore.

Se te lo stessi chiedendo, nella non meno tradizionale misurazione del patrimonio, a vincere è Musk, con oltre 245 miliardi (mentre il valore netto di Zuckerberg, che ammonta a circa 109 miliardi, lo colloca solo in 7° posizione nel ranking di Forbes).

Ma Zuck è andato all’attacco. Vediamo cosa sta succedendo.

Musk vs. Zuck: le ultime puntate

Ad alimentare nuove scaramucce, la decisione di Mark Zuckerberg di lanciare una nuova app, Threads, che si pone come naturale alternativa a Twitter, divenuta il regno dei nazionalisti (ed uso il maschile volutamente) e percepita dagli utenti come un luogo ormai troppo violento.

La nascita di Threads ha innervosito Musk, che sull’acquisto di Twitter aveva investito 44 miliardi di dollari. Peccato che, da quando è arrivato lui ed ha licenziato circa l’80% delle 8.000 persone che lavoravano prima nel social network, le cose non stanno andando esattamente come previsto. Le vendite pubblicitarie sul social dell’uccellino, lo scorso anno, sono precipitate del 28% e la società ha perso circa due terzi del suo valore.

C’è da dire che Musk non se la sta giocando benissimo: dal 1 luglio, ha introdotto un nuovo paywall che consente solo a chi paga 8 dollari al mese di vedere la quantità massima di tweet (e limitandola, allo stesso tempo, a chi invece decide di non pagare). Pare che gli utenti di Twitter non la stiano prendendo nel migliore dei modi.

Dal canto suo, Zuck ha ben poco da fare l’eroe, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica: 87 milioni di utenti Facebook derubati dei loro dati (utilizzati poi per fare propaganda politica) e un patteggiamento costato a Meta 725 milioni di dollari.

A creare un alternativa a Twitter ci hanno provato in tanti, da Mastodon a Truth Social (il social network conservatore lanciato da Donald Trump), senza grandi risultati. Ma ora che a sfidarlo è proprio Zuck con Threads, pare che a Musk stia venendo qualche mal di pancia.

Del resto, se c’è una cosa che a Meta viene particolarmente bene è proprio “prendere ispirazione” dai suoi competitors. L’ha fatto con le stories che scompaiono dopo 24 ore, inizialmente introdotte da Snapchat e subito adottate da Instagram. L’ha fatto con i video brevi di TikTok, divenuti i Reel sia su Instagram che su Facebook (lo sapevi che, grazie ai Reel, il tempo speso su Instagram è aumentato circa del 25%?).

Il passaggio degli utenti Twitter a Threads si presenta senza grossi ostacoli anche perché, per l’87% dei casi, si tratta di persone che già usano Instagram.

Zuck, perché lo fai?

Ma chiariamo un aspetto: per gli standard di Meta, Twitter rappresenta un mercato limitato. Ha circa un ottavo degli utenti di Facebook, che rimane (per me, inspiegabilmente) il più grande social network al mondo. Nel 2021, le entrate di Twitter si sono fermate a 5,1 miliardi, contro i 116 miliardi di Meta. E consideriamo anche che, mentre la società ha da poco deciso di bloccare la promozione delle notizie, il social dell’uccellino si basa per gran parte proprio sul diffondere e commentare, appunto, le notizie.

Perché farlo, allora? Perché sviluppare e lanciare una piattaforma social che ha tutto l’aspetto di Twitter, ma si propone come alternativa meno acre e aggressiva?

Ma ovviamente, per i profitti. Uno dei grandi problemi di Twitter è che non è mai riuscito a capitalizzare quanto avrebbe potuto dalle inserzioni, perché non conosce abbastanza i propri utenti. Secondo Data Reportal, circa due terzi delle persone che leggono i tweet non sono utenti registrati. Al contrario, Meta dispone di moltissime informazioni sui propri utenti e questo consentirebbe a Zuck di capitalizzare proponendo Adv ben targettizzati sin dal giorno uno.

Non solo business

Certo, c’è il mercato. Ci sono le aziende, i profitti stellari, la gara per chi arriva più in alto (e non fatemi dire altro). Ma ci sono anche il potere, i legami con la politica, l’immensa capacità di influenza che sia Musk che Zuck sono in grado di esercitare con la loro potenza di fuoco. Un esempio su tutti: come salutare la notizia del supporto che il leader talebano ha espresso nei confronti di Twitter contro il nuovo Threads?

Per non parlare delle alterne vicinanze politiche dei 2 giovanotti: l’iniziale (apparente?) supporto di Zuckerberg al Partito Democratico e la successiva disillusione, la macchina elettrica di Musk che ne aveva lasciato supporre un impegno ambientale che aveva conquistato i progressisti. Il sostegno smaccato di Musk a Trump e la sua riammissione a Twitter (dopo che la piattaforma l’aveva buttato fuori a seguito degli eventi di Capitol Hill).

Insomma, sul piatto c’è una quantità di denaro imbarazzante, ma non solo. E capire chi siano “i buoni” rischia di non essere facile come sembra.

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