Economia

Csrd: come cambia la sostenibilità societaria?

Con la Corporate Sustainability Reporting Directive, dal 2024 le società con oltre 250 dipendenti dovranno diffondere informazioni relative alle performance di sostenibilità. Entro il 2028, escluse solo le microimprese
Credit: Jason O’Rear
Tempo di lettura 5 min lettura
5 luglio 2023 Aggiornato alle 08:00

L’attenzione verso la sostenibilità ambientale delle imprese è sempre più forte fra i consumatori, che dedicano maggiore attenzione alle modalità di produzione di un determinato prodotto, tendendo ad acquistare quello che abbia provocato il minor impatto possibile nei confronti dell’ambiente. È una consapevolezza che proviene da una sempre più crescente sensibilità verso le tematiche green, non più monopolio di gruppi ambientalisti, ma ormai un problema che coinvolge tutti su più fronti, persino quello dei mercati.

A dimostrazione di quanto la sostenibilità sia diventata un requisito di enorme rilevanza anche nel mondo imprenditoriale e finanziario, si possono citare parecchi regolamenti che su scala europea e americana impongono vari obblighi di disclosure, cioè chiarezza e trasparenza, circa aspetti quali le tecniche produttive utilizzate, la quantità di CO2 emessa e tanti altri elementi che possano informare adeguatamente il mercato in merito al rispetto che una determinata industria mostra verso l’ambiente.

L’acronimo che riesce a racchiudere efficacemente tutto questo vasto insieme di indicatori è il famoso Esg. È stato inventato nel 2004 da James Gifford, Head of sustainable & impact advisory di Credit Suisse, proprio per armonizzare quella serie di elementi virtuosi che qualche anno più tardi avrebbero trovato grande successo nel mondo della sostenibilità.

La E sta per Environment e indica la misura dell’impatto che una certa impresa ha sull’ambiente circostante durante la sua attività ordinaria. La S di Social si basa sul rispetto dei diritti dei dipendenti, dei fornitori e dei clienti, mentre la G riguarda la Governance dell’azienda stessa, che considera il rispetto delle quote di genere nel processo decisionale della vita societaria (così come predisposto dal Codice di Corporate Governance) ma anche la composizione delle retribuzioni dei vari manager.

Si tratta dunque di indicatori non prettamente finanziari o contabili, ma che rappresentano un volto diverso di una società la cui attività potrebbe macinare utili stratosferici, con ricadute pesantissime in termini di emissioni inquinanti, condotte scorrette verso i dipendenti o gestione poco trasparente da parte del Consiglio di Amministrazione. Tutti elementi che nel mondo iperconnesso di oggi potrebbero avere un peso non indifferente all’interno dell’opinione pubblica, delineandosi in poco tempo in una vera e propria sanzione reputazionale, con fortissime ricadute negative in termini di fatturati e credibilità di fronte agli stakeholder.

Ecco perché i criteri Esg rappresentano l’oggetto principale della Dnf, Dichiarazione non finanziaria, direttiva europea del 2014 (entrata in vigore in Italia nel 2016) che ha imposto come documento da allegare al bilancio d’esercizio per autonomo e separato le informazioni relative ai temi ambientali, sociali, di rispetto per i diritti umani e diversificazioni di genere nei componenti degli organi di governance, con lo scopo di dar corpo a una autovalutazione riguardo la sostenibilità dell’attività, in modo da capire quali punti migliorare e quali obiettivi perseguire nel futuro prossimo.

Una nuova direttiva europea ha deciso di ampliare l’ambito applicativo dell’obbligo di reporting societario, fino a ora riservato alle aziende Ue quotate nei mercati regolamentati e con più di 500 dipendenti. Il documento chiamato Corporate Sustainability Reporting Directive - Csrd (sostanzialmente una dichiarazione non finanziaria più aggiornata) prenderà il posto del vecchio Dnf dal primo gennaio 2024 e consisterà in un documento non più separato ma incluso all’interno della relazione redatta annualmente dagli amministratori, contenente di solito informazioni riguardanti il risultato finanziario ottenuto, l’andamento e la gestione complessiva della società.

Il cambiamento più notevole, però, è il perimetro delle aziende che dovranno elaborarlo, che si estenderà gradualmente a tutte le società quotate e non con più di 250 dipendenti. A partire dal prossimo anno, infatti, l’obbligo di rendicontazione si applicherà a tutte le grandi imprese non ancora soggette alla vecchia Dnf, per poi toccare rispettivamente le Piccole e medie imprese quotate e arrivare, da gennaio 2028, accanto ai bilanci dei gruppi extra Ue con un fatturato consolidato superiore ai 150 milioni negli ultimi 2 esercizi e con almeno una società controllata in Europa, oppure una succursale con ricavi superiori a 40 milioni di euro. Rimarrebbero escluse soltanto le microimprese, a fronte di circa 50.000 aziende europee tenute a rispettare il nuovo reporting di sostenibilità.

Al momento, sulle scrivanie di Bruxelles dominano i progetti riguardanti 12 nuovi standard tecnici che dovranno essere applicati nella stesura della Csrd da tutte le imprese, a prescindere dal settore di appartenenza. Si tratta dei cosiddetti Esrs (European sustainability reporting standards), elaborati da Efrag (European financial reporting advisory group, organismo comunitario di consulenza nel campo del reporting aziendale), che si dividerebbero in 2 requisiti più generali e un pacchetto di 10 indicatori capaci di coprire le 3 macro aree Esg, in modo da fornire informazioni non solo riguardo l’impatto provocato dall’azienda su persone e ambiente, ma anche relativamente al modo in cui le questioni di sostenibilità influenzino i processi decisionali interni e la loro attività in generale.

Così, come un consumatore mette nel carrello un prodotto realizzato nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali dove l’impresa ha la sua fabbrica, anche gli investitori istituzionali (fondi pensione, assicurazioni, fondazioni e fondi di investimento) sceglieranno di far entrare nel proprio portafogli azioni o obbligazioni emesse proprio da quelle imprese che si mostrano maggiormente sostenibili e rispettose dell’ambiente, della società e dotati di una governance interna equilibrata e inclusiva.

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