Diritti

Various Voices, il festival che porta Bologna oltre l’arcobaleno

L’evento internazionale dei cori Lgbtq+ è sbarcato, per la sua 15° edizione, in Italia per la prima volta. L’obiettivo è trasformare il canto e la musica in strumenti di lotta contro le discriminazioni
Il pride di Bologna del giugno 2022
Il pride di Bologna del giugno 2022 Credit: ANSA/ MARIA ELENA GOTTARELLI
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27 giugno 2023 Aggiornato alle 10:00

“I am what I am” è il ritornello intonato a voce spiegata dalle migliaia di persone raccolte nel cuore di Bologna, in una piazza Maggiore gremita, colorata e festante. Siamo alla serata di Various Voices, il festival internazionale dei cori Lgbtq+, e proprio la celebre canzone di Gloria Gaynor ha ispirato il motto della 15° edizione dell’evento: “I sing what I am”.

All’ombra delle 2 torri si è infatti appena conclusa una maratona canora orgogliosamente queer, che ha portato nella Città Unesco della Musica cantanti e musicistə provenienti da tutto il mondo. Per 5 giornate di giugno (14-18), Bologna è stata la capitale della coralità Lgbtq+: i teatri, i musei, le piazze e le strade si sono riempite di cori che hanno cantato ed emozionato bolognesi e turisti, in un tripudio di bandiere arcobaleno.

Various Voices è una creazione di Legato (associazione europea dei cori Lgbtq+) e si tratta di un evento non competitivo che si tiene ogni 4 anni in una diversa città europea, scelta dagli stessi cori associati. Il festival ha come obiettivo principale la diffusione, attraverso il canto e la musica, di messaggi, istanze e bisogni delle persone queer per promuovere una società più aperta.

Come racconta il direttore del festival Nicola Mainardi, il merito di aver portato per la prima volta in Italia questo grande evento è tutto del coro Lgbtq+ bolognese Komos: «Abbiamo accolto 105 cori provenienti da quasi ogni angolo d’Europa, ma anche dagli Stati Uniti, dalla Nuova Zelanda e persino dal Sudafrica, per un totale di 3.500 persone iscritte. Ogni giorno c’erano decine di esibizioni disseminate su più palchi contemporaneamente e nel week-end abbiamo coinvolto l’intera città con i cori che cantavano all’aperto in vari punti del centro storico». I numeri del successo crescente parlano da soli se consideriamo che alla prima edizione, tenutasi nel 1985 a Colonia, parteciparono 4 cori venuti da 4 Paesi.

Organizzare Various Voices è una tappa importante nella lunga storia di Komos, che nasce nel 2008 come primo coro gay di voci maschili in Italia, ma che nel suo percorso si è aperto anche ad altre identità racchiuse nella sigla Lgbtq+. Il festival è stato assegnato a Bologna nel 2018, durante l’ultima edizione che si è tenuta a Monaco di Baviera.

Mainardi spiega come la scelta sia caduta sull’Italia: «Il fascino italiano ha sicuramente aiutato, però quando abbiamo presentato la nostra candidatura, la legge sulle unioni civili era stata approvata da poco e c’era grande fermento sui diritti civili. Anche se il festival era sempre circolato tra Germania, Inghilterra e Olanda, i cori con la loro votazione hanno riconosciuto il nostro impegno e il coraggio di portare un evento che dà tanta visibilità alla comunità Lgbtq+ proprio qui dove ce n’era e ce n’è ancora bisogno. Basti vedere cosa è successo proprio in questi giorni con gli attacchi ai diritti delle famiglie omogenitoriali!».

Il festival è stata anche una preziosa occasione di confronto e scambio tra realtà culturali e sociali molto diverse, per sentirsi parte di una comunità più grande che va ben oltre i confini nazionali. «È una chance per dimostrare solidarietà a quei Paesi in cui si sta ancora lottando per i diritti civili più basilari, incentivando la nascita e lo sviluppo di realtà associative - aggiunge Mainardi - Per esempio, non hanno partecipato al festival cori Lgbtq+ provenienti da Romania, Bulgaria o Grecia; mentre abbiamo ospitato 2 cori ucraini (Qwerty Queer di Odessa e Queer Essence di Kharkiv) e ricordiamoci che anche prima dell’inizio della guerra la vita delle persone queer non era facile in Ucraina…»

Perché come diceva Gary Miller, uno dei fondatori nel 1980 del New York City Gay Men’s Chorus, “Se vuoi cantare, unisciti a un coro. Se vuoi cambiare il mondo, unisciti a un coro gay”. E le sue parole sembrano davvero una sintesi perfetta di ciò che rappresenta la coralità Lgbtq+: il canto e la musica come forme di lotta contro le discriminazioni e per i diritti civili.

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