Futuro

Ora anche Google ha un audit sui diritti civili

Dopo Airbnb e Facebook, il colosso tecnologico controllato da Alphabet ha pubblicato una revisione indipendente sulle politiche per combattere l’incitamento all’odio, i pregiudizi etnici e quelli legati all’identità di genere
Credit: Girl with red hat
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
7 marzo 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 3 marzo Google ha pubblicato un audit realizzato dallo studio legale WilmerHale che esamina l’impatto dei servizi e delle politiche sui diritti civili del colosso tecnologico, con particolare attenzione alla discriminazione etnica e al riconoscimento dell’identità di genere.

«Sebbene Google abbia sviluppato forti e ben ragionate politiche per affrontare l’odio e le molestie, ci sono opportunità di miglioramento», affermano i revisori, in particolare per quanto riguarda YouTube, controllata della società di Mountain View dal 2006.

«Raccomandiamo a Google di rivedere le sue politiche per assicurarsi che affronti in modo appropriato questioni come il misgendering intenzionale o il deadnaming degli individui – afferma il rapporto – e continui a rivedere regolarmente le sue politiche in materia di odio e molestie per adattarsi al cambiamento delle norme relative ai gruppi protetti».

Con la parola misgendering ci si riferisce alla pratica di riferirsi alle persone con pronomi corrispondenti al loro sesso biologico quando questo non coincide con quello della loro identità di genere. Il deadnaming, invece, si verifica quando una persona transgender viene chiamata col nome precedente a quello scelto in seguito al cambio dell’identità di genere.

Il rapporto, inoltre, invita Google a prendere in considerazione lo sviluppo di metriche aggiuntive «per monitorare la velocità e l’efficienza con cui rimuove gli annunci contenenti informazioni errate relative alle elezioni».

Gli analisti consigliano di estendere le sanzioni per chi viola ripetutamente le norme sulle “affermazioni non attendibili” in materia di rappresentazione ingannevole in merito a questione politiche, sociali o di interesse pubblico. «Google potrebbe sospendere in modo permanente questi trasgressori dalle piattaforme pubblicitarie di Google», suggerisce il rapporto.

L’audit sui diritti civili Google fa seguito a quello realizzato nel 2016 da Airbnb e nel 2020 da Facebook, e alle dichiarazioni in tal senso fatte lo scorso anno da Amazon e Apple.

La mossa era attesa almeno dal 2021, quando cinque senatori democratici inviarono una lettera alla società nella quale esprimevano preoccupazione per i «pregiudizi dannosi in Alphabet», la società madre di Google, invitandola a condurre un audit «per rendere l’azienda e i suoi prodotti più sicuri per i neri».

«Siamo impegnati a migliorare costantemente, e ciò include gli sforzi per rafforzare i nostri approcci ai diritti civili e umani», ha dichiarato Chanelle Hardy, a capo dei Diritti civili di Google. «Per aiutarci a guidarci, abbiamo condotto e pubblicato un audit volontario sui diritti civili delle nostre politiche, pratiche e prodotti».

Attualmente lo studio legale WilmerHale sta anche rappresentando Twitter in un caso arrivato davanti alla Corte Suprema in merito alla possibilità che i social network siano ritenuti responsabili per i contenuti terroristici presenti sulle loro piattaforme.

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