Futuro

I problemi della musica generata dall’IA

Tra voci clonate e deepfake audio già diventati virali, l’intelligenza artificiale sida l’industria musicale sul terreno del copyright. Ma a mettere in crisi le piattaforme come Spotify sono anche gli streaming virtuali dei bot
Credit: Tokenstreet
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
10 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

Nelle ultime settimane, l’intelligenza artificiale ha scalato le classifiche musicali, in barba alle normative sul copyright, clonando le voci di Drake e The Week-end nella virale ‘Heart On My Sleeve’, rimossa dalle principali piattaforme streaming dopo aver collezionato 629.439 riproduzioni su Spotify.

Altri casi di successo includono una sedicente cover di Rihanna del brano ‘Cuff It’ di Beoyncé, un virtuale Kanye West che “acusticheggia” ‘Hey There Delilah’ dei Plain White T’s, e perfino testi “nello stile di Nick Cave”, ai quali ha risposto lo stesso cantautore australiano nella sua newsletter definendo gli scritti apocrifi «una presa in giro grottesca» e «una sorta di burlesque».

Il primo problema di questi artefatti, come anticipato, riguarda il copyright.

L’etichetta Universal Music ha dichiarato al Financial Times che non esiterà a «prendere provvedimenti per proteggere i nostri diritti e quelli dei nostri artisti», e di avere «la responsabilità morale e commerciale nei confronti dei nostri artisti di lavorare per impedire l’uso non autorizzato della loro musica».

Ma questo non è l’unico fattore di distorsione del mercato.

All’inizio del mese, la startup musicale di intelligenza artificiale Boomy fondata nel 2019 ha avvisato che Spotify «ha smesso di pubblicare nuove uscite» create dal servizio di “musica generativa” – Brian Eno perdonali – e che «alcune versioni del catalogo sono state rimosse dalla piattaforma».

«Questa decisione è stata presa da Spotify e dal distributore di Boomy per consentire una revisione di attività potenzialmente anomale», concludeva la dichiarazione rilasciata dalla società sul suo server Discord.

Un portavoce di Spotify ha confermato a Music Business Worldwide che si trattava di streaming artificiali, definito dall’azienda «un problema di lunga data a livello di settore a cui Spotify sta lavorando per eliminarlo dal nostro servizio».

Già nel 2020, la società guidata da Daniel Ek aveva messo in guardia sui rischi di «flussi fraudolenti e account utente associati», avvertendo che avrebbero potuto comportare «la manipolazione dei nostri dati, inclusi gli indicatori chiave di prestazione che sono alla base, tra le altre cose, dei nostri obblighi contrattuali con titolari dei diritti e inserzionisti».

Anche gli artisti che utilizzano legalmente l’intelligenza artificiale percepiscono delle royalty, le quali possono essere incrementate in modo illecito se i numeri degli ascolti vengono gonfiati dalle finte riproduzioni dei bot.

Boomy, dal canto suo, si è dichiarata «categoricamente contraria a qualsiasi tipo di manipolazione o streaming artificiale», e il 6 maggio ha annunciato che «la consegna a Spotify delle nuove uscite degli artisti Boomy è stata riattivata». E ha aggiunto: «Continueremo a lavorare con i partner del settore per affrontare i problemi di frode o streaming artificiale».

A settembre dello scorso anno, il presidente e amministratore delegato di Universal Music Group, Lucian Grainge, ha stimato che attualmente vengono aggiunti alle piattaforme musicali 100.000 brani al giorno.

«Non molte persone si rendono conto che l’intelligenza artificiale ha già contribuito in modo determinante a questo eccesso di offerta di contenuti», ha affermato Grainge presentando gli utili del primo trimestre.

Boomy ha riferito che il suo catalogo conta oggi 14,4 milioni di canzoni, che per la società rappresentano «circa il 13,78% della musica registrata nel mondo».

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