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Usa: oggi è il Juneteenth

Ricorrenza poco nota ma che negli ultimi anni sta ricevendo sempre più adesioni, questa giornata ricorda la fine della schiavitù negli Stati Uniti
Credit: Paulina Milde-Jachowska
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
19 giugno 2023 Aggiornato alle 17:00

Oggi negli Stati Uniti si festeggia il Juneteenth Independence Day, noto anche semplicemente come Juneteenth, che celebra la fine della schiavitù.

Si tratta di una ricorrenza meno conosciuta di altre, forse anche a causa della vicinanza in calendario al più celebre 4 luglio, ma estremamente importante.

La scelta del giorno ovviamente non è casuale ma legata alla Guerra di Secessione, iniziata nel 1861 quando 7 Stati del Sud decisero di volersi separare dal resto dell’Unione proprio perché contrari all’abolizione della schiavitù, sulla quale si reggeva buona parte dell’economia rurale (e non solo) del tempo.

Il proposito dei secessionisti però fallì e dopo quasi 3 anni, nel 1863, il presidente Abraham Lincoln firmò un documento che imponeva la liberazione di tutti gli schiavi. Le truppe dell’Unione ci misero 2 anni e mezzo per riuscirci e nel frattempo, su molti territori, le cose continuarono come nulla fosse successo, soprattutto nelle piantagioni di cotone dove la manodopera era esclusivamente composta da afroamericani in stato di schiavitù.

Finalmente il 19 giugno 1865, circa 2 mesi dopo la resa del generale confederato Robert E. Lee ad Appomattox, in Virginia, i soldati dell’Unione guidati da Gordon Granger arrivarono a Galveston, in Texas, dove annunciarono agli schiavi che la guerra civile era finita e di conseguenza che la schiavitù era abolita e loro erano finalmente persone libere.

Negli anni le celebrazioni del Juneteenth, sentite soprattutto negli stati del Sud come Louisiana, Arkansas e Oklahoma e Alabama, sono molto cambiate. Le prime prevedevano per lo più momenti di condivisione in famiglia o tra amici. Molte comunità afroamericane o discendenti da schiavi organizzavano anche pellegrinaggi a Galveston, una tradizione rimasta tutt’oggi, alla quale si è aggiunta quella di partecipare a cortei cittadini o festival a tema organizzati in diverse città.

Gli Stati Uniti fanno i conti da sempre con un certo tipo di razzismo sistemico e con una storia ancora ricca di molte ombre. Non stupisce quindi che, nonostante l’evidente importanza della ricorrenza, solo recentemente queste celebrazioni abbiano iniziato a coinvolgere tutta la cittadinanza e non solo gli afroamericani. Anche perché Juneteenth è diventata una festa ufficialmente riconosciuta solo 2 anni fa. Prima ogni Stato sceglieva in modo autonomo se e come approcciarvisi.

Nel 1980, il Texas è diventato il primo a renderlo una festività ma sono state le proteste seguite all’uccisione di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis nel 2020 e la nascita del movimento Black Lives Matter, che ha condotto in piazza migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti, a spingere il Congresso a renderla una ricorrenza vera e propria.

Alla Camera il provvedimento passò con 415 voti a favore e 14 contrari, questi ultimi tutti provenienti dai banchi repubblicani dove c’era chi sosteneva che chiamare la nuova festività Juneteenth Independence Day avrebbe creato confusione con l’Independence Day del 4 luglio e indotto gli americani a scegliere a quale celebrazione aderire in basa al colore della propria pelle.

Nonostante qualche polemica, però, il 17 giugno 2021, il presidente Joe Biden ha firmato il disegno di legge, rendendo Juneteenth l’undicesima festa riconosciuta dal Governo federale. A suggellare l’evento, una cerimonia alla Casa Bianca alla presenza di Opal Lee, attivista di 89 anni definita la nonna del movimento, per far diventare Juneteenth una festa federale.

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