Diritti

In quali Paesi è più diffusa la schiavitù moderna?

Per il Global Slavery Index 2023, Corea del Nord, Eritrea e Mauritania hanno il tasso più alto al mondo. La situazione globale è peggiorata rispetto al 2018, anno dell’ultima edizione del report
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Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
25 maggio 2023 Aggiornato alle 08:00

28 milioni di persone sono sottoposte a lavoro forzato e 22 milioni vivono in un matrimonio forzato: è la fotografia scattata dal Global Slavery Index 2023, l’indice realizzato dall’organizzazione per i diritti umani Walk Free e che definisce la schiavitù moderna come “lavoro forzato, matrimonio forzato o servile, schiavitù per debiti, sfruttamento sessuale commerciale forzato, tratta di esseri umani, pratiche simili alla schiavitù e vendita e sfruttamento di bambini”.

Nel 2021 quasi 50 milioni di persone erano in stato di schiavitù in tutto il mondo, circa 10 milioni in più rispetto al 2018, anno dell’ultima edizione del rapporto. Questo dato, già evidenziato dal report Global Estimates of Modern Slavery, è il punto di partenza per le stime nazionali sulla schiavitù moderna in 160 Paesi del mondo, calcolate dal gruppo per i diritti Walk Free, che ha raccolto migliaia di testimonianze di sopravvissuti alla schiavitù moderna ottenute attraverso indagini domestiche rappresentative a livello nazionale in 75 Paesi, e sulla valutazione di Walk Free della vulnerabilità a livello nazionale.

La schiavitù moderna assume molte forme: lavoro forzato, matrimonio forzato o servile, la servitù per debiti, lo sfruttamento sessuale commerciale forzato, la tratta di esseri umani, le pratiche simili alla schiavitù e la vendita e lo sfruttamento dei bambini. Sottoporre una persona a una qualche forma di schiavitù significa rimuovere sistematicamente le sua libertà.

Secondo la nuova indagine, la situazione sta peggiorando “in un contesto di crescenti e più complessi conflitti armati, diffuso degrado ambientale” e conseguenze della pandemia di Coronavirus, tra gli altri fattori. I Paesi in cui il fenomeno è più diffuso sono la Corea del Nord (con la più alta prevalenza di schiavitù moderna, 104,6 ogni 1.000 abitanti), seguita dall’Eritrea (90,3) e dalla Mauritania (32) che nel 1981 è diventato l’ultimo Paese al mondo a rendere illegale la schiavitù ereditaria. Poi Arabia Saudita, Turchia, Tagikistan, Emirati Arabi Uniti, Russia, Afghanistan e Kuwait.

Il rapporto specifica che 6 di questi Paesi fanno parte del G20 e stima che i soldi potenzialmente ricavati con il lavoro forzato siano circa 468 miliardi di dollari (100 milioni di dollari in più rispetto all’ultimo conteggio del 2018). I settori in cui viene utilizzata manodopera sottoposta a schiavitù sarebbero elettronica, abbigliamento, olio di palma e pannelli solari.

Le Nazioni con la più bassa prevalenza di schiavitù moderna sono Svizzera, Norvegia, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Belgio, Irlanda, Giappone e Finlandia. Nonostante il lavoro forzato sia più comune nei Paesi a basso reddito, è “profondamente” connesso alla domanda di quelli a reddito più elevato: secondo il rapporto, due terzi dei casi di schiavitù moderna sono legati alle catene di approvvigionamento globali. Si verificano in India, Cina, Corea del Nord, ma anche in Stati Uniti e Russia.

Dal 2018 4 Paesi hanno introdotto leggi riguardo la schiavitù moderna per costringere le aziende più grandi a esaminare le catene di approvvigionamento e agire sulla schiavitù quando la identificano, spiega Cnn. In questi 5 anni, altri 15 hanno criminalizzato la tratta di esseri umani e quasi 150 hanno dei piani d’azione per la schiavitù.

«La schiavitù moderna permea ogni aspetto della nostra società. È intessuta attraverso i nostri vestiti, illumina i nostri dispositivi elettronici e condisce il nostro cibo - ha spiegato la direttrice e fondatrice di Walk Free Grace Forrest - Chiunque cerchi di dirvi che è una cosa normale o che va bene, si sbaglia».

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