Culture

Matrimoni forzati: fuggire (non) renderà libere

Scritto da Martina Castigliani, Libere racconta le storie di 5 donne che si sono ribellate alle unioni combinate. Che si sono create una nuova vita, fatta di falsi nomi, sacrificio e sofferenza. Ma anche di rinascita
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16 febbraio 2023 Aggiornato alle 17:00

“Vai e non tornare più”. È la frase che si sente dire Fatima dalla sua professoressa subito dopo la discussione della sua tesi di laurea triennale. La stessa professoressa che l’aiuta a scappare da una vita che la giovane donna non sente più sua, una vita prestabilita e confezionata da altri. Da suo padre, dalla sua famiglia, dalla sua religione, dagli usi e costumi del suo Paese di origine. Anche se Fatima si sente profondamente italiana. Una vita che prevede un matrimonio con un suo cugino, al quale non serve tanto una compagna di vita o una moglie, ma una sorta di serva-schiva che si prenda cura di lui, della casa e dei suoi fratelli minori e che gli garantisca degli eredi.

E così che vanno le cose nel posto da cui proviene Fatima e, anche se lei vive, studia e si laurea in Italia, queste cose per la sua famiglia non contano assolutamente nulla. Per loro e per il futuro marito, la volontà di studiare e laurearsi della ragazza sono poco più che un capriccio, una cosa da archiviare in fretta, così che poi non faccia storie con il matrimonio combinato e con la vita che - davvero - la attende altrove.

Eppure, succede qualcosa di brutto nella vita della ragazze, che lei non racconta a nessuno e che la spinge a scappare per sempre per non farsi ritrovare mai più. Che la spinge a diventare “un’altra”. Fatima non è neppure il suo vero nome: quello l’ha dovuto lasciare come buona parte della sua vecchia vita, come ha dovuto abbandonare la sua famiglia e la sua piccolissima sorella di cui sente una mancanza così forte da lacerarle l’anima. Ha scelto Fatima perché chi l’ha aiutata a cambiare vita e a nascondersi chiedeva che tutto si svolgesse velocemente e quello era un nome che a lei, la ragazza in fuga, non dispiaceva per nulla, anche perché le ricordava la sua migliore amica.

E allora nuovo nome e via. Via da una prigione familiare e sociale, via da un matrimonio forzato, via da un destino segnato. Fatima, ora, con coraggio e sofferenza vive libera la sua nuova vita. Eppure, ancora oggi, se dovesse esprimere un desiderio, “chiederei di riavere il mio nome”. Almeno per un giorno.

Nelle parole di Fatima è racchiuso l’intero senso del saggio di Martina Castigliani (Libere. Il nostro NO ai matrimoni forzati, PaperFirst, 17,00 euro, 180 pagine): ad alcune donne non è concesso il “tutto”, la “normalità” che solitamente viene data alle altre. Quindi devono avere il coraggio di fare una scelta. E quando questo coraggio davvero arriva - e non capita a tutte - sono poi sempre loro a dover fare i conti con le conseguenze della loro scelta: con la nostalgia, con le riflessioni inutili del “perché proprio a me”, con i dubbi del “che cosa sarebbe davvero successo di così terribile se fossi restata?”.

È umano, è ragionevole. Si fa la scelta della vita e si deve mettere in conto il fattore sofferenza. L’alternativa? Basta leggere le cronache quotidiane dove il femminicidio, ormai, sembra essere una semplice notizia tra le tante. Le donne muoiono per mano delle persone a loro più vicine. Il movente, sempre il solito: la libertà negata.

Castigliani, allora, in questo saggio - dove le illustrazioni di Elisabetta Ferrari sono parte integrante del racconto - decide che l’argomento è troppo complicato, troppo doloroso, troppo universale per trattarlo come semplice divulgazione e decide quindi di dare la parola alle stesse protagoniste, che tra il coraggio e la disperazione hanno scelto di andare avanti nella vita.

Sono 5 ragazze, 5 giovani donne che si sono ribellate ai matrimoni forzati e che per questo hanno dovuto lasciare la loro casa, rompere ogni rapporto con la famiglia e cambiare identità. Non conosceremo mai i loro veri nomi o qualunque altro dettaglio che possa renderle riconoscibili, perché per loro resta ancora pericoloso esporsi. Uno dei temi centrali dell’opera è il concetto di rinascita: una seconda vita intesa come una necessità, da raggiungere con sacrificio, forza e sofferenza.

Domani Libere sarà presentato alla Casa delle Donne di Milano (ore 18:30); insieme all’autrice interverranno l’esperta di diritti delle donne di ActionAid Isabella Orfano, l’attivista Tiziana Dal Pra - fondatrice dell’associazione Trama di Terre - il regista e scrittore Wajahat Abbas Kazmi e Tahany Shahin, community trainer di ActionAid.

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