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Che cos’è il gender well-being gap?

2 economisti di Dartmouth e University College London hanno dimostrato che le donne si sentono più tese e ansiose degli uomini. Uno squilibrio di genere non condizionato da età, periodo di riferimento o provenienza
Credit: Anete Lusina    
Tempo di lettura 4 min lettura
22 maggio 2023 Aggiornato alle 15:00

La lista delle diseguaglianze di genere si allunga: oltre alle ormai note differenze tra uomini e donne nelle opportunità di carriera, nell’accesso ai vertici della politica, nelle retribuzioni (il famoso gender pay gap), si è scoperto che esiste un’altra forma di disparità che tante donne sospettavano esistesse senza sapere come chiamarla: il gender well-being gap, ovvero una differenza di genere per quanto riguarda il benessere individuale.

2 economisti, David G. Blanchflower del Dartmouth College e Alex Bryson del Social Research Institute presso l’University College London, hanno analizzato 55 indici di benessere in diversi sondaggi internazionali su 167 Paesi e hanno scoperto che le donne in tutto il mondo sono più propense degli uomini a sentirsi depresse, sole, ansiose, abbattute, tese, frustrate, tristi e a soffrire di disturbi del sonno.

Il loro studio, pubblicato dal National Bureau of Economic Research (per ironia della sorte, proprio a ridosso della Festa della Mamma) ha chiarito che l’esistenza del gender well-being gap è evidente e non viene scalfita da variabili esterne come l’età, il periodo di riferimento e il luogo di provenienza. In particolare, la ricerca ha confermato i risultati di precedenti studi, cioè che le donne continuano ad avere livelli di salute mentale più bassi degli uomini: si può parlare anche di un vero e proprio mental health gap.

Nonostante i dati non lascino dubbi (le donne hanno avuto percentuali più alte rispetto agli uomini in tutti gli indici negativi e più basse in quasi tutti gli indici positivi di benessere), Blanchflower e Bryson hanno notato un paradosso: nei 3 indici di benessere generale, come la soddisfazione riguardo la propria vita e la felicità, le donne hanno avuto risposte analoghe o anche maggiormente positive rispetto agli uomini.

Questa soddisfazione globale non dovrebbe trarre in inganno, ha chiarito Blanchflower in un’intervista al New York Times. Per spiegare questa contraddizione i 2 esperti hanno avanzato alcune ipotesi: “le donne – si legge nel paper – affrontano un mondo che, ancora oggi, è patriarcale, strutturato dagli uomini, per gli uomini” e che le rende più esposte a disturbi di ansia e depressione. Nonostante ciò, sembra che siano più propense ad affermare di essere felici perché per loro è “la cosa appropriata”, visto che si sono sempre sentite dire che devono essere sorridenti e ben disposte.

Per alcune donne che si dedicano ai lavori di cura “essere una brava madre o casalinga – scrivono gli autori – è un surrogato del successo lavorativo che gli uomini possono raggiungere” e si finisce per accontentarsi di ciò che si ha, anche perché le donne in genere sembrano avere “aspettative e aspirazioni più basse rispetto agli uomini”.

A chi ha immaginato che l’essere madre sia una delle motivazioni per cui il genere femminile possa sentirsi esausto e stressato, ma in definitiva soddisfatto, l’esperto ha risposto: «Può essere, ma abbiamo controllato donne con e senza figli e finora non abbiamo visto differenze».

Un altro paradosso emerso dalla ricerca (e più difficile da comprendere, secondo Blanchflower) riguarda gli uomini. Benché ottengano punteggi migliori delle donne in molti indici di misurazione della felicità e di frequenza di alcune malattie (come pressione alta, dolore e mancanza di sonno), la loro aspettativa di vita è più bassa e hanno più probabilità di morire per ragioni di forte malessere come il suicidio, l’overdose e la cirrosi epatica. Una delle possibili spiegazioni citate nello studio è che il tasso di frequenza della malattia è più alto per gli uomini di mezza età e specialmente tra quelli con un livello di istruzione inferiore ed è proprio tra questi gruppi che si verifica il maggior numero di casi di morte per motivi di disperazione.

Riguardo al fatto che sono stati 2 uomini a teorizzare l’esistenza di una disparità di benessere a danno delle donne, Blanchflower ha chiarito: «Non ho alcun pregiudizio. Sono un esperto di dati». Il professore di economia del lavoro ha spiegato al New York Times che gli studi relativi alla felicità non sono molto distanti dalla sua area di ricerca come potrebbe sembrare perché, in fondo, l’obiettivo dell’economia è proprio quello di rendere le persone felici.

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