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Cherofobia: cos’è la paura della felicità

Questa condizione impedisce a chi ne soffre di godere dei momenti felici, per paura possano essere seguiti da eventi drammatici. Ecco come riconoscerla, affrontarla e vivere al meglio la giornata internazionale della felicità, che si celebra oggi
Credit: Delia Raya Martínez
Tempo di lettura 6 min lettura
20 marzo 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 20 marzo è la giornata internazionale della felicità. Questa ricorrenza si celebra in tutto il mondo dopo la sua istituzione da parte dall’assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il 28 giugno 2012.

Ma la domanda che mi viene spontanea è: la felicità può far paura? Sembra un paradosso ma invece succede sempre più spesso. Quante volte ci è capitato di avere la sensazione di non voler esultare o esternare troppo il nostro stato d’animo positivo, per paura che potesse finire? O di credere fosse meglio non gioire troppo per quello che si aveva per non far svanire la favola? Questa sensazione ha un nome e si chiama cherofobia. Chi ne soffre nutra un’avversione patologica verso tutte quelle emozioni comunemente considerate positive, ma cos’è esattamente e come si riconosce?

Cos’è e come si manifesta

Per cherofobia si intende la paura irrazionale di essere felici. Il termine è formato dalla parola greca kairós “ciò che rallegra” e fóbos “paura” e rappresenta un atteggiamento che porta a evitare deliberatamente le esperienze che evocano emozioni positive o divertenti.

Questo timore irrazionale sta emergendo sempre più nella popolazione e anche se non è stato ancora inserito nella Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), la principale risorsa per la diagnosi delle patologie di salute mentale dell’American Psychiatric Association, gli esperti stanno discutendo in merito agli approcci terapeutici.

In psicologia la cherofobia è definita come una forma d’ansia anticipatoria che preclude di raggiungere la felicità, la paura che la serenità possa in qualche modo rendere vulnerabili ed essere passeggera. Sì perché una delle maggiori preoccupazioni che animano chi soffre di cherofobia è proprio la convinzione che a un momento felice debba seguirne necessariamente un altro ricco di disgrazie, traumi ed eventi negativi. Una sorta di dazio pericoloso da pagare se si decide o si prova a essere felici.

L’angoscia che si prova per questo timore è quasi una minaccia al quieto vivere che fa innescare, in molti casi, quel meccanismo di difesa che preclude qualsiasi possibilità di vivere situazioni che potrebbero generare e creare felicità.

Questa credenza dell’evento negativo che arriva come punizione alla soddisfazione dell’individuo non è nuova o circoscritta ma è prevalente nelle culture orientali, che parlano del cosiddetto karma negativo.

«Si potrebbe erroneamente confondere la cherofobia con la depressione. - spiega Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e clinical director del servizio di psicologia online Unobravo - In realtà, il soggetto cherofobico, è proprio di soffrire e di essere infelice che ha paura. Teme infatti che la felicità, una volta raggiunta, possa svanire lasciandolo solo e impreparato davanti al vuoto e alla sofferenza. È proprio per questo che pratica un’attiva evasione delle emozioni positive. Se, da un lato, questo atteggiamento può aiutarlo a prevenire eventuali delusioni, dall’altro lo porta però a precludersi qualsiasi opportunità di vivere una vita felice».

Cause e sintomi

Le maggiori ragioni per le quali i cherofobici evitano la felicità sono credere che essere felici provocherà eventi negativi; che la felicità renda cattive le persone e che perseguirla ed esprimerla sia un male per sé e per gli altri.

Ma come fare a capire se si soffre di cherofobia? Questa condizione presenta sintomi che ricordano la fobia sociale ma con caratteristiche specifiche tra le quali provare ansia in situazioni sociali piacevoli come partecipare una festa o un’occasione sociale; rifiutare le opportunità che potrebbero portare a cambiamenti di vita positivi a causa del timore che possa accadere qualcosa peggio; non partecipare ad attività che la maggior parte delle persone troverebbero divertenti.

La cherofobia può derivare in alcuni soggetti da esperienze negative o eventi più o meno tragici, che hanno spesso radici nell’infanzia. Vivere momenti sereni da bambini e poi successivamente eventi traumatici, sia fisici che emotivi, può infatti portare a questa reazione da adulti.

Altre cause della cherofobia possono trovarsi anche nella cultura in cui si vive e nell’educazione ricevuta. In alcuni casi, il cherofobico pensa che le sue azioni o scelte non abbiano influenza sul corso degli eventi e quindi sia inutile impegnarsi per raggiungere e vivere situazioni positive perché queste sono dettate esclusivamente dal caso o dalla fortuna.

Come si supera

Come si può affrontare quindi la cherofobia? Non essendo riconosciuta a livello diagnostico, non esiste ancora una vera e propria terapia.

Se la cherofobia non interferisce con le attività quotidiane non risulta necessario trattarla, mentre se i sintomi sono importanti o correlati a traumi passati è consigliato occuparsene.

Il modo più indicato potrebbe essere intraprendere una terapia cognitivo-comportamentale che possa aiutare a riconoscere pensieri non funzionali e a identificare comportamenti utili al cambiamento, come le strategie di rilassamento, la redazione di un diario, l’esercizio fisico e l’esposizione a eventi che provocano felicità, da usare come strumento per capire che questa non debba avere inevitabilmente conseguenze negative.

«Questo atteggiamento ha evidenti ripercussioni sulla vita sociale, lavorativa e sentimentale, inoltre costituisce un forte limite al processo di crescita, sviluppo e realizzazione personale dell’individuo. - commenta Valeria Fiorenza Perris - Accorgersi di soffrire di questo disturbo è sicuramente un buon primo passo. È inoltre importante che l’individuo comprenda, attraverso un lavoro di autoriflessione, l’origine e le cause delle sue ansie e preoccupazioni, così da poterle affrontare. In questo processo, è essenziale non sottovalutare mai l’appoggio che possono darci coloro che ci sono vicini e ci vogliono bene. Fondamentale è anche ricordarsi che non è possibile essere sempre felici o esserlo per tutto. Possiamo però godere appieno e senza paura di ogni momento di felicità e imparare ad accogliere e abbracciare ogni emozione per vivere liberamente e con pienezza la vita».

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