Ambiente

I crimini contro la natura sono tra i più redditizi al mondo

L’allarme è stato lanciato dal Wwf nel corso di un evento legato al progetto SWiPE, dal quale è emerso anche come l’Italia sia un crocevia importante per l’attività criminale
Credit: Pok Rie
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16 aprile 2023 Aggiornato alle 20:00

I crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo. È un dato preoccupante quello emerso durante l’evento di apertura di un workshop organizzato dal Wwf e integrato al progetto LIFE SWiPE (Successful Wildlife Crime Prosecution in Europe) - finanziato dalla Commissione Europea - per discutere delle principali problematiche che riguardano la tutela della biodiversità e il contrasto ai crimini di natura.

Queste attività illegali oggi costituiscono un settore della criminalità in forte crescita e, precedute in termini redditizi soltanto da traffico di droga, contraffazione e contrabbando di armi, sono in grado di generare entrate per 280 miliardi di dollari l’anno.

Tra le principali vittime del tragico fenomeno si annoverano: uccelli, spesso nel mirino di attività come caccia, bracconaggio, catture, prelievo di uova o pulli di specie a rischio di estinzione, da destinare a mercati illeciti che fruttano ingenti guadagni ai trafficanti; specie che versano in un grave stato di conservazione come rettili o anfibi; pesci d’acqua dolce o altre specie marine.

Da un lato i bracconieri che puntano su passeriformi, aquile e falchi, ungulati, anatidi, uccelli limicoli, ghiri, anguille, lupi, orsi. Dall’altro, in mare si fa incetta di ricci di mare, datteri, pesce spada sotto taglia, squali, oloturie, coralli, bianchetti e tartarughe marine.

Neanche le specie vegetali protette sono esonerate dal pericolo: le radici della genziana lutea, per esempio, sono molto ricercate perché utili nella produzione di liquori.

Frequente è, poi, l’importazione di animali esotici o di loro parti come l’avorio, le corna di rinoceronte, la pelle di tigre o di leopardo.

Un vero e proprio attacco proveniente da tutti i fronti nei confronti del patrimonio naturale del Pianeta, che, a lungo andare, rischia di essere rovinosamente distrutto in maniera irreparabile.

E nel nostro Paese come vanno le cose sul fronte della criminalità contro la natura?

Purtroppo, come è emerso nell’evento di SWiPE, a oggi l’Italia risulta essere tra i punti nevralgici del traffico illegale, interno e internazionale, di specie vegetali, animali e parti di essi, spesso portato alla luce dalle operazioni condotte dalle autorità in porti e aeroporti. E sempre il Bel Paese sembra non essere ancora in grado di fronteggiare il grave problema in maniera efficace.

Secondo il Wwf, infatti, in Italia ci sono enormi falle che non permettono di contrastare e/o prevenire queste attività criminali, da ricercare principalmente in un’inadeguatezza nel sistema di vigilanza, un sistema sanzionatorio insufficiente a contrastare le illegalità e gravi carenze strutturali che impediscono al nostro Paese di avere un preciso tracciamento del fenomeno.

Come si evidenzia in un report dell’associazione ambientalista, infatti, il personale appartenente alle forze di polizia è troppo ridotto e non equamente ripartito nel territorio nazionale per riuscire a contrastare i crimini contro la natura, tanto da richiedere l’aiuto di Guardie volontarie del WWF che, in soli 5 mesi del 2021-2022 hanno salvato 120 animali, trasmesso alle autorità 172 segnalazioni e sequestrato oltre 200.000 archetti, atroci trappole per uccelli.

Anche il sistema sanzionatorio sarebbe da rivedere: basti pensare che, secondo le leggi italiane, chi uccide una specie protetta come un orso, un lupo o un’aquila oggi ha la possibilità di cancellare dalla fedina penale il proprio crimine attraverso il pagamento di una cifra irrisoria (circa 1.000 euro), e chi uccide, pone in commercio, detiene illegalmente animali selvatici, rischia sanzioni bassissime.

A livello giuridico, poi, soltanto il 27% degli illeciti di natura arriva a condanna, contro un dato che oscilla tra il 41% e il 46% di casi che vengono archiviati prima del dibattimento e uno tra il 38% e il 50% di casi che cadono in prescrizione.

Quello che chiede il Wwf per provare ad arginare questo fenomeno sempre più diffuso, è la costituzione di banche dati efficienti e interconnesse.

Nonostante l’Italia sia munita di un Piano di azione Nazionale Antibracconaggio, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea, mancano dei sistemi di raccolta dati che possano garantire un rapido interscambio di informazioni tra tutti i soggetti pubblici, al fine di tenere traccia di quanto sta accadendo e impostare azioni punitive più efficaci e incisive.

Intanto, in attesa che qualcosa si smuova concretamente, dal 22 aprile a fine maggio è stata organizzata una lunga maratona del Wwf, per informare e sensibilizzare le persone sulle attività criminali contro la natura. #stopcriminidinatura impegnerà tutti i canali social dell’associazione con storie, approfondimenti e gli ecotips per agire in prima persona e preservare il patrimonio naturale mondiale.

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