Ambiente

Presto, salviamo i pesci!

Maltrattati, macellati, soffocati. Il modo in cui l’industria ittica cattura e alleva gli abitanti del mare, sottopone questi animali a crudeltà inaudite
Credit: Marcos Paulo Prado/unsplash
Tempo di lettura 3 min lettura
5 novembre 2022 Aggiornato alle 06:30

La produzione industriale di pesce è eccessiva e sta distruggendo la vita di miliardi di animali, danneggiando l’ecosistema marino. In aggiunta a questo già poco confortante scenario è importante ricordare che in Europa non esistono norme adeguate per la protezione dei pesci pescati o allevati, né direttive che regolino il modo in cui essi vengono crudelmente macellati e ne riducano le sofferenze. La conseguenza è che miliardi di pesci muoiono soffocati o picchiati senza alcuna cura per la loro natura di esseri senzienti.

Oggi la pesca non serve più a soddisfare un bisogno reale di cibo. Basti pensare che negli anni il consumo di pesce ha avuto un incremento non proporzionale alla crescita demografica globale. Siamo passati infatti dai 9 chili pro capite del 1961 a livello mondiale, agli oltre 20 attuali.

Secondo i dati Eurostat, solo in Italia si consumano oltre 319 miliardi di tonnellate di pesce l’anno, la quantità più alta di tutta l’Unione Europea, ma questi livelli non sono più sostenibili e non rispettano in alcun modo chi popola i mari.

Dal 2018 Animal Equality ha condotto molteplici indagini in Italia e all’estero, mostrando tutta la violenza subita dai pesci a causa dell’acquacoltura e della pesca intensiva con reti a strascico, una pratica crudele che li condanna a un’agonia per mancanza di ossigeno che può durare fino a 15 minuti e che si conclude con una morte lenta e straziante.

L’uccisione dei pesci in stabilimenti dedicati non è meno brutale. Lo dimostrano i filmati raccolti all’interno dell’industria dei salmoni scozzesi, considerati prodotti di eccellenza, ma in realtà esseri viventi vittime di un processo di sfruttamento, che parte dalle vasche sovraffollate in cui sono allevati, e finisce tra i maltrattamenti e le percosse ricevute durante la macellazione, mentre sono ancora pienamente coscienti.

Nelle vasche dell’acquacoltura, inoltre, la presenza di malattie infestanti come quelle causate dai pidocchi di mare e l’aggressività che scaturisce tra gli animali a causa dello stress sono all’ordine del giorno. Per fermare la diffusione di queste malattie l’industria ittica utilizza antibiotici in quantità massicce, con gravi ripercussioni su ambiente e salute umana.

L’industria intensiva della pesca non tiene dunque conto dei bisogni primari dei pesci né del dolore che l’allevamento provoca loro. Nonostante questi animali siano spesso ritenuti poco sensibili ed empatici, la ricerca scientifica mostra di fatto il contrario. Basti pensare che nel 2009 anche l’European Food Safety Authority (Efsa) li ha riconosciuti come esseri senzienti.

Per questo è necessario intervenire aumentando le tutele che permettano di ridurre drasticamente le sofferenze estreme che questi esseri delicati e vulnerabili sono costretti a subire e di contenere i danni che l’industria ittica sta causando al Pianeta.

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