Ambiente

La biodiversità alpina è in pericolo

Il climate change sta mettendo a dura prova le specie di alta quota: per sopravvivere, hanno bisogno di specifiche condizioni climatiche. Ma noi, con le nostre attività, stiamo sconvolgendo il loro equilibrio
Credit: Katie Moum/unsplash
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23 gennaio 2023 Aggiornato alle 07:00

Quello tra clima e biodiversità è un rapporto di reciprocità che consente letteralmente la vita sulla Terra. L’esistenza di tutte le specie, compresa la nostra, dipende da delicati equilibri chimico-fisici e da un clima che è cambiato per milioni di anni. Ed è proprio questa variabilità che ha consentito alla biosfera di crescere in ricchezza e varietà e prosperare. Allo stesso tempo, proprio la biodiversità contribuisce a mantenere il clima locale, regionale e globale sufficientemente stabile e adatto alla vita.

La biosfera, infatti, interagisce con il sistema climatico, regolando la percentuale di radiazione solare riflessa. Questo significa, a esempio, che a seconda della composizione della superficie terrestre, la quantità di energia solare riflessa o trattenuta può variare considerevolmente. A questo si aggiunge il fatto che molti organismi viventi - come il plancton o le piante - hanno un ruolo di primo piano nel ciclo del carbonio, e sono in grado di alterare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera e di influenzare la formazione di nuvole e polveri atmosferiche.

Tuttavia, come sappiamo, a un certo punto l’essere umano è entrato a gamba tesa dentro il sistema climatico globale, andando a influenzare la relazione tra specie diverse che si sono evolute insieme per milioni di anni e causando veri e propri sconvolgimenti all’interno della catena trofica e nei processi che regolano la funzionalità degli ecosistemi. È quello che sta accadendo, a esempio, nel rapporto tra insetti impollinatori e fioriture, che avvengono sempre più in anticipo. Così come fra prede e predatori o fra organismi concorrenti.

A livello ecosistemico, inoltre, i cambiamenti climatici possono comportare perdite, ricombinazioni o variazioni – come la trasformazione da savana a bosco, o da tundra a foresta boreale – e favorire la diffusione di malattie e la distribuzione al di fuori del proprio habitat di specie aliene invasive. Nonostante siano specie-specifici, ossia abbiano effetti e tempistiche diverse per ogni specie, gli impatti dei cambiamenti climatici sono ormai diffusamente documentati in piante, animali marini, terrestri e d’acqua dolce e riguardano tutti i principali biomi.

Fattori come l’aumento della temperatura, le variazioni nel regime delle precipitazioni e dei venti e la frequenza e l’intensità degli eventi estremi incidono sulle caratteristiche fisiologiche e comportamentali di specie, popolazioni e individui. Variazioni in negativo sono state documentate, per esempio, riguardo il successo riproduttivo e il tasso di crescita - oltre che lo sviluppo e le dimensioni corporee - nonché riguardo le dimensioni delle popolazioni, la struttura dell’età, il rapporto tra i sessi o il flusso genico tra sottopopolazioni.

Se quanto detto finora vale per ogni regione del globo, il riscaldamento globale non è uniforme e a preoccupare particolarmente è la situazione in cui versano specie ed ecosistemi alle medie e alte latitudini. In particolare, i poli e la zona alpina. Le “torri d’acqua” del Pianeta stanno cedendo la maggior parte dei ghiacciai montani del mondo: a oggi, sappiamo che, anche qualora centrassimo l’obiettivo di Parigi e contenessimo l’aumento della temperatura terrestre al di sotto di 1.5°C, 104.000 ghiacciai su un totale di 215.000 esistenti scomparirà entro la fine del secolo.

Quelli delle alpi europee sono particolarmente vulnerabili perché sono più piccoli e hanno una copertura di ghiaccio relativamente ridotta oltre a risentire di un aumento della temperatura di circa 0,3°C ogni 10 anni, ossia 2 volte più velocemente della media globale. Negli ultimi 50 anni, le regioni di alta e altissima quota delle alpi hanno inoltre registrato una riduzione del 5,6% nella durata della copertura nevosa andando a influire negativamente sull’economia, la cultura, il clima e la biodiversità. Ed è un problema enorme che non possiamo continuare a ignorare.

Quello che per alcuni è un semplice manto soffice su cui praticare svariate attività ricreative, è una vera e propria interfaccia tra l’atmosfera e il suolo, oltre che essere un fondamentale regolatore dei cicli idrologici e climatici “La neve - si legge nella pubblicazione a cura di un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova, Aarhus e dell’Institute of Atmospheric Sciences and Climate (Cnr-Isac) - influisce sul bilancio energetico superficiale alterando l’albedo e l’emissività e, insieme alle sue proprietà di isolamento termico e all’apporto di acqua di fusione, può influenzare in modo sostanziale la vita dei ghiacciai e del permafrost, con una notevole influenza sul clima della Terra”.

Il manto nevoso, inoltre, agisce come un vero serbatoio di acqua superficiale, determinando l’apporto idrico a valle. In poche parole, se non c’è neve non ci sarà acqua in primavera ed estate e andremo incontro a periodi determinati da una sempre maggiore siccità.

La biodiversità alpina sta soffrendo. Le specie di alta quota sono più minacciate perché sono altamente specializzate e meno adattabili: per sopravvivere, infatti, hanno bisogno di determinate condizioni climatiche e ambientali che le attività umane stanno completamente sconvolgendo.

Tra gli impatti registrati o previsti troviamo l’invasione di agenti patogeni di bassa quota che possono colpire, anche gravemente, flora e fauna alpina che, proprio com’è successo alle popolazioni indigene delle Americhe durante l’invasione spagnola, si troveranno a soccombere per mancanza di difese adeguate.

Come conseguenza del surriscaldamento globale, molte specie animali e vegetali si stanno spostando verso l’alto, con conseguente afflusso di specie provenienti da altitudini inferiori. È quanto sta accadendo alla volpe artica - diffusa nelle aree circumpolari così come nelle zone subartiche e alpine dell’Islanda, della Scandinavia e della Finlandia - che, oltre a risentire della perdita di habitat, si trova a dover competere con la volpe rossa. Quest’ultima, molto più grande e vorace, sta infatti invadendo l’areale del piccolo canide delle nevi riducendo il numero di prede a sua disposizione.

Nel 2021, un team europeo di ricercatori ha quantificato i cambiamenti stagionali e gli spostamenti in alta quota di oltre 2.000 specie di piante, animali e funghi che vivono sulle alpi evidenziando come queste non si siano solo spostate più in alto lungo il gradiente altimetrico ma abbiano anticipato i loro cicli vitali. La recessione dei ghiacciai ha portato a una vera e propria migrazione verso l’alto delle piante alpine a un ritmo di 0,5-4 m per decennio.

A lungo termine, le piante di pianura spingeranno le specie alpine ad altitudini sempre più elevate, fino a quando non avranno più un posto dove andare e costringendole, di fatto, all’estinzione. Questo comporta anche un vero e proprio cambiamento nella composizione degli ecosistemi: le aree con vegetazione al di sopra della linea degli alberi sono infatti aumentate del 77% dal 1984.

Insomma, sembra che presto dovremmo chiedere a Marcella Bella un’attualizzazione della sua famosa hit visto che, di questo passo, non potremo fare altro che ricordarci “montagne bianche”.

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