Ambiente

Ecco come l’industria del latte sfrutta gli animali

Le mucche vengono tenute per anni in un ciclo continuo di gravidanze e allattamento; quando poi non servono più, finiscono nei macelli. Ma la sorte dei vitellini non è certo migliore
Credit: Mo Nitulescu
Tempo di lettura 4 min lettura
8 aprile 2023 Aggiornato alle 06:30

Dietro una bottiglia di latte c’è la sofferenza di mucche e vitelli sfruttati in modo estremo. La produzione di latte e altri derivati dell’industria lattiero-casearia, infatti, si basa su un sistema di allevamento che usa questi animali come fossero merci, senza compassione e rispetto dei loro bisogni più essenziali.

Proprio come gli esseri umani, le mucche producono latte solo per i loro cuccioli e di conseguenza le aziende devono spesso ricorrere all’inseminazione artificiale per garantire ritmi di produzione costanti. Le continue gravidanze forzate per la produzione di latte costituiscono però una fonte di grave sofferenza per milioni di questi animali.

Le immagini che abbiamo documentato come Animal Equality nell’industria del latte di tutto il mondo mostrano mucche che hanno sviluppato infezioni alle mammelle (una condizione che colpisce fino al 50% delle mucche allevate) e patologie come mastiti dovute all’eccesiva mungitura; oltre a problemi di deambulazione e zoppie causate dalla pavimentazione rigida e dalla mancanza di cure adeguate agli zoccoli.

Dopo essere state sfruttate per alcuni anni, spesi in un ciclo costante di gravidanza e allattamento, la produzione di latte vaccino da parte delle mucche diminuisce. A questo punto, il destino che affrontano questi animali è lo stesso che attende quelli impiegati nell’industria della carne. Dopo essere state uccise al macello, la loro carne viene venduta sul mercato. A nessuna mucca è quindi permesso vivere la propria vita per la sua durata naturale, fino a 25 anni.

Ciò che spesso i consumatori ignorano del tutto, però, è che migliaia di mucche vengono macellate mentre sono incinte dei loro vitelli, durante gli ultimi mesi di gestazione, quando i cuccioli non sono ancora nati ma sono completamente sviluppati. Delle oltre 2,5 milioni di mucche allevate per il loro latte ogni anno in Italia, il 4% viene macellata ancora incinta, ovvero quasi 130.000 mucche, un dato che supera la media europea.

La sorte che tocca ai vitelli, una volta nati, non è tuttavia meno terribile. Dopo essere stati sottratti alle loro madri, trascorrono gran parte della loro vita in estremo isolamento. La maggior parte passa i primi 2 mesi di vita confinata in minuscoli box solitari, senza cure materne e alimentati con un sostituto del latte privo di ferro, perché il mercato vuole che la loro carne sia molto chiara. Intanto, i consumatori bevono il latte originariamente destinato ai vitellini.

Dopo pochi mesi di vita questi cuccioli vengono portati ai macelli. Questo accade perché la carne di vitello è un sottoprodotto dell’industria lattiero-casearia: finché si produrrà latte nasceranno vitelli maschi, e finché nasceranno ci sarà la necessità di abbatterli perché considerati uno scarto di produzione.

Nonostante queste crudeltà siano all’ordine del giorno, in Italia dal 2020 la produzione di latte ha superato i 12,65 milioni di tonnellate.

Fermare lo sfruttamento di mucche e vitelli però sta diventando sempre più una priorità anche dei consumatori: secondo Coldiretti, sono circa 12 milioni gli italiani che consumano bevande vegetali, per un totale annuo intorno agli 85 milioni di litri. Questi dati ci fanno capire che un cambiamento è possibile e sta già avvenendo, a noi il compito di realizzare una rivoluzione per gli animali a partire dalle nostre singole scelte quotidiane e da ciò che mettiamo nel carrello.

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