Ambiente

Come l’industria dei combustibili fossili influenza l’informazione

Lo spiega Greenpeace nel suo ultimo report, in cui denuncia una scarsa presenza della crisi climatica nei principali media. Un problema di cui è responsabile anche la politica
Credit: Javard-I
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29 marzo 2023 Aggiornato alle 11:00

Sui principali quotidiani italiani “aumentano le pubblicità delle aziende maggiormente responsabili del riscaldamento globale”, a conferma della “pericolosa influenza dell’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione”.

È quanto emerge dal nuovo rapporto su Media e crisi climatica che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. La ricerca, pubblicata oggi, completa il monitoraggio sulla copertura mediatica dei cambiamenti climatici realizzata nel corso del 2022.

Lo studio ha analizzato com’è stata raccontata la crisi climatica, nel periodo compreso fra settembre e dicembre 2022, dai cinque quotidiani nazionali più diffusi – Corriere della Sera, Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa – e dai Tg serali di Rai, Mediaset e La7 oltre a un campione di programmi televisivi di approfondimento.

I risultati mostrano che nell’ultima parte dell’anno il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani in cui si parla esplicitamente di crisi climatica è diminuito rispetto al quadrimestre precedente, attestandosi a una media di 2,5 articoli al giorno. Il picco si è registrato nel mese di novembre, in occasione del summit sul clima di Sharm El-Sheik (Cop27) e dell’alluvione che si è abbattuta sull’isola di Ischia.

Al contrario è aumentato lo spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende del comparto automotive, aereo e crocieristico. La media è di oltre 6 pubblicità a settimana: quasi una al giorno e circa il doppio rispetto al quadrimestre precedente.

L’influenza del mondo economico sulla stampa emerge anche dall’analisi dei soggetti che hanno più voce nel racconto della crisi climatica: al secondo posto si trovano infatti le aziende (15%), che superano associazioni ambientaliste (14%), esperti (10%) e politici e istituzioni nazionali (10%), precedute solo dai politici e dalle istituzioni internazionali (21%) in ragione della Cop27.

Per quanto riguarda la televisione, si osserva invece un lieve incremento della copertura da parte dei telegiornali di prima serata, che tuttavia hanno parlato di crisi climatica in meno del 3% delle notizie trasmesse. A dedicare più spazio al problema sono stati Tg1 e Tg3, mentre all’ultimo posto c’è il Tg La7, che ha coperto l’emergenza nell’1,4% dei servizi mandati in onda.

I programmi di approfondimento hanno affrontato il tema in 116 puntate sulle 450 monitorate, pari al 26% del totale. La più attenta è stata Unomattina di Rai1. In coda La7 con L’Aria che tira e Otto e mezzo (gli altri programmi esaminati sono Cartabianca, Mattino 5, Morning News e Quarta Repubblica).

Greenpeace sottolinea come “la scarsa attenzione al problema mostrata dai programmi di La7 rispecchia una linea editoriale che privilegia il racconto della politica”…

Vale a dire che chi siede al Governo e in Parlamento è il primo a occuparsi poco o punto del tema, come evidenziato di recente anche dal sito di fact-checking Pagella Politica in relazione all’ultimo rapporto dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico).

«Gli ultimi mesi del 2022 confermano la sconcertante indifferenza dei media e dei politici italiani nei confronti della più grave emergenza ambientale della nostra epoca», ha dichiarato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

«Tutto questo non cambierà finché i principali organi di informazione continueranno a dipendere dalle pubblicità delle aziende inquinanti, e finché la classe politica preferirà assecondare gli interessi dell’industria dei combustibili fossili anziché quelli di cittadine e cittadini», ha aggiunto.

«Viviamo in un Paese dove le aziende hanno un’enorme influenza sul racconto mediatico della crisi climatica – ha concluso –, e dove un colosso come Eni può dettare le politiche energetiche al Governo».

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