Ambiente

Decarbonizzazione Ue: mancano i fondi?

La Commissione ha fatto sapere che il budget di Bruxelles è insufficiente per coprire il Net Zero Industry Act. Il progetto vuole aumentare la competitività dell’industria sostenibile e favorire la transizione ecologica
Credit: Quang Nguyen Vinh
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27 marzo 2023 Aggiornato alle 12:00

L’Ue vuole abbattere le emissioni dei suoi settori produttivi, ma mancano i fondi.

Recentemente la Commissione Europea ha approvato 2 ambiziosi dossier: il Net Zero Industry Act e la legge riguardo le materie prime critiche. Il loro obiettivo è aumentare la competitività dell’industria europea sostenibile e favorire la transizione ecologica degli Stati membri. C’è però un problema: “La possibilità di riallocare alla produzione net zero parte del sostegno finanziario Ue è al momento limitata - si legge nel documento di lavoro pubblicato dalla Commissione il 23 marzo. Quindi con - l’attuale budget, Bruxelles ha insufficienti risorse per supportare gli obiettivi del Nzia e garantire un equo terreno di confronto tra i Paesi”.

La legge per l’industria Net Zero rientra nel Green Deal Industrial Plan, il piano di decarbonizzazione annunciato dalla presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyen al World Economic Forum di Davos. Questo dovrebbe fare da contrappeso all’Inflation Reduction Act, il programma di sussidi statali da 369 miliardi di dollari approvato dagli Stati Uniti. Prevede infatti che entro il 2030 almeno il 40% delle tecnologie “strategiche” green siano prodotte nei confini dell’Unione Europea.

Ciò, anche grazie ai nuovi regolamenti relativi alle materie prime strategiche, significa che gran parte dell’estrazione dei minerali per le batterie dovrà avvenire negli Stati membri, così come l’assemblaggio di pannelli solari, pale eoliche o ancora impianti per la cattura della CO2, pompe di calore o elettrolizzatori.

Nel documento di lavoro della Commissione non sono menzionati altri sistemi, come quelli di solare termico, geotermia, meccanismi di storage diversi dalle batterie, onde e maree, celle a combustibile, reti, biogas e biometano. Secondo i calcoli, le risorse che può fornire l’Ue non sono sufficienti a coprire i costi delle tecnologie di partenza.

L’esecutivo comune ha individuato 3 scenari: il mantenimento dello status quo della quota di mercato per i sistemi Net Zero; un avanzamento derivato dal raggiungimento degli obiettivi della Nzia policy; un ulteriore incremento della capacità produttiva green, denominato Nzia+, nella quale l’Unione arriva a soddisfare interamente la domanda interna.

Solo per raggiungere il primo obiettivo di Factory Capex, ovvero di capacità industriale, sono richiesti investimenti tra il 2023 e il 2030 di 52 miliardi di euro. Mentre per raggiungere la Nzia ne servirebbero addirittura 92 miliardi e per proseguire 119. Solo per la produzione di batterie, individuate come la fetta più consistente del mercato verde, sono necessari finanziamenti da 36,2 miliardi di euro per lo status quo, e rispettivamente da 68,2 miliardi e da 77 miliardi per le fasi successive.

Le altre tecnologie richiederanno cifre minori, ma comunque ingenti: 6 miliardi per l’eolico e 5,6 per le pompe di calore, per preservare le quote attuali di produzione. Non servirebbe però aumentare di molto le risorse per avanzare allo step Nzia. Il fotovoltaico e gli elettrolizzatori, al contrario, non necessiterebbero di grandi investimenti iniziali, ma per progredire avrebbero bisogno rispettivamente di 7,6 miliardi di euro e di 1,3 miliardi di euro. La cattura di carbonio invece di 3,5 miliardi di euro.

I numeri sono nettamente più alti per Nzia+: 17,4 miliardi di euro per il fotovoltaico, 12,4 miliardi per le pompe di calore, 7,7 per l’eolico. Elettrolizzatori e carbon capture storage si attesteranno invece sulle cifre precedenti.

I parametri che regolano i costi, avverte il documento, potrebbero variare in futuro, comportando aumenti o diminuzioni. Per esempio, secondo le stime della European Battery Alliance, il settore richiederà da 92 a 145 miliardi di euro per soddisfare la metà della domanda europea entro il 2030.

Il documento considera anche le risorse da destinare all’assunzione e formazione di nuovi lavoratori green: 1,7 miliardi di euro per lo status quo, 3,1 per la Nzia policy e 4,1 per la Nzia+. Per coprire queste spese, l’Ue potrebbe contare su una cifra tra i 16 e i 18 miliardi di euro, tramite un tasso di finanziamento pubblico tra il 17 e il 20%. Una percentuale bassa rispetto al 40% previsto dall’Inflation Reduction Act, ma comunque non trascurabile, se aggiunto ai 168 miliardi dei programmi di finanziamento comuni per il periodo 2021-2027.

Questi comprendono 36 miliardi per la progettazione di tecnologie di riduzione delle emissioni, 124 miliardi, la cifra più consistente, per la loro applicazione e diffusione e fino a 8 miliardi per gli impianti produttivi innovativi. In questo calcolo, prevalgono nettamente le fasi dello sviluppo e della diffusione sugli impianti del mercato. Si punta però ancora poco sul rafforzamento delle capacità produttive delle imprese già esistenti, come fanno in parte per le aziende più piccole l’Innovation Fund, RepowerEU, InvestEU e Modernisation Fund.

In uno scenario simile, gli investimenti privati saranno fondamentali per la transizione, così come gli aiuti di Stato sui quali, tra diverse perplessità, si stanno gradualmente allentando le restrizioni. Per raggiungere gli obiettivi del Green Deal e di RepowerEu serviranno rispettivamente altri 477 e 35 miliardi di euro.

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