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ResQ: perché salvare vite (in mare) è sempre una buona idea

Alessandro Rocca nel libro ResQ - storia di una nave e delle donne e degli uomini che la fecero racconta la nascita di un’idea ambiziosa e dell’importanza della mobilitazione e della rete per una buona causa
Credit: Instagram.com/@resqpeople
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12 marzo 2023 Aggiornato alle 20:00

In questi giorni nelle prime pagine dei quotidiani sono predominanti le notizie che riguardano la tragedia avvenuta alle coste della Calabria, in cui oltre 70 migranti migranti hanno perso la vita durante una traversata di 4 giorni dalla Turchia, una rotta sempre più battuta dalle persone che scappano da regimi, violenze e soprusi per raggiungere un porto sicuro.

Il dibattito si è acceso e le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi hanno fin da subito destato polemiche e perplessità; le oscillazioni ai vertici hanno da sempre avuto ripercussioni su come si dovesse gestire, ammesso che sia possibile, il flusso migratorio verso l’Italia, ma la recentissima tragedia di Cutro ha messo un punto fermo: le persone in mare devono essere salvate.

Il libro di Alessandro Rocca ResQ - storia di una nave e delle donne e degli uomini che la fecero, racconta la nascita di un progetto davvero prezioso, ResQ People saving People, l’incontro quasi casuale di amici che decidono di comprare una nave, creare una rete e cercare di divulgare la propria idea di solidarietà per salvare vite in mare. L’idea nasce nel 2018 e sopravvive alla pandemia, alle restrizioni e al lockdown perché, come raccontano i protagonisti di questa avventura, salvare le persone in mare era diventata un’esigenza.

Nell’incipit Luciano Scalettari, presidente di ResQ, racconta la rocambolesca impresa per raccogliere fondi per l’acquisto della nave durante i lockdown; “tutti in zona rossa, tutti in smart working, tutti relegati in casa. In quelle condizioni, lavori con la creatività, così ci siamo inventati la maratona online il 13 dicembre 2020, nove ore di diretta sui social. Ancora una volta, una risposta inimmaginabile. Più di 300mila contatti. Oltre 170 mila euro raccolti in poche settimane”.

La raccolta fondi viene narrata in un capitolo dedicato a cura di Lia Manzella, che sottolinea lo stupore ma anche la gioia di veder formarsi una rete così solida e pronta all’aiuto in una causa umanitaria.

Da quel momento ResQ ha raccolto sempre più adesioni, anche tra personalità celebri del mondo della giustizia, come Gherardo Colombo, presidente onorario. People saving people è il significato profondo di quest’idea, cioè quella di salvare non tanto i migranti, ma il senso di umanità tramite le persone: “persone comuni, noti e sconosciuti, anziani e giovani, ricchi e poveri, credenti e non credenti, cattolici, buddhisti, valdesi, musulmani, impiegati, giornalisti, avvocati, pensionati, studenti, operatori umanitari, insegnanti”. Unite per una causa ora più che mai fondamentale: soccorrere chi si trova in difficoltà.

Molto toccante perché entra nel vivo dell’attività di ResQ, il racconto di Cecilia Strada sulle giornate tipo a bordo, scandite dall’impegnativa preparazione prima di effettuare i salvataggi, dall’emozione di incontrare in mare altre navi di Ong che condividono la stessa missione di umanità e dalle difficoltà reali di soccorrere persone nel Mediterraneo.

“Le segnalazioni arrivano principalmente attraverso il canale 16, che è quello di emergenza, e tutte le navi vi sono sintonizzate. Noi abbiamo sentito solo parte delle coordinate perché la comunicazione era disturbata, ma abbiamo capito che probabilmente la barca si trovava nella zona che potevamo raggiungere, quindi abbiamo chiamato Lampedusa e le autorità, molto gentilmente, ci hanno dato le coordinate. E in effetti era vicino. Siamo andati e abbiamo effettuato il soccorso”.

Le parole di Strada che descrivono un episodio specifico fanno capire l’esigenza di fare rete e di collaborare in mare; e spiegando anche le tecniche di salvataggio delle persone in pericolo e le accortezze che deve tenere l’equipaggio, fa trasparire l’intensità emotiva dei salvataggi.

Il libro di Rocca, arricchito anche dalle storie delle persone soccorse in mare, di quelle che hanno soccorso e dei sostenitori del progetto; riesce a restituire un’immagine realistica della difficoltà di mettere in piedi un’idea così ambiziosa, ma soprattutto racconta un lato a cui non sempre siamo abituati quando parliamo di migrazioni in mare, cioè la solidarietà umana. ResQ è stato “un antidoto alla vergogna, un’occasione imperdibile, un’idea semplice, tonda, vera, incontestabile: stare dalla parte di chi salva e di chi deve essere salvato.”

Il capitolo più tecnico, ma allo stesso più denso di significato, è quello affidato al magistrato Colombo: una spiegazione attuale della carta costituzionale, in grado di giustificare con argomentazioni logiche e incontrovertibili il senso dei salvataggi in mare, senza retorica o politica. “Allora, se qualcuno all’estero non può godere delle condizioni che la nostra Costituzione mette alla base dello stare insieme, ha il diritto di venire nel nostro Paese. Quindi, se loro hanno il diritto di venire, noi abbiamo il dovere di accoglierli. E nel dovere di accoglierli, indubbiamente, ci sta anche il dovere di non farli annegare”.

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