Ambiente

Raffaella Giugni: «L’inquinamento del Mediterraneo è in aumento»

Assediato dalla plastica, in 50 anni ha perso l’80% dei pesci. L’ha spiegato a La Svolta la responsabile delle relazioni istituzionali di Mare Vivo, che ha illustrato la nuova campagna #bastavaschette
Raffaella Giugni, responsabile relazioni istituzionali Marevivo, nel corso della presentazione della campagna ''Piccoli gesti, grandi crimini'', realizzata in collaborazione e patrocinata dal Ministero della Transizione ecologica e dall'Anci (Roma 28 maggio 2021)
Raffaella Giugni, responsabile relazioni istituzionali Marevivo, nel corso della presentazione della campagna ''Piccoli gesti, grandi crimini'', realizzata in collaborazione e patrocinata dal Ministero della Transizione ecologica e dall'Anci (Roma 28 maggio 2021) Credit: ANSA/ MAURIZIO BRAMBATTI
Tempo di lettura 4 min lettura
28 febbraio 2023 Aggiornato alle 15:00

Il mar Mediterraneo è ormai assediato dalla plastica. Sempre più report certificano una situazione in continuo peggioramento, con gravissimi impatti sull’ecosistema e sulla nostra stessa salute.

Di fronte a questa emergenza ambientale, l’associazione nazionale Marevivo lancia la nuova campagna di sensibilizzazione #bastavaschette per contrastare i comportamenti scorretti che stanno mettendo a rischio i nostri mari e il nostro benessere.

Ne parliamo con la responsabile delle relazioni istituzionali Raffaella Giugni, in occasione del 38esimo compleanno dell’associazione.

Marevivo ha da poco celebrato 38 anni di impegno nella tutela dell’ecosistema marino. Come avete visto cambiare il Mediterraneo in quasi 4 decenni?

Il mare purtroppo è cambiato molto. Quando abbiamo iniziato, 38 anni fa, si incominciavano a vedere le prime schiume e le prime plastiche sulle spiagge. Adesso il nostro mare ne è ricoperto. Un mare chiuso, con un ricambio di acqua molto lento, ha una concentrazione di micro-plastiche e micro-fibre più alta rispetto agli oceani. Quindi, purtroppo, la situazione continua a peggiorare a livello di inquinamento, con un forte impatto sulla biodiversità. In 50 anni c’è stata una riduzione enorme della quantità di pesce, con un calo dell’80%. Una situazione molto grave.

In cosa consistono le vostre attività di tutela del mare?

Molte riguardano la plastica. Abbiamo lavorato negli ultimi anni alla riduzione di quella monouso anche in ambito parlamentare, per favorire la nascita di leggi adeguate. Una fra le tante è il divieto delle micro-plastiche all’interno dei cosmetici da risciacquo. Abbiamo lavorato anche sulla legislazione europea. C’è poi la Legge SalvaMare, che spinge i pescatori a portare a riva la plastica trovata in mare.

Qual è il fine della vostra campagna #bastavaschette?

Abbiamo deciso di attivarla per affrontare il problema della plastica monouso. Principalmente quella, appunto, delle vaschette di frutta e verdura. C’è stata una crescita enorme di questo tipo di confezioni negli ultimi anni. E l’impatto sull’ambiente è altissimo: si tratta di confezioni che non si possono riciclare. In più, possono rilasciare sostanze nocive. Una volta raggiunto il mare, contaminano piante e animali, arrivando fino a noi.

La nostra è una campagna di sensibilizzazione che vuole rendere consapevoli i cittadini delle scelte che dovrebbero fare quando si recano al supermercato, invitandoli a scegliere prodotti sfusi quando è possibile.

Ritenete che la legislazione italiana per la protezione delle aree marine sia adeguata?

Per la Legge SalvaMare abbiamo impiegato 4 anni, ma in realtà non è attuata. Lo stesso vale per la direttiva europea che abbiamo recepito un anno sulla plastica monosuo (Direttiva Sup).

La crisi climatica-ambientale, come possiamo anche osservare in questi primi mesi del 2023, sta peggiorando. Nel caso dovessimo continuare in questa direzione, cosa potrebbe succedere al mar Mediterraneo nei prossimi anni, dato che la regione è considerata un hotspot climatico?

Il mare è regolatore del clima, produce l’ossigeno per gli esseri umani, il 50% del totale. Quindi questa perdita di equilibrio nel Mediterraneo, ma anche negli oceani, porterà a non poter più produrre l’ossigeno.

Cosa pensate che sia prioritario fare in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità su questa emergenza planetaria?

La questione deve essere comunicata di più, spiegata di più, ascoltando quello che dicono gli scienziati, che ci propongono questo problema ormai da diversi anni. Il problema sta dunque nella comunicazione: noi associazioni cerchiamo di dare una mano, ma ovviamente non basta. Deve esserci un impegno a livello governativo. Andiamo troppo lenti. È tutto troppo lento. La crisi climatica, invece, corre veloce.

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