Economia

Manovra: come cambierà il lavoro?

La Commissione Bilancio approva il progetto della legge finanziaria 2023, corredato da una lunga serie di emendamenti dell’ultimo minuto che segnano un profondo rinnovamento del mondo dell’occupazione
Credit: Javier De Paz Garcia
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23 dicembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Dopo 7 giorni di lavoro (il riferimento biblico è scontato) la Commissione bilancio della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti alla manovra - ossia, tutte le modifiche al disegno di legge presentati dai singoli parlamentari o dal Governo stesso - facendo approdare ufficialmente il testo in aula in attesa dell’imminente voto di fiducia.

Fra i vari emendamenti approvati dalla commissione spicca il dietrofront del governo sull’obbligo di accettare pagamenti digitali a partire dalla soglia di 60 euro, con apertura del classico tavolo di confronto fra le categorie interessate per trovare una soluzione.

Rimane invece l’ipotesi di Quota 103 e si confermano le modifiche a Opzione donna, la cui portata applicativa viene ristretta e che consente un’anticipazione di un anno, con un massimo di due, per ogni figlio della lavoratrice. Piccola soddisfazione anche in casa Forza Italia con l’aumento delle pensioni minime per over 75 a 600 euro, solo per il 2023, anche se già qualche settimana fa Silvio Berlusconi annunciava che nel corso della legislatura sarebbero salite fino ai 1000 euro promessi in campagna elettorale.

La situazione pensionistica quindi rimane invariata nella sostanza rispetto alle precedenti bozze, ma guardando invece alle misure rivolte a chi ancora è dentro il mondo del lavoro, o spera di entrarci presto, la situazione è differente.

Lo smart-working, considerato da una recente analisi Eurostat come uno dei più importanti fattori di soddisfazione per i lavoratori europei e che secondo l’Osservatorio del politecnico di Milano coinvolge circa 3,6 milioni di lavoratori italiani, restringe di molto il suo bacino di fruitori. Fino al 31 marzo 2023 potranno lavorare da remoto, sia nel pubblico che nel privato, solo i lavoratori fragili, coloro che attestano con certificazione medica di essere immunodepressi, pazienti oncologici, disabili gravi o affetti da tutte le gravi patologie croniche con scarso compenso clinico definite dall’ apposito decreto del Ministero della Salute dello scorso 4 febbraio.

A tutti questi lavoratori sarà assicurata la possibilità di svolgere le proprie mansioni in maniera agile «anche attraverso l’adibizione a diversa mansione» e «senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento».

Secondo l’opinione della Ragioneria generale dello Stato - dipartimento del Mef che si occupa della tenuta della contabilità statale e vigilanza sulla spesa pubblica - potrebbero sorgere problemi per la copertura del personale scolastico (fragile) a cui è concesso lo smartworking, che comporterebbe «oneri di sostituzione del personale scolastico interessato dalla disposizione non quantificati in apposita relazione tecnica e privi della necessaria copertura finanziaria, pertanto si esprime parere contrario».

Nessuna proroga invece per i genitori di figli sotto i 14 anni, che dal 2023 dovranno tornare nel proprio posto di lavoro salvo intese con la propria azienda, nonché specifici accordi tra datore di lavoro e sindacati riguardo eventuali possibilità di lavorare in maniera flessibile.

Ma la seduta notturna di Montecitorio ha cambiato ancora una volta i connotati del Reddito di cittadinanza. Dal testo della manovra si apprende che l’assegno per i cosiddetti «occupabili» - percettori tra i 18 e i 59 anni che sono nella condizione di poter lavorare - nel 2023 verrà corrisposto fino a sette mesi, uno in meno di quanto era stato previsto nelle prime bozze della finanziaria, per poi venire definitivamente cancellato nel 2024. Un taglio che assicura alle casse dello stato un risparmio solo nel prossimo anno di 200 milioni in più rispetto ai 785 già preventivati nella bozza di qualche settimana fa.

Colpo di spugna anche all’aggettivo «congrua» riferito all’offerta di lavoro che ogni beneficiario avrebbe dovuto accettare per non perdere il reddito. Con l’ultimo emendamento del deputato Maurizio Lupi infatti il percettore dovrà accettare qualsiasi proposta di lavoro, nonostante questa non sia coerente con le esperienze maturate, le competenze indicate nel curriculum oppure provenga da zone distanti più di 80 chilometri, o 100 minuti con i mezzi di trasporto, da casa propria. I datori di lavoro potrebbero tuttavia mostrarsi più inclini alle assunzioni, poiché è previsto un aumento da 6000 a 8000 euro massimi dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i beneficiari del reddito che cominceranno a lavorare per loro.

Un altro emendamento, firmato dal deputato leghista Rossano Sasso, pone un’altra importante modifica al Rdc, che viene subordinato agli adempimenti formativi: a partire da gennaio i giovani percettori tra i 18 e i 29 senza diploma (circa 140 mila) potranno ricevere il sussidio solo al completamento del percorso della scuola dell’obbligo.

I percettori ‘occupabili’ inoltre, per non perdere l’erogazione del beneficio per l’intero nucleo familiare, dovranno frequentare per 6 mesi un corso di formazione o riqualificazione professionale. E qualora la quota del Reddito di cittadinanza sia utilizzata per pagare l’affitto del proprio alloggio, la nuova manovra prevede che venga erogata direttamente al locatore dell’immobile, i cui dati verranno forniti dal beneficiario all’ente erogatore nel rispetto delle modalità previste da un futuro decreto del Ministro del Lavoro.

Per quanto riguarda il mondo spettacolo, associazioni e sindacati come Unità, Slc-Cgil e Arci festeggiano per l’approvazione dell’indennità di discontinuità di 100 milioni, proposta dal deputato Pd Matteo Orfini e nata per sostenere le maestranze, musicisti e artisti nei periodi di inattività dopo il forte crollo della filiera dello spettacolo vissuta nel biennio nero della pandemia.

Il pacchetto di modifiche alla legge di bilancio ,che ormai appare blindato e in una forma definitiva, prosegue a passo svelto l’iter prefissato per il via libera conclusivo (già ottenuto, seppure con riserve, dall’Eurogruppo di Bruxelles) che dovrà arrivare entro la fine dell’anno.

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