Diritti

Afghanistan: perché potrebbe essere escluso dalle Olimpiadi

La ong Human Rights Watch preme per non far qualificare il Paese alle competizioni olimpiche a causa delle restrizioni imposte dai talebani a donne e ragazze
11 novembre 2022, Afghanistan, Mazar-E-Sharif: uomini afghani assistono a una partita di buzkashi, uno sport tradizionale dell'Asia centrale in cui i giocatori a cavallo cercano di piazzare in una porta un sacchetto simile a una carcassa di capra.
11 novembre 2022, Afghanistan, Mazar-E-Sharif: uomini afghani assistono a una partita di buzkashi, uno sport tradizionale dell'Asia centrale in cui i giocatori a cavallo cercano di piazzare in una porta un sacchetto simile a una carcassa di capra. Credit: Oliver Weiken/dpa
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
7 dicembre 2022 Aggiornato alle 14:00

Mentre nella città svizzera di Losanna si teneva il consiglio esecutivo del Comitato Olimpico Internazionale, da New York la ong Human Rights Watch premeva per sospendere l’Afghanistan dalle competizioni per le severe restrizioni alla partecipazione di donne e ragazze nello sport.

Il Comitato olimpico internazionale, in risposta alla richiesta di Hrw, ha avvertito i governanti talebani dell’Afghanistan che l’accesso sicuro allo sport di donne e ragazze è una condizione necessaria per la rappresentanza del Paese ai Giochi di Parigi del 2024.

Il consiglio esecutivo del Cio, che ha ricevuto un rapporto completo sul movimento olimpico e sportivo in Afghanistan, ha espresso «seria preoccupazione» e ha condannato «con forza» le limitazioni alla partecipazione femminile, ma non ha fissato né imposto nessuna scadenza ai talebani. «Le modalità specifiche per la partecipazione della delegazione e della squadra del Comitato olimpico nazionale afghano ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 dipenderanno dai progressi compiuti in relazione alla questione fondamentale dell’accesso sicuro allo sport per le donne e le ragazze nel Paese», ha detto il Cio.

Una delle tante limitazioni imposte alle afghane dai talebani tornati al potere ad agosto del 2021, infatti, è stata quella di vietare alle donne di praticare sport. Secondo Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, si tratta di una violazione della legge internazionale sui diritti umani, oltre che della Carta Olimpica, il documento approvato dal Cio che contiene un insieme di regole e linee guida per l’organizzazione dei Giochi olimpici, e tra le altre cose impone la non discriminazione e l’uguaglianza di genere.

Lo status del Comitato olimpico nazionale della Repubblica islamica dell’Afghanistan, che ha fatto il suo debutto olimpico a Berlino nel 1936, è stato discusso nell’ambito di un rapporto dei Comitati olimpici nazionali dopo che il presidente del Cio Thomas Bach ha detto di monitorare «molto da vicino» la situazione delle donne in Afghanistan dopo l’ultima riunione del comitato esecutivo a settembre. «Eventuali nuovi sviluppi saranno affrontati secondo la carta olimpica che richiede buon governo e non discriminazione, in particolare nei confronti di donne e ragazze», ha detto Bach.

Secondo Minky Worden, direttrice delle iniziative globali di Human Rights Watch, il Cio dovrebbe adottare una posizione più ferma contro l’Afghanistan: «Da quando i talebani hanno conquistato il Paese, a migliaia di donne e ragazze sono stati negati il diritto di praticare sport, le opportunità di istruzione, le borse di studio e il diritto di raggiungere il più alto livello di salute fisica e mentale che la partecipazione allo sport comporta. Il Cio non dovrebbe impiegare un giorno in più per rimuovere i talebani dal movimento olimpico e sospenderne i finanziamenti».

Il Comitato olimpico nazionale dell’Afghanistan è già stato sospeso dal 1999 al 2003, quando i talebani avevano vietato alle donne di praticare sport durante il loro primo governo. All’epoca, vent’anni fa, i talebani hanno avevano tentato di fare pressioni per revocare la sospensione e spianare la strada agli atleti afghani per competere ai Giochi di Sydney del 2000, ma il portavoce del Cio Franklin Servan-Schreiber aveva spiegato che gli atleti afghani non avrebbero partecipato fino a quando il governo talebano non sarebbe stato riconosciuto dalla comunità internazionale. Quando l’Afghanistan tornò a competere alle Olimpiadi di Atene nel 2004, la squadra incluse per la prima volta delle donne: la judoka Friba Rezayee e la velocista Robina Muqimyar. Ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, la delegazione afghana era composta da quattro atleti uomini e una donna, la velocista Kamia Yousufi.

A novembre dello scorso anno i funzionari del gruppo islamista hanno promesso al Cio che le atlete e le squadre femminili afghane sarebbero state autorizzate a competere a livello internazionale, mentre a ottobre 2022 l’Afghanistan si è impegnato a presentare squadre composte da uomini e donne ai Giochi asiatici di Hangzhou 2022 e alle Olimpiadi di Parigi 2024. Tuttavia, nel frattempo, le preoccupazioni per la crisi umanitaria in corso nel Paese sono aumentate di pari passo con le limitazioni ai progressi nella partecipazione delle donne allo sport.

Human Rights Watch spiega che nei 16 mesi successivi alla presa del potere da parte dei talebani, centinaia di atlete afghane hanno dovuto lasciare il paese, sia a causa delle minacce, sia perché il loro precedente alto profilo come atlete della nazionale poteva renderle oggetto di ritorsioni. Le giocatrici delle squadre nazionali femminili di calcio, basket, pallavolo, cricket e ciclismo sono state minacciate e hanno dovuto fuggire all’estero, spesso con l’aiuto di volontari privati, e della Fifa nel caso di calciatrici e giocatrici di basket. Alcune donne sono rimaste nascoste in Afghanistan o sono ancora in attesa di evacuazione da parte delle loro federazioni sportive.

La nazionale di calcio femminile afghana, l’anno scorso, ha chiesto asilo altrove per continuare ad allenarsi: a Melbourne, a maggio di quest’anno, il gruppo di calciatrici in total red ha fatto il suo debutto su un campo da gioco australiano. «È stato un momento di orgoglio per me», ha detto la capitana al Guardian. «Sono orgogliosa delle mie compagne di squadra, che sono riuscite a stare in piedi dopo tutto quello che abbiamo passato».

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