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Ai Mondiali di calcio i diritti sono rimasti in panchina

Il Qatar, il Paese che li ospita, non è un posto simpatico per i lavoratori o le persone innamorate. Per fortuna però qualche calciatore coraggioso si sta ribellando
Credit: Rocco di Liso
Tempo di lettura 4 min lettura
12 novembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Non so come la vedi tu, ma un gioco è un gioco se si divertono tuttə. Se io mi diverto e tu piangi non è un gioco. Se tu ridi e io mi faccio male non è un gioco. E poi un gioco, anche un gioco vero, non è mai solo un gioco e questo i grandi lo sanno e i piccoli lo fanno.

Il calcio è proprio questo, un gioco che non è solo un gioco. Ci sono due squadre che corrono dietro a un pallone, le regole e la festa ma la posta in gioco non è mai solo una coppa. Esistono premi nascosti e vincitori e vinti non si riconoscono sempre dal punteggio.

Dal 20 novembre al 18 dicembre ci saranno i Mondiali di Calcio in Qatar. L’Italia non gioca ed è una fortuna perché di cose belle per cui fare il tifo non ce ne sono tantissime quest’anno.

Il Qatar è un Paese piccolino, grande un pelo di più dell’Abruzzo, ma per niente debole. Lì c’è il deserto e sotto terra il petrolio e il gas. D’estate fa caldissimo, molto più caldo che da noi. Il Qatar è un emirato, cioè un Paese con un Re (l’Emiro) che decide tutto e il cui potere si trasmette di padre in figlio.

Questo Paese è molto ricco ma non per tutti è bello viverci. Per costruire in un battibaleno tutti i grattacieli altissimi che svettano nel cielo e gli stadi per i Mondiali, il Qatar ha sfruttato il lavoro di tantissime persone arrivate da Paesi più poveri come l’India, il Pakistan, il Bangladesh e lo Sri Lanka.

I turni di lavoro erano così faticosi e le condizioni di vita così dure sotto quel sole cocente, che tantissime persone sono morte. Per questo il Governo è stato criticato duramente, e ha provato a migliorare la situazione, per esempio, pagando un pochino di più i lavoratori e inventando una tuta contro il caldo. Questo però non basta, e soprattutto non riporta indietro chi non c’è più e che è morto per il gioco degli altri.

Il Qatar non è simpatico neanche alla comunità Lgbt, che è un insieme di persone molto diverse tra di loro. Ci sono ragazzi innamorati di ragazzi, ragazze innamorate di ragazze, persone che si innamorano sia dei ragazzi che delle ragazze e persone trans, che sanno di essere femmine anche se sono nate con un pisellino, oppure maschi anche se hanno una vulva.

Il Paese condanna tutte queste persone che vogliono sentirsi libere di essere e di stare con chi vogliono, al punto che lì i ragazzi innamorati non si possono tenere per mano o baciare per strada e se lo fanno vengono puniti.

ə tifosə di calcio che fanno parte della comunità Lgbt sono preoccupatə, a ragione. Hanno paura di non essere al sicuro e per non finire nei guai per un bacio o una coccola molte hanno deciso di non andarci proprio in Qatar.

Per difendere loro e i lavoratori, 10 nazionali hanno alzato la voce e scritto una lettera in cui chiedono alle autorità di rispettare tutte le persone nella loro unicità. Sono Belgio, Danimarca, Galles, Germania, Inghilterra, Norvegia, Olanda, Portogallo, Svezia e Svizzera.

Alcuni capitani porteranno delle bandierine arcobaleno in segno di protesta, mentre lo sponsor della Danimarca ha fatto togliere il proprio nome dalle magliette per non apparire durante un evento in cui le vite delle persone sono state tenute in così poco conto.

Il presidente della Fifa, un signore svizzero che si chiama Gianni Infantino, si è arrabbiato. e ha detto alle squadre ribelli di concentrarsi solo sul calcio, smettere di esprimersi e non guastare il gioco con delle proteste. I ribelli però sanno che il calcio non è mai stato solo un gioco e che giocare è una cosa serissima. Ma, soprattutto, che è bello solo se è bello per tuttə.

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