Ambiente

Un futuro (lavorativo) sempre più green

Giacomo Di Foggia - professore di Economia Industriale e dell’Ambiente alla Unimib - ha spiegato a La Svolta l’importanza di coinvolgere i giovani nel settore manageriale per realizzare la transizione ecologica
Credit: Beyza Eren
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6 dicembre 2022 Aggiornato alle 17:45

Le nuove generazioni sono al centro del cambiamento. Nei prossimi anni, però, la domanda dei lavori verdi supererà l’offerta.

Le professioni cosiddette “green”, infatti, sono sempre più richieste nel mercato del lavoro. Secondo Rosetta Raso, vice presidente di For.te, fondo paritetico Interprofessionale per la formazione continua dei dipendenti, c’è bisogno di una formazione maggiore in materia green e di una certificazione per i giovani, essendo l’Italia il Paese con il maggior numero di Neet, ragazzi e ragazze tra i 15-34 anni che non studiano e non lavorano.

Si stima, infatti, che tra il 2022 e il 2026 le imprese e il comparto pubblico richiederanno un’attenzione particolare al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale per circa 2,4/2,6 milioni di occupati. Di fatto, le aziende stanno acquistando una sempre maggiore sensibilità al tema della sostenibilità.

Come ha spiegato a La Svolta il Professor Giacomo Di Foggia - docente di Economia Industriale e dell’ Ambiente dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca presente alla terza edizione della Biennale Tecnologia e Segretario Generale del Centro di Ricerca in Economia e Regolazione, dei Servizi, dell’Industria e del Settore pubblico (Cesip) - la reale svolta nasce dallo sguardo che le aziende stanno volgendo verso i criteri Esg (environmental, social and governance).

Quest’ultime mettono in atto efficacemente strategie inclusive di lungo periodo, fattore sovente sottovalutato, che devono rientrare a tutti gli effetti nelle strategie competitive delle imprese stesse. Segnali positivi derivano anche dal Pnrr o, per citarne uno su tutti, da investimenti da parte di operatori nazionali e transnazionali (come quello di Enel in Sicilia con l’ X-Lab Storage di Catania).

Secondo il professor Di Foggia è necessario, innanzitutto, incentivare la formazione delle nuove generazioni, in particolare con le lauree in materie Stem, soprattutto per le donne. Riguardo la quota di giovani donne con competenze green in ambito manageriale, in linea con la media europea, il nostro Paese soffre ancora, anche per questioni culturali.

Pertanto, esiste una scarsa percentuale di partecipazione femminile in determinati settori produttivi al centro della transizione. In quest’ottica si stanno muovendo le istituzioni nazionali e internazionali.

La Commissione europea ha reso più ambiziosi gli obiettivi climatici dell’Ue per il 2030, portando il target 2030 di riduzione netta delle emissioni di gas serra al -55% rispetto ai livelli del 1990, rendendo anche vincolante sotto il profilo legale l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Giacomo Di Foggia osserva come la realizzazione degli investimenti volti a sostenere la domanda e gli incentivi promossi al fine di rilanciare l’offerta di tecnologie ha superato i 1.000 miliardi di euro, e porterà un’occupazione più elevata di 11,5 milioni di Ula, Unità lavorative per anno, (+3,1%) nei principali settori coinvolti.

L’incremento riconducibile agli investimenti addizionali in tecnologie per efficienza energetica sarebbe di quasi due milioni di Ula. Si tratta di una nuova occupazione sul territorio in molti casi basata sul tecnologico avanzato. Ciò produrrà un triplo vantaggio: creazione di posti di lavoro in Italia, effetti positivi sul bilancio dello Stato e sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. La transizione energetica è necessaria sia per la creazione di un futuro sostenibile sia per affrontare la crisi energetica in atto.

Pertanto, l’aggravarsi della depressione economica e l’aggressione russa contro l’Ucraina stanno spostando l’asse energetico. L’economia europea corre al riparo verso nuove fonti di energia, verso le fonti rinnovabili e i biocarburanti. Il conflitto in Ucraina ha portato a un’accelerazione del processo di transizione; infatti, l’Europa mira a nuove collaborazioni verso diverse regioni del Mediterraneo per diversificare gli scambi energetici e di materie prime.

La crescita della capacità rinnovabile in Medio Oriente e Nord Africa dovrebbe raddoppiare nei prossimi 5 anni portando a un aumento della produzione di energia pulita, energia prodotta attraverso metodi che non rilasciano gas serra o altri inquinanti, utile anche per produrre idrogeno sostenibile.

È, dunque, necessaria una svolta, un coinvolgimento maggiore della società nel cambiamento in cui le istituzioni stanno investendo. Il futuro è sempre più verde e le nuove generazioni ne sono le protagoniste.

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