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Che cos’è l’approccio One Health?

È un modello interdisciplinare che riconosce il legame indissolubile tra salute umana, animale e ambientale, per affrontare i bisogni delle popolazioni vulnerabili
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Le sfide più urgenti del nostro presente possono essere analizzate in modo frammentario, ma hanno un denominatore comune: riguardano gli effetti disastrosi del cambiamento climatico sull’essere umano e sulla conservazione degli ecosistemi, la crescita demografica e l’insorgenza di nuove malattie infettive. Considerata la portata enorme di queste tematiche, la politica ha il dovere di individuare soluzioni rapide ed efficaci e per farlo deve tornare all’origine del problema, cioè la salute dell’ambiente, che è la salute di tutti e tutte.

È di ieri la notizia che attesta il numero della popolazione mondiale a 8 miliardi e si stima che nel 2050 raggiungerà i 10 miliardi. Sebbene questa crescita esponenziale evidenzi gli enormi progressi ottenuti nell’ambito di salute e dell’aspettativa di vita, è legittima la preoccupazione riguardo il crescente aumento dei consumi alimentari e il continuo sfruttamento delle risorse naturali. Ciò avviene soprattutto in alcune zone del mondo, che risentono già delle conseguenze del degrado ambientale, aumentando sempre più rapidamente il numero di sfollati per disastri naturali e migranti climatici.

La comunità scientifica ha confermato che buona parte delle gravi conseguenze dei problemi ha origine nell’interfaccia essere umano-animali-ambiente e nessun Paese possiede conoscenze e risorse sufficienti per affrontare autonomamente le problematiche emergenti della salute e dell’ambiente. Cop27, la conferenze sul clima delle Nazioni Unite che si tiene in questi giorni in Egitto, rappresenta ora più che mai un’occasione per creare un investimento collettivo e sviluppare competenze per la salvaguardia dell’ambiente e per il benessere di ogni individuo.

L’approccio One Health

One Health può essere definito come un modello interdisciplinare che si basa sul riconoscimento del legame indissolubile tra salute umana, salute animale e salute dell’ecosistema. Riconosciuto ufficialmente dal Ministero della Salute italiano, dalla Commissione Europea e da tutte le organizzazioni internazionali, è considerato una soluzione efficace alle problematiche del degrado ambientale.

One Health è un approccio funzionale al raggiungimento della salute globale come concetto unitario: affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, quella dei loro animali e l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di determinanti che da questa relazione emerge. Il modello non suggerisce solo l’integrazione tra discipline, ma si contraddistingue per il modo di analizzare la salute nella sua complessità.

Le origini di One Health: dal passato per il futuro

Il modello trova la sua nascita nell’antichità, in cui i guaritori erano spesso sacerdoti che curavano persone e animali, costruendo le loro conoscenze di anatomia e patologia ispezionando gli animali sacrificali. Nel diciannovesimo secolo, il medico e patologo Rudolf Virchow dimostrò un forte interesse per la medicina comparativa, promuovendo l’osservazione e lo studio delle malattie in alcune specie di animali per approfondire la conoscenza delle patologie umane. Simili approcci erano già stati utilizzati, finché il veterinario, epidemiologo e parassitologo Calvin Schwabee presentò per la prima volta il concetto di One Medicine in un testo scritto nel 1969. Riconoscendo la stretta interazione tra persone e animali, evidenziava la necessità di considerare la medicina umana e veterinaria come entità unica; la concezione proposta dal medico si fondava sul lavoro svolto tra le comunità pastorali Dinka del Sud Sudan, dove l’interdipendenza persone-animale è fondamentale.

La trasformazione della One Medicine in One Health è arrivata qualche anno più tardi, con il riconoscimento della centralità del contatto tra animali domestici e animali selvatici per il controllo delle malattie, la conservazione dell’ambiente, la produzione sostenibile di cibo e le infezioni emergenti. Il susseguirsi di epidemie degli anni scorsi, come Ebola, Sars, evidenziavano come la salute umana e la salute animale fossero strettamente connesse: si faceva strada la convinzione che la perdita di biodiversità, il degrado ambientale, l’inquinamento e il cambiamento climatico stessero distruggendo la vita sul Pianeta.

Nel 2004, la Wildlife Conservation Society (Wcs) organizzò il simposio One World One Health per discutere il rischio di trasmissione delle malattie infettive tra persone, animali domestici e animali selvatici. L’obiettivo fu quello di definire una strategia globale per combattere le minacce alla salute della terra. Oggi, il termine One Health ha una prospettiva più ampia, che va oltre le problematiche individuali delle patologie cliniche e si interessa alle questioni di salute pubblica, ecologia e delle dimensioni sociali della salute.

Il dossier di One Health e la centralità della questione africana

L’organizzazione Amref Health Africa ha divulgato un mini dossier (One Health in Africa Approccio transdisciplinare per la salute e lo sviluppo) - grazie al lavoro di esperti di salute pubblica, con esperienza soprattutto nel territorio africano - che pone l’accento sul concetto di unità della salute dell’essere umano e dell’ambiente, analizzando le criticità del degrado ambientale e le conseguenze della crescita demografica come fattori interconnessi.

Infatti, per sostentare il continuo aumento di popolazione, quasi la metà della superficie abitabile della terra è attualmente in uso per agricoltura e allevamento, con conseguenze disastrose su biodiversità e habitat naturali. Un recente studio realizzato dalla Fao (Food and Agriculture Organisation) ci dice che foreste, boschi e fiumi vengono convertiti quotidianamente in aree di allevamento e colture intensive. Tutto ciò rafforza un sistema alimentare che contribuisce al cambiamento climatico con emissione di ingenti quantità di gas serra (come metano, protossido di azoto, biossido di carbonio) durante le attività agricole, e alla deforestazione per l’espansione di colture e allevamenti.

Il dossier contiene diversi approfondimenti tematici, che si posizionano perfettamente in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile della comunità internazionale, nei quali emerge che il fine ultimo della cooperazione tra i Paesi deve riguardare contemporaneamente la salute delle persone, con particolare attenzione verso le popolazioni vulnerabili, e la salvaguardia degli ecosistemi. Un aspetto interessante contenuto nel lavoro di ricerca riguarda il caso studio di un gruppo di 350 madri in Kenya, area in cui le donne giocano un ruolo essenziale nella produzione, preparazione, conservazione del cibo e, quindi, nello stato nutrizionale dell’intero nucleo familiare.

A partire da queste considerazioni, Amref Health Africa ha investito sulle donne della contea di Isiolo come veicolo di trasformazione dell’intera comunità, per migliorare salute e nutrizione di donne, uomini e bambini e promuovere lo sviluppo sostenibile dei villaggi. La contea si trova nelle aree aride e semi-aride del nord del Kenya e oltre l’80% della popolazione è dedito alla pastorizia. Il progetto mira a migliorare la nutrizione delle comunità attraverso l’impiego dei cosiddetti Mother-to-Mother Support Groups, affrontando temi relativi alla nutrizione dei figli, la dieta della famiglia, e le opportunità di investimento in nuove colture e tecniche agricole anche dal punto di vista energetico. Si discutono le tecniche di conservazione e di preparazione del cibo, facendo particolare attenzione all’igiene e alle misure di prevenzione per evitare la contaminazione da parte di patogeni e il rischio di infezione.

Il lavoro di ricerca e divulgazione sul territorio africano di Amref è ricco di informazioni e consigli utili per la comprensione della questione globale in modo ampio, e insiste sul tema della giustizia sociale, che è il presupposto per l’esercizio della giustizia climatica.

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