Ambiente

Berlino: le oasi urbane sono scrigni di biodiversità

L’ecologista Anita Grossmann ha riconosciuto 19 specie di api in un cimitero del quartiere Mitte. I ricercatori dell’Università Tecnica di Monaco, invece, hanno identificato 400 tipi di piante in 18 giardini della capitale
Mikhail Nilov/pe
Mikhail Nilov/pe
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 novembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Si pensa sempre che le città distruggano e soppiantino il paesaggio naturale. Edifici, strade e parcheggi cancellano foreste e bacini d’acqua, mentre i lampioni con i loro fasci di luce confondono gli animali notturni e le vetture, gli impianti industriali e le centrali elettriche inquinano l’aria e l’acqua.

A Berlino, per esempio, a Domfriedhof, nel cuore del quartiere Mitte, sorge un piccolo cimitero in cui Anita Grossmann, ecologista dell’Università Tecnica di Berlino, ha riconosciuto ben 19 specie di api selvatiche. Davvero un numero notevole per un misero fazzoletto d’erba e fiori secchi o incolti.

Altre indagini hanno rivelato nel tempo che la capitale tedesca brulica di api. In base a delle stime condotte all’inizio del 2022, i ricercatori hanno contato e classificato ben 106 specie in 49 diversi appezzamenti di terra nei dintorni di Berlino. Gli spazi del centro città come il cimitero sono “perfetti per le api selvatiche”, ha spiegato Grossmann alla rivista Science.

Gli insetti sono attratti dal calore emanato dall’asfalto della strada e dagli edifici - la cosiddetta “isola di calore urbano” - e proliferano in ecosistemi insoliti, piuttosto che nei giardini perfettamente potati, ma purtroppo contaminati da sostanze e prodotti chimici.

«Se sei un’ape non hai bisogno di molto spazio - ha commentato scherzosamente la scienziata - Hai solo bisogno di polline, nettare e un luogo per la nidificazione».

In oltre 60 anni, i ricercatori di Berlino hanno contribuito a lanciare l’ecologia urbana come disciplina e a promuovere la conservazione del patrimonio verde di una delle principali capitali europee. Le zone dismesse e desolate di Berlino, per esempio ex siti industriali, ospitano una notevole biodiversità, paragonabile a quella di alcune aree naturalistiche. Cavallette, lucertole della sabbia, usignoli e allodole minacciate altrove, prosperano negli spazi verdi nei centri urbani.

«Le città non sono solo luoghi ostili: possono essere isole di biodiversità», ha commentato Sascha Buchholz, ecologista dell’Università di Münster. Le città del mondo, dice, offrono «un’opportunità per mitigare la crisi della biodiversità».

È chiaro che la presenza di spazi verdi a Berlino e in altre città non può compensare la distruzione di habitat più estesi e floridi, né superare il rischio di estinzione che minaccia circa 1 milione di specie in tutto il mondo. Ma un coro sempre più folto di ecologisti e ambientalisti sostiene che gli habitat urbani sono stati trascurati per troppo tempo, a scapito di molte di una ricchezza in termini di fauna e una flora che gli ambientalisti stanno cercando di proteggere.

Ovviamente non mancano voci dissonanti: alcuni studiosi ritengono che ecosistemi isolati e di modeste dimensioni non possano essere abitate da popolazioni di piante animali significative e che le specie non autoctone siano sempre ecologicamente dannose.

Gli studi sull’ecologia urbana di Berlino sono iniziati negli anni ‘50, grazie all’attività e all’impegno di Herbert Sukopp, botanico all’Università Tecnica di Berlino, che cominciò a esplorare i luoghi dimenticati della sua città, trovò habitat diversi dagli altri.

Il secondo conflitto mondiale aveva ridotto gran parte della città in macerie, lasciando vaste aree abbandonate, in particolare ex zone industriali. In un momento in cui gli ecologisti andavano a caccia di ecosistemi remoti e incontaminati dall’uomo, Sukopp e i suoi colleghi si sono concentrati su questi caratteristici paesaggi contaminati e rumorosi, arrivando stilare vere e proprie “red list” di piante e animali rari e minacciati specificamente nella capitale tedesca.

La scuola di ecologia di Berlino, come venne chiamata, dimostrò che siti come Südgelände e Tempelhof si fanno teatro di una biodiversità ricca e rigogliosa. Nel 2016 alcuni studiosi - tra cui Buchholz e Grossmann - hanno lanciato il progetto CityScapeLab Berlin per quantificare il grado di urbanizzazione in tutta Berlino.

Per esempio, le aree disturbate dalle scorribande dei cinghiali - considerati dannosi per l’ambiente e che sono numerosi nella capitale tedesca - registrano una presenza maggiore di cavallette e lucertole. Senza contare alcune particolari specie animali, provenienti da regioni lontane. A luglio, per esempio, Monika Egerer, ecologista dell’Università Tecnica di Monaco, ha svelato la scoperta di un’ape, presente sino a ora solo nelle regioni della Germania meridionale, in un orto comunitario di Berlino. La scienziata stava conducendo un’indagine su 18 giardini di Berlino in cui Egerer e i suoi colleghi hanno trovato circa 400 specie di piante, di cui 4 nella lista rossa della Germania.

La diffusione di giardini e parchi rende Berlino una città particolarmente ricca di biodiversità e questa ricchezza crea un circolo virtuoso, favorendo lo sviluppo di popolazioni di insetti, tra cui le api, che impollinano la vegetazione negli ecosistemi frammentati del centro urbano.

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