Diritti

L’invisibilità di chi ha la sclerosi multipla

La malattia neurodegenerativa colpisce oltre 133.000 persone in Italia, sviluppandosi in forme diverse. A oggi, non prevede cure e colpisce più donne che uomini. Ecco il racconto di Isabella, Elisabetta ed Eleonora alla Svolta
Credit: Josh Appel
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
1 luglio 2022 Aggiornato alle 17:00

C’è chi, come Isabella, scopre di averla a 17 anni, dopo un calo di pressione e uno svenimento. C’è chi, come Eleonora, inizia ad avere un tremore alla testa nel giorno in cui suo padre, dopo un anno e mezzo di malattia, lascia lei, sua sorella e sua madre.

La sclerosi multipla è una malattia complessa, caratterizzata da un comportamento anomalo del proprio sistema immunitario che attacca i tessuti e le cellule del sistema nervoso centrale. Nella sua complessità è difficile da prevedere, da diagnosticare, da accettare.

Lo è stato per Isabella ed Eleonora, parte di quelle 2,8 milioni di persone nel mondo che l’hanno sviluppata, circa 133.000 in Italia. Ma lo è anche per chi, come Elisabetta, professione architetta, si occupa di sua sorella, che 25 anni fa ha ricevuto la diagnosi.

«Eleonora aveva 25 anni. Un giorno d’estate siamo partite dalla nostra San Benedetto del Tronto e abbiamo viaggiato per 600 km in cerca di risposte. Ricordo che il medico era in ritardo e quando è arrivato, probabilmente per recuperare il tempo perso, ci ha liquidato in un quarto d’ora: “Ma questa è chiaramente sclerosi multipla”, ci ha detto».

Elisabetta deve riavvolgere il nastro delle loro vite e tornare con la memoria al 2008. Sua sorella, di dieci anni più giovane, ha una primaria progressiva: si tratta di una forma di sclerosi multipla che si può manifestare senza ricadute evidenti, ma con un graduale peggioramento dei sintomi nel tempo.

«Non si tratta di una remissiva recidivante, è pure degenerazione. Nonostante le numerose terapie, i farmaci, il cortisone e così via, ha iniziato a perdere l’equilibrio, a non riuscire più a mangiare, a bere, a lavarsi i denti».

Chiunque può sviluppare la sclerosi multipla, che in media colpisce più le donne che gli uomini, con un rapporto di 2 a 1. La diagnosi avviene prevalentemente tra i 20 e i 40 anni, non è ereditaria, ma alcuni fattori genetici o ambientali possono rendere alcune persone più soggette di altre.

Elisabetta, che insieme a sua madre è caregiver di Eleonora (letteralmente significa “donatore di cura”) dal primo giorno in cui le è stata diagnosticata la malattia, ha ben impresse tutte le tappe che ha vissuto la sorella. Alcuni anni sono più scolpiti nella memoria di altri: il 2010 è scandito dall’arrivo della carrozzina, il 2019 è quello in cui Eleonora ha smesso di parlare.

La sclerosi non comporta necessariamente una disabilità grave: come spiega Aism, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, “la maggior parte delle persone non sviluppa una disabilità grave tale da compromettere una buona qualità di vita”. Ma le varie forme di sclerosi multipla comportano un percorso clinico diverso.

Isabella è laureanda in veterinaria e convive con la sclerosi multipla da sei anni: la sua non è una forma grave. La passione per gli animali ce l’ha da quando ha memoria, prima ancora che arrivasse la diagnosi. «Ho cambiato molte terapie, prima di trovare quella giusta per me: avevo degli effetti collaterali pesanti e ho dovuto fare vari tentativi per capire quale fosse anche il momento giusto per prendere i farmaci. I primi tempi li prendevo di venerdì, per riprendermi prima di ricominciare la scuola dopo il week-end».

La sclerosi multipla non è una malattia ereditaria ma, come sottolinea Aism, “alcuni studi epidemiologici hanno riscontrato una maggiore frequenza all’interno dello stesso nucleo familiare”: il padre di Isabella ha avuto diversi episodi da giovane «che potevano essere segnali di sclerosi multipla, ma la sua famiglia ha deciso di ignorarli. Gliel’hanno diagnosticata quando io avevo due anni e, dopo le prime terapie, ha deciso di abbandonarle».

Isabella ha sperimentato su di sé e visto su suo padre quanto siano importanti le terapie: «Non voglio prendere la strada che ha preso lui. Voglio continuare con il mio percorso, anche se tuttora non esistono cure». Aism spiega che “evidenze scientifiche dimostrano che seguire una delle terapie disponibili è il miglior modo per ridurre lattività di malattia e che è importante iniziare i trattamenti appena la sclerosi multipla si manifesta. I trattamenti aiutano a diminuire la frequenza e la gravità degli attacchi, rallentando la progressione della SM”.

Ci sono persone come Isabella che possono convivere con la sclerosi multipla, seppur con molte difficoltà: «Gli sguardi di chi mi tratta da vittima o quelli di chi non comprende la mia eccessiva stanchezza il venerdì sera, quando tutti vogliono uscire. O le discriminazioni sul lavoro da parte di colleghi e superiori e il mobbing passivo (cose che violano la Convenzione Onu sulla promozione e protezione dei diritti e delle dignità delle persone con disabilità, ndr)».

La pandemia non ha aiutato: il Barometro della Sclerosi Multipla 2022 mostra che il 30% del campione rilevato tra gennaio 2021 e febbraio 2022 ha perso il posto di lavoro a causa della patologia e il 53% non ha mai svolto il lavoro per cui era qualificato. Giovani come Isabella sono la categoria più colpita: oltre 1 su 4 con sclerosi multipla ha perso il lavoro durante la pandemia. Isabella ha deciso di tornare a studiare e laurearsi, in attesa di un posto di lavoro che le riconosca i suoi meriti.

E poi c’è Elisabetta, che il lavoro se lo porta a casa: «Oltre a essere architetto, sono un’imprenditrice e ho una startup. Mi occupo principalmente di formazione e consulenza proprio sui temi che riguardano la progettazione e la sicurezza inclusiva, che è un tema che mi appassionava ancora prima che Eleonora avesse la malattia».

E poi è una caregiver, condizione che secondo le stime riguarda 3 milioni di persone in Italia che gratuitamente si prendono cura dei familiari non autosufficienti o con patologie croniche invalidanti. Il 65,8% sono donne.

«Non è stata una scelta - spiega Elisabetta - La visione romantica di questa figura, che lo fa per amore, è distorta: vale per alcuni, ma non per tutti, e non deve essere la regola. Il punto è che non abbiamo alternative: per quanto la Regione Marche ci copra una parte di assistenza e per quanto riusciamo a integrare con cooperative e Oss, io e mia madre non ce la faremmo mai da sole. E poi veniamo dal Piemonte, non abbiamo parenti qui: chi rimane da solo, come fa?».

Con il Covid-19, poi, le difficoltà sono aumentate, con un assistente domiciliare in meno per mesi e le cooperative che avevano fatto un passo indietro sospendendo l’assistenza: «Ognuna ha agito diversamente, perché non c’era un’indicazione da parte del governo in questo senso», spiega Elisabetta. E negli ospedali non venivano accettati caregiver: «Quando non mi hanno fatta entrare con lei, ho detto loro che avrebbero dovuto prendersi la responsabilità di Eleonora: l’hanno dimessa scrivendo nero su bianco che il reparto non era in grado di gestire la sua complessità».

Come spiega la guida di Aism, per affrontare la complessità della sclerosi multipla è importante trovare risposte. Ma anche far sentire sicurə, accoltə e tutelatə tuttə coloro che vivono la malattia ogni giorno. Come Isabella, Elisabetta ed Eleonora.

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