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Brick in tetrapak: sostenibili o no?

Molti pensano che sia un’alternativa green rispetto alla plastica, ed è vero se consideriamo solo l’utilizzo. Ma smaltire il tetrapak è tutt’altro che semplice

Per il latte, i succhi di frutta, ma anche per l’acqua: i brick in tetrapak possono essere facilmente trovati sugli scaffali dei supermercati come alternativa “sostenibile” alle comuni bottiglie in plastica.

Riguardo la loro funzionalità, non si può discutere: conservano bene il prodotto, sono leggeri e, grazie alla loro forma squadrata, permettono una disposizione precisa e ordinata tra gli scaffali e nel frigorifero, riducendo così anche gli spazi. Per molti, rappresentano un’alternativa sostenibile: ma è veramente così? Dipende tutto dal suo riciclo, che non sempre è facile come sembra.

Cos’è il tetrapak?

Nato da un’idea dell’omonima azienda svedese, oggi viene utilizzato per confezionare bevande e alimenti, freschi o a lunga conservazione.

Spesso lo chiamiamo “il cartone del latte” o “del succo di frutta”, sbagliando. È vero, il materiale principale è la carta, ma è composto anche da polietilene e alluminio. E quindi, come riciclarlo?

Come si ricicla il tetrapak?

Le sue componenti sono tutte riciclabili. Innanzitutto, è nostro dovere separare le varie parti del brick (ad esempio togliendo il tappo, a volte in plastica). Poi, lavarlo con cura per eliminare tutti i residui di cibo rimasti dopo il consumo; infine appiattirlo e gettarlo via. Ma dove?

Dipende dal Comune: se vivi a Roma, Napoli o Milano, nella carta; a Firenze o Pisa nel multimateriale; a Bolzano, nei centri di raccolta.

Perché è importante il corretto smaltimento?

Gli imballaggi vengono miscelati in acqua per separare i tre materiali che, una volta smaltiti, potranno essere utilizzati per la produzioni di oggetti diversi.

Dalla carta si ricavano fibre di cellulosa, che possono poi diventare scatole e sacchetti per le attività commerciali, oppure fazzoletti, tovaglioli e simili. Il polietilene e l’alluminio, invece, possono essere utilizzati per la produzione di svariati oggetti (come le cassette per la grande distribuzione di frutta e verdura).

Detto ciò, il riciclo del tetrapak e la corretta scomposizione dei materiali può risultare un processo complesso. Quindi sì, sicuramente questi brick sono ecologici perché riducono il consumo e la produzione di plastica, ma la questione assume tutto un altro aspetto quando parliamo del suo corretto smaltimento.

Il recupero in Italia

Nel nostro Paese, lo stabilimento Lucart di Diecimo (Lucca) e le Cartiere Saci di Verona sono in grado di recuperare il tetrapak. Lucart, in particolare, si occupa del recupero di tutte le componenti delle confezioni per bevande (producendo sia carta riciclata che un granulo plastico e alluminico).

Inoltre, nella zona D3 di Alessandria, l’azienda Ecoplasteam ha creato il primo impianto al mondo per il riciclo di plastica e alluminio (non carta) del tetrapak, per la successiva produzione di ecoallene.

I brick a Genova

Dopo aver introdotto le stoviglie compostabili, l’Acquario di Genova ha deciso di abolire le bottiglie d’acqua in plastica PET per sostituirle con brick in tetrapak da 500 ml.

Questa decisione è il risultato della collaborazione tra l’Acquario e il Gruppo Costa Edutainment, entrambi impegnati nella difesa dell’ambiente grazie a numerosi progetti di ricerca e conservazione.

L’obiettivo è indirizzare i visitatori verso scelte più sostenibili, fornendo loro utili informazioni riguardo la protezione ambientale direttamente sulle confezioni dell’acqua. Oltre alle classiche indicazioni sul corretto smaltimento del brick, i consumatori possono collegarsi a una pagina di approfondimento tramite il QRcode stampato sulla confezione.

Qui si possono consultare i vari progetti dell’Acquario per la salvaguardia dell’ambiente, scoprire nuove informazioni sugli oceani e l’inquinamento della plastica, conoscere nuove pratiche quotidiane da adottare per invertire la “marea tossica”. Tutto a vantaggio della Terra.

Lungo il percorso, i visitatori incontreranno specifici contenitori per gettare i propri brick, che verranno poi raccolti dall’Acquario per raggiungere le cartiere italiane specializzate nel processo e nel recupero dei suoi materiali.

Eliminando la plastica monouso, l’Acquario di Genova persegue gli obiettivi del piano strategico di sostenibilità di Costa Edutainment che, a sua volta, si accosta agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 (in particolare, al Goal 14, sulla conservazione dell’ecosistema marino).

I brick a Milano

Anche nel capoluogo lombardo è partito “l’im-brickamento” dell’acqua. È “L’acqua del Sindaco” e i suoi colori sono il bianco, rosso e blu.

Ciò che non ha convinto molti cittadini è la provenienza del prodotto. L’acqua, infatti, viene presa direttamente dall’acquedotto: come se aprissimo il nostro rubinetto di casa e riempissimo la nostra borraccia (una soluzione di gran lunga più sostenibile).

I brick sono stati destinati alla Protezione Civile per la distribuzione ai cittadini in caso di necessità, oppure ad alcuni eventi in corso sul territorio di Milano (come concerti, manifestazioni culturali e sportive), o ancora per i bisogni interni degli uffici del Comune milanese.

Per l’assessora all’Ambiente e Verde del comune di Milano, Elena Grandi, dietro l’iniziativa si cela anche un valore sociale, ovvero sensibilizzare operatori, turisti e cittadini al consumo dell’acqua del rubinetto, potabile e a km zero, riducendo allo stesso tempo il consumo della plastica.

Ma, come abbiamo già visto, non sempre il brick è sinonimo di sostenibilità. Il paradosso, quindi, è imbottigliare (o im-brickettare) un prodotto accessibile gratuitamente a tutti in contenitori che, una volta utilizzati, dovranno essere gettati via e riciclati.

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di Giacomo Talignani 4 min lettura