Futuro

Sempre più relitti emergono dagli abissi: colpa (anche) della crisi climatica

Le tempeste provocate dal climate change erodono le coste, smuovono i fondali e portano alla luce antiche navi nascoste. Giocano un ruolo fondamentale anche le nuove tecnologie per la scansione oceanica
Credit: Adventures ofmaldives 
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6 maggio 2024 Aggiornato alle 20:00

Al giorno d’oggi vengono ritrovati molti relitti, molto più rispetto al passato. A sostenerlo sono gli esperti che lavorano nel mondo dell’esplorazione degli abissi marini. Sono state ritrovate, per esempio, navi leggendarie, tra cui l’Endurance, la nave di Ernest Shackleton che affondò nell’Antartico nel 1915; oppure l’Ironton, una chiatta che trasportava 1.000 tonnellate di grano quando affondò nel Lago Huron nel 1894.

A riportarlo è un articolo del New York Times; come ha detto James P. Delgado, archeologo subacqueo di Washington, «Sempre più persone prestano attenzione a questo scenario. Siamo in una fase di transizione e proprio ora sta iniziando la vera esplorazione oceanica e delle profondità marine». A fronte di un maggior numero di ricerche attive, tuttavia, il numero di relitti ritrovati è in aumento anche per altre motivazioni.

Il cambiamento climatico gioca un ruolo importante, ritengono gli esperti: per esempio, tempeste sempre più frequenti e potenti che erodono le coste, permettono un ritrovamento più semplice delle navi affondate. Ne è un esempio un relitto del XIX secolo che è emerso nella sezione di Cape Ray, a Terranova, diversi mesi dopo che l’uragano Fiona ha colpito il Canada, generando un certo scalpore nella piccola comunità di circa 250 persone.

Nel 2020, invece, una coppia che camminava lungo una spiaggia a St. Augustine, in Florida, ha notato travi di legno e bulloni che sporgevano dalla sabbia. Gli archeologi hanno affermato che i pezzi erano, molto probabilmente, i resti della Caroline Eddy, una nave costruita durante la Guerra Civile che affondò nel 1880. Probabilmente i resti sono emersi a causa dell’erosione costiera causata dalla tempesta tropicale Eta del 2020, dall’uragano Matthew del 2016 e dall’uragano Irma del 2017.

Queste scoperte potrebbero diventare più comuni, ha ammesso Delgado: «Mentre l’oceano si alza, porta alla luce oggetti che sono stati sepolti o nascosti per più di un secolo». Il cambiamento climatico ha quindi intensificato le tempeste e l’erosione delle spiagge, esponendo i relitti di navi in ​​acque poco profonde.

Oltre a questo, la tecnologia ha reso più semplice e meno costosa la scansione del fondale oceanico. Per questo, sempre più persone stanno esplorando l’oceano sia per ricerche e iniziative commerciali, che per il valore storico dei relitti e dei tesori sommersi. I robot che nuotano liberamente, noti come veicoli sottomarini autonomi, sono molto più comuni rispetto a molti anni fa e riescono ad analizzare ampi tratti del fondale oceanico senza dover essere legati a una nave da ricerca. A confermalo è J. Carl Hartsfield, direttore e responsabile del programma senior dell’Oceanographic Systems Laboratory presso la Woods Hole Oceanographic Institution nel Massachusetts, che ha aggiunto: «I veicoli telecomandati possono viaggiare per 25 miglia sotto la calotta glaciale nelle regioni polari e le immagini satellitari possono rilevare i sedimenti che si muovono intorno a loro».

Secondo Hartsfield, «La tecnologia ha più capacità, è più accessibile per i budget della scienza. È possibile campionare aree sempre più grandi dell’oceano a costi contenuti». Jeremy Weirich, direttore dell’esplorazione oceanica presso la National Oceanic and Atmospheric Administration, ha affermato che la diffusione dell’uso dei sistemi di telepresenza, che trasmettono immagini del fondale oceanico a chiunque disponga di una connessione internet, ha consentito a più persone di esplorare e scoprire i relitti in tempo reale. Inoltre, David L. Mearns, scienziato marino ed esploratore, ha spiegato che la digitalizzazione degli archivi ha reso più facile trovare e consultare documenti storici.

Non è raro che le scoperte generino controversie legali. I reclami privati ​​su una nave affondata possono essere contestati da Nazioni o assicuratori. La Spagna, per esempio, ha difeso la sua proposta di mantenere la proprietà di una nave spagnola che fu affondata dagli inglesi nel 1804 dopo che una compagnia americana trovò il relitto al largo del Portogallo nel 2007 e portò il suo tesoro di monete d’oro e d’argento a un Magazzino della Florida. La Convenzione dell’Unesco sulla protezione del patrimonio culturale sottomarino, adottata nel 2001, ha cercato di proteggere i relitti dai saccheggiatori, sostenendo che i Paesi dovrebbero preservarli “a beneficio dell’umanità”.

Mentre i cacciatori di tesori continuano a esercitare il loro mestiere, a loro si sono aggiunte iniziative più commerciali e di ricerca che hanno ampliato il regno dell’esplorazione delle profondità marine. Weirich ha affermato che nel corso degli anni sono stati rinvenuti più relitti, in gran parte a causa delle società private che effettuavano rilevamenti per locazioni di petrolio e gas, cavi e condutture. Sempre più gruppi di ricerca privati ​​stanno ispezionando il fondale degli oceani, favorendo l’avvicinamento degli scienziati all’obiettivo di mappare l’intero fondale marino entro il 2030.

Per esempio, la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) collabora con lo Schmidt Ocean Institute, un gruppo di ricerca senza scopo di lucro fondato da Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google, e sua moglie Wendy Schmidt, con l’Ocean Exploration Trust, organizzazione no-profit fondata da Robert Ballard, che guidò la spedizione che trovò il Titanic nel 1985, con OceanX, una società di esplorazione oceanica fondata dall’investitore Ray Dalio e dal figlio Mark.

Sembra che il campo dell’archeologia subacquea sia in fase di espansione: a oggi risultano esserci anche più programmi di laurea che formano archeologi interessati a individuare navi affondate per il loro valore storico.

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