Ambiente

Chi difende i tesori del Mediterraneo?

LIFE Pinna e LIFE Conceptu Maris sono due innovativi progetti europei per proteggere alcune delle specie più carismatiche (e a rischio) del Mare Nostrum
Difficilissimo da vedere, dal corpo appiattito e trasparente con sfumature arancioni: ecco l’inquilino della conchiglia di Pinna nobilis, il gamberetto Pontonia pinnophylax. Il piccolo crostaceo trova rifugio tra le valve del mollusco e particelle di cibo sul suo mantello, mentre la nacchera di mare sfrutta il gamberetto come sentinella all’avvicinarsi di un pericolo.
Difficilissimo da vedere, dal corpo appiattito e trasparente con sfumature arancioni: ecco l’inquilino della conchiglia di Pinna nobilis, il gamberetto Pontonia pinnophylax. Il piccolo crostaceo trova rifugio tra le valve del mollusco e particelle di cibo sul suo mantello, mentre la nacchera di mare sfrutta il gamberetto come sentinella all’avvicinarsi di un pericolo. Credit: Pagina Facebook di Life Pinna

Oltre 2600 anni fa, sulla sponda turca dell’Egeo, il filosofo Talete discettava sui miti del mare, celebrando l’acqua su cui galleggia la terra come arché, il principio primo di tutte le cose. A raccogliere il testimone del pensatore antico sono oggi i ricercatori delle moderne scienze marine che, evidenze empiriche alla mano, non si stancano di ricordarci che proteggere il mare e la sua biodiversità deve essere la nostra priorità. Perché le specie rare sono cruciali per il funzionamento degli ecosistemi, perché solo la sua corretta gestione ci permette di garantire l’approvvigionamento alimentare del genere umano, e, non da ultimo, perché il mare è una fucina di ossigeno e un enorme serbatoio di CO2 che determina il clima del pianeta.

Moniti che diventano ancor più attuali per il Mare Nostrum, ormai tra i bacini più inquinati e trafficati del globo. La buona notizia è che nei mesi scorsi sono partiti due importanti progetti finanziati dal programma LIFE dell’Unione Europea (lo stesso strumento che negli ultimi trent’anni ha permesso di migliorare le condizioni di molti habitat e specie a rischio, tra cui l’orso bruno, la foca monaca, il lupo e centinaia di uccelli) con l’obiettivo di prendersi cura di alcune specie tra le più carismatiche del Mediterraneo: i cetacei, le tartarughe marine e la nacchera di mare, Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande dei nostri fondali, portato in pochi anni sull’orlo dell’estinzione da un’epidemia globale.

Nuove strategie di conservazione

Alle due iniziative, LIFE Conceptu Maris (CONservation of CEtaceans and Pelagic sea TUrtles in Med: Managing Actions for their Recovery In Sustainability) e LIFE Pinna (Conservation and re-stocking of the Pinna nobilis in the western Mediterranean and Adriatic sea), prenderanno parte importanti enti di ricerca italiani e internazionali, a cominciare dai due partner capofila, rispettivamente Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, e Arpal, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Liguria.

«I due progetti hanno una genesi comune, basata sulla volontà di mettere in campo strategie di conservazione di specie minacciate utilizzando le politiche europee più avanzate e coinvolgendo sin da subito le istituzioni e un grande parterre di stakeholder, portatori di interesse influenti come le compagnie di navigazione, le capitanerie di porto e le Regioni, affinché le azioni diventino davvero efficaci», spiega Stefano Picchi, direttore esecutivo di Triton Research, società che da anni si dedica alla conservazione del mare e che per entrambi i progetti è responsabile delle attività di divulgazione e sensibilizzazione, oltre che della loro gestione.

«Essere in costante contatto con le realtà che vivono il mare - continua Picchi - ci ha permesso di individuare due ambiti come prioritari e quindi investire in questi due progetti di conservazione e monitoraggio e, nel caso di Pinna nobilis, anche di ripristino di una specie a rischio».

In mare aperto con cetacei e tartarughe

Partendo dal Tirreno meridionale, per i prossimi quattro anni i ricercatori che partecipano a LIFE Conceptu Maris valuteranno gli effetti negativi provocati su cetacei e tartarughe dalle attività dell’uomo, ovvero gli attrezzi da pesca abbandonati, il traffico marittimo e le plastiche galleggianti, e lo faranno grazie a tecnologie all’avanguardia, come il rilevamento di microscopiche tracce di DNA in acqua disperse in acqua dagli animali (environmental DNA), l’impiego di sensori a scafo installati sulle chiglie dei traghetti commerciali per la raccolta dei dati ambientali, l’analisi di isotopi stabili di carbonio e azoto per chiarire la struttura della catena alimentare sott’acqua e i fondamentali monitoraggi visivi dai traghetti di fauna e marine litter.

Grazie ai dati raccolti sulla distribuzione delle specie e sulle loro preferenze ecologiche, gli scienziati identificheranno poi i siti più importanti per la loro conservazione (zone “cuscinetto”, corridoi ecologici) e, di conseguenza, anche l’approccio più efficace per la loro sorveglianza a lungo termine.

Alla ricerca degli ultimi esemplari di Pinna

Se LIFE Conceptu Maris sarà attivo lungo le rotte dei traghetti, dunque in mare aperto, i ricercatori che partecipano a LIFE Pinna batteranno, invece, i fondali sabbiosi e le praterie sottomarine di posidonia sotto costa alla ricerca delle grandi conchiglie degli ultimi esemplari vivi di Pinna nobilis. Endemica del Mediterraneo, è una specie che ricopre un importante ruolo per tutto l’ecosistema costiero, riduce l’erosione dei fondali e migliora la qualità delle acque. A partire dal 2016 le sue popolazioni sono state decimate, con mortalità che hanno raggiunto anche il 100%, da un’infezione provocata da microrganismi e ora si trova classificata come Critically Endangered (in pericolo critico) nella lista rossa della IUCN.

LIFE Pinna punta a proteggere e monitorare le popolazioni sopravvissute, ma anche a recuperare la specie. I molluschi dell’Alto Adriatico, dove alcune popolazioni di Pinna sono sopravvissute, saranno infatti oggetto di una accurata indagine, anche genetica, per capire i motivi della loro resistenza ai patogeni. In una seconda fase le larve dei bivalvi resistenti saranno prelevate e cresciute in cattività, con lo scopo di favorire il ripopolamento dei siti più idonei.

Uno degli obiettivi principali del progetto è proprio riuscire a riprodurre il mollusco in cattività, utilizzando procedure pionieristiche, sperimentate per altre specie di molluschi ma mai prima d’ora con Pinna nobilis. Sarà quindi messo a punto un protocollo per tutte le fasi, dalla ricerca all’allevamento in cattività fino alla reintroduzione in natura, e saranno avviate iniziative di iniziative di citizen science per coinvolgere i subacquei nel monitoraggio della specie.

Leggi anche
Inquinamento
di Alberto Casti 3 min lettura
animali
di Giacomo Talignani 2 min lettura