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Quali sono le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia?

Il libro di Fondazione Nilde Iotti è un viaggio dagli anni ‘40 a oggi alla scoperta delle battaglie e delle vittorie delle italiane, a partire dal diritto di voto
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8 marzo 2024 Aggiornato alle 11:00

All’Assemblea costituente del 1946 furono 21 le donne elette, su un totale di 506 componenti: 9 provenivano dalle liste della Democrazia Cristiana, 9 dalle liste del Partito Comunista, 2 dalle liste socialiste e 1 dal partito dell’Uomo Qualunque.

Ed è proprio dalle origini che parte Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, il libro della Fondazione Nilde Iotti che traccia il percorso di battaglie e conquiste delle e per le donne nel corso della storia sociopolitica del nostro Paese.

Attraverso oltre 100 leggi, questo manuale offre un affresco dettagliato degli sforzi e delle lotte delle cittadine italiane per ottenere diritti fondamentali come il divorzio, l’interruzione volontaria di gravidanza, la conciliazione famiglia-lavoro, gli asili nido e molte altre normative che hanno trasformato la nostra società.

Curato da Livia Turco, Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia non è solo una raccolta di leggi italiane, ma una preziosa testimonianza di come il femminismo abbia plasmato il tessuto della società, aprendo la strada a una maggiore giustizia e uguaglianza per tutte e per tutti.

Dagli albori a oggi: le leggi che hanno segnato la Storia

Partiamo proprio dagli anni ’50, quando la senatrice Lina Merlin ebbe il coraggio di presentare la legge che vietava le case chiuse: la norma, approvata nel 1958, rappresentava una sfida diretta al potere maschile e alla segregazione femminile, dando il via alla lotta contro lo sfruttamento della prostituzione.

E dopo, gli anni ’70 furono ricchi di traguardi. Il decennio fu “inaugurato” con la legge sul divorzio, che porta il nome di Loris Fortuna e Antonio Baslini: fortemente voluta dalla sinistra e dai liberali e osteggiata da Dc - Democrazia Cristiana e Msi - Movimento Sociale Italiano, è considerata la legge che apre la grande stagione dei diritti e del femminismo, costruendo una nuova visione del matrimonio e dei diritti post-matrimoniali.

Nel 1971, la legge per la tutela delle lavoratrici madri rappresentò un salto in avanti nella protezione delle donne durante la maternità. Questa norma, proposta da Tina Anselmi, prevedeva il divieto di licenziamento in gravidanza e congedi retribuiti per le neo-mamme, garantendo maggiore sicurezza e stabilità alle donne nel mondo del lavoro.

Ancora, nel 1975, la legge sul diritto di famiglia portò a una rivoluzione nella struttura famigliare italiana: voluta da Nilde Iotti e Giglia Tedesco, la norma riconobbe la completa parità tra moglie e marito, abbandonando il concetto di “capofamiglia” e garantendo diritti giuridici uguali per entrambi i coniugi.

Sempre del 1975, l’approvazione della legge sui consultori famigliari, che sancì un passo in avanti nella salute riproduttiva delle donne italiane: questi centri, infatti, offrivano assistenza sulla contraccezione e sulla procreazione responsabile, permettendo alle donne di accedere a informazioni e servizi fondamentali per la loro salute e il loro benessere.

Nel 1978 la legge 194, approvata il 22 maggio, decretò uno stop all’aborto clandestino, rendendo l’interruzione volontaria di gravidanza un diritto di tutte le donne. Una battaglia combattuta in prima linea dai Radicali che, con il sostegno della Sinistra e l’opposizione della Destra e della Dc, ottenne un successo assoluto.

Un importantissimo passo fu fatto, poi, nel 1981, con l’abolizione del diritto d’onore. La vicenda che ha portato a questa norma inizia nel lontano 1966, quando la 19enne siciliana Franca Viola rifiutò il matrimonio riparatore con l’uomo che l’aveva violentata, facendolo condannare a 11 anni di carcere. Un piccolo grande traguardo, ma ci vollero ancora 15 anni prima che il parlamento abrogasse l’articolo 544 del codice penale di stampo fascista, il Codice Rocco, secondo cui il matrimonio estingueva il reato di violenza sessuale.

Passando agli anni ’90, nel 1996 la legge sulla violenza sessuale portò a un cambiamento radicale nel trattamento legale dello stupro: questa norma, approvata grazie alla dura battaglia delle donne, lo rese un reato contro la persona anziché contro la morale, garantendo una maggiore tutela alle vittime.

Nuovo millennio, nuova legge: il 2000 vide l’introduzione della legge sulla conciliazione vita-lavoro. Voluta da Livia Turco, questa norma, dedicata al sostegno della maternità e della paternità, favorì la conciliazione tra vita famigliare e vita lavorativa, introducendo congedi parentali anche per i papà, promuovendo una maggiore equità di genere nel mondo del lavoro.

Ma quella delle donne è una battaglia che continua ancora oggi: tra gli interventi più recenti, ricordiamo il Codice Rosso, una manovra che rappresenta un intervento cruciale nella lotta contro i femminicidi, inasprendo le pene per la violenza contro le donne e istituendo l’obbligo per il pubblico ministero di ascoltare le vittime entro 3 giorni dalla denuncia, accelerando la reazione giudiziaria.

Queste (e altre) leggi non sono soltanto testi giuridici, ma raccontano storie di coraggio, determinazione e lotta per una società più equa e più giusta; rappresentano le voci delle madri costituenti, dei movimenti femminili, delle figure politiche e di quelle donne che hanno sfidato il sistema per difendere i propri diritti e quelli di tutte le altre compagne.

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