Diritti

Violenza sessuale: cos’è il #metoogarçons?

La denuncia dell’attore francese Aurélien Wiik, che ha raccontato di aver subito abusi quando aveva 11 anni, ha spinto molti altri uomini a condividere le loro storie
Credit: Roman Denisenko
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
27 febbraio 2024 Aggiornato alle 18:00

“Avevo 11 anni. Dall’età di 11 a 15 anni, ho subito abusi da parte del mio agente e di altre persone intorno a lui”. Comincia così la confessione che l’attore francese Aurélien Wiik ha scritto suo profilo Instagram.

In quelle righe non c’è solo il racconto degli abusi subiti e della denuncia che ha portato il colpevole in carcere: Wiik, infatti, ha lanciato l’hashtag #metoogarçons, invitando altri uomini a raccontare le loro storie. E loro lo hanno fatto.

Non solo chi ha subito molestie e violenze nel mondo del cinema (raccogliendo anche l’invito che l’attrice Judith Godrèche ha fatto dal palco dei César e quello del direttore del casting Stéphane Gaillard che ha creato l’indirizzo metooacteur@gmail.com a cui inviare le testimonianze), ma anche politici e persone comuni.

“Non possiamo riprenderci dall’essere stati vittime, ma possiamo ripararci, lentamente, e diventare anche deputati. Ho subito abusi quando avevo 3 o 4 anni da un predatore, che da allora è morto senza alcuna possibilità di giustizia - ha scritto il deputato de La France Insoumise Andy Kerbrat sul suo profilo X - Ma, da vittima a vittima, le cose miglioreranno. Le persone ti credono e ti amano (nel mio caso è stato grazie ai miei genitori). Otterrai grandi cose, quindi continua a esprimerti. Se puoi, vai in tribunale. Non guariamo, ma ripariamo noi stessi. Insieme”.

Tra le testimonianze ci sono racconti di abusi fatti da persone in posizioni di potere, partner, sconosciuti. Soprattutto, però, c’è la violenza di chi a quei racconti non ha creduto, che li ha censurati ancora prima che venissero condivisi perché il tabù sulla violenza sessuale sugli uomini è inscalfibile. Perché romperlo significherebbe in qualche modo rompere il monolite granitico della “virilità”. Per cui è inaccettabile che un uomo sia stuprato, spogliato del suo potere e del suo ruolo. Che sia sottomesso. Non crediamo alle donne quando lo raccontano, figuriamoci agli uomini.

Perché se a commettere l’abuso è una donna “sono fortunati”, un po’ quello che diciamo alle ragazze brutte o grasse che denunciano una violenza. Perché se hanno avuto un’erezione allora lo volevano. Perché “è impossibile stuprare un uomo”.

“A 13 anni sono stato violentato da uno sconosciuto che non avevo mai visto mentre uscivo da scuola - ha scritto un utente su X - Ho avuto il coraggio di provare ad andare alla polizia, da solo, e ho ottenuto solo: smettila di mentire; i ragazzi violentati non esistono. E non dimenticherò mai queste parole”.

Significativamente, traducendo i post dal francese “j’ai èté violé (sono stato violentato)” diventa “sono stata violentata”. Perché nemmeno a livello di linguaggio vogliamo ammettere che anche gli uomini subiscono violenza, anche se, diciamolo subito e chiaramente, in una percentuale estremamente contenuta rispetto alle donne.

I numeri ce lo dicono chiaramente: c’è una enorme sproporzione di genere. Secondo i dati del ministero dell’Interno, le vittime di violenza sessuale fuori dal contesto familiare nel 2021 erano per l’86% donne. Ma anche tra le mura di casa, a subire le molestie e gli abusi sono quasi sempre donne e ragazze: il 77% quando si tratta di violenza fisica e l’85% per violenza sessuale, secondo l’Institut National de la statistique et des ètudes èconomiques (Insee).

La violenza maschile sulle donne è sistemica e culturale. E non dobbiamo dimenticare, mai, che 1 donna su 3 subisce violenza nel corso della propria vita, solo per il fatto di essere una donna. Ma è proprio in quel sistema e in quella cultura che affonda anche la negazione della violenza sessuale sugli uomini, sfruttata come spauracchio quando si vuole minimizzare la violenza di genere al grido di “e allora gli uomini? Anche loro subiscono violenza!!!” ma evitata quando se ne parla davvero.

Sì, perché quando gli uomini raccontano i loro vissuti di violenza, la risposta degli altri uomini “veri” è diniego, disprezzo, ridicolizzazione. E sono quasi sempre le donne, comprese le femministe “brutte e cattive” che odiano gli uomini, a rispondere “io ti credo”.

“Prendo un po’ di coraggio per sfogliare #MeToogarçons e scrivere le mie poche verità. Sono stato vittima a 7 anni di un uomo in una posizione di potere e dominio. Mai una donna ha negato o minimizzato il dolore da me espresso. Gli unici che ne ridevano erano gli uomini”.

“Chi usa le testimonianze di #MeToogarcons per fare confronti, competizione con #MeToo o con le donne che testimoniano, non stiamo insieme questo è chiaro. Non potrò mai ringraziare abbastanza le femministe che sono state le poche a sostenermi”.

“Grazie per aver parlato. E la stessa cosa, quando sono stato violentato e aggredito, dov’erano i maschilisti e i ‘non si parla dello stupro degli uomini’? In un luogo inesistente. Le donne femministe erano le uniche presenti ad ascoltarmi e a credermi” (anche in questo caso, nella traduzione “quand je me suis fait violer et violenter” diventa “quando sono stata violentata e aggredita”).

Queste sono alcune delle testimonianze condivise su X. Dietro non ci sono solo retaggi e stereotipi patriarcali, tonnellate di mascolinità tossica e incapacità di leggere la realtà al di fuori degli schemi con cui siamo cresciuti. C’è anche un altro dato: che a commettere violenza sugli uomini sono quasi sempre altri uomini. È così in Francia dove, secondo i dati del 2021, nel 96% dei casi di violenza sessuale fuori dalla famiglia i colpevoli sono uomini. Ed è così anche in Italia: secondo la ricerca Istat Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro, nel caso di vittime maschili il colpevole è un uomo in quasi 9 casi su 10 (l’85,4%). Per le donne, la percentuale sale al 97%.

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