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Violenza di genere: (non) “Era una brava persona”

Il saggio di Emanuele Corn, Leandro Malgesini e Ivan Pezzotta offre una prospettiva psicologica, sociologica e giuridica sulle responsabilità maschili (individuali e collettive) degli abusi contro le donne. Per sfatare stereotipi e sfidare il patriarcato
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15 febbraio 2024 Aggiornato alle 13:00

“Il mostro”, “il branco”. Quel vicino che sembrava tanto una “bella persona”.

Oggi l’uomo che commette violenza di genere è ancora visto dalla narrazione (mediatica e non) dominante come la mela marcia, l’eccezione disumana in una società sana. E se da tempo nell’universo femminile questa teoria è sempre più contrastata, sul versante maschile le voci sono ancora troppo fioche e poco strutturate, anche se in crescita.

Eppure, mai come oggi, servirebbe un movimento di autocoscienza maschile per analizzare le distorsioni permanenti nella nostra società patriarcale senza cadere nelle solite banalità. Il libro Era una brava persona (Il Margine, 296 pagine, 17,50 euro) ha provato a farlo.

Gli autori hanno percorsi professionali molto diversi: Emanuele Corn insegna Diritto penale e violenza di genere presso l’Università di Antofagasta (Cile), Leandro Malgesini, sociologo, studia da diversi anni le maschilità mentre Ivan Pezzotta è psicologo psicoterapeuta a orientamento sistemico e si occupa di mascolinità e intervento con uomini autori di violenza.

La varietà delle loro esperienze è un’anticipazione della vastità dei temi che la violenza di genere porta con sé e che, di conseguenza, vengono affrontati nel libro. Partendo da un aneddoto che coinvolge uno dei poeti più importanti del ‘900, Pablo Neruda, gli autori mettono a nudo la presenza della violenza patriarcale nella nostra società. Una presenza che, come spiegato nel libro, ha radici già nella nostra infanzia e nel modo in cui gli adulti socializzano i bambini. Un’analisi che dimostra “che siamo di fronte a un grave problema sociale e non alla somma di ‘sfortunati casi isolati’”.

Scorrendo le pagine ci si rende conto di quanto gli uomini siano incapaci di riconoscere la propria violenza e di come ancora oggi lo sguardo sia più focalizzato sulla donna che si deve “salvare” e non sull’uomo che non deve commettere determinate azioni.

Analizzare il rapporto tra i sessi da un punto di vista maschile critico, nel 2024, significa anche conoscere la storia di chi ci ha preceduto. Ecco quindi che può essere utile sapere qualcosa in più di movimenti poco conosciuti al grande pubblico, come i liberazionisti nati negli anni ‘60. Il loro nome dice già molto di come liberarsi del patriarcato significhi anche liberare gli uomini dalle catene sociali che spesso imprigionano le loro emozioni.

Il fatto che questa discussione sia iniziata già 50 anni fa è molto interessante per capire come l’esigenza della liberazione maschile non sia un bisogno inventato negli ultimi anni, ma anche per riflettere sul perché queste teorie non siano ancora popolari.

Era una brava persona non fa sconti: mette in luce le criticità anche del sistema giudiziario e politico, ma anche i limiti dello stesso sistema che si occupa di aiutare gli uomini autori di violenze. La politica in particolare sembra essere interessata solo a misure che puniscano più duramente determinati comportamenti senza però riuscire effettivamente a individuare i motivi dietro questi eventi e a intervenire per prevenirli. Anche la letteratura scientifica è ancora carente in diversi punti.

Tutto da buttare quindi? In realtà alcuni risultati ci sono. Per esempio “esistono in letteratura positive e utili esperienze di intervento con coppie in cui vi sono stati episodi di violenza”. Una prova che la mascolinità nella nostra società può cambiare se si interviene adeguatamente. Ridisegnare i nostri modelli è sempre meno rimandabile. Leggere libri come Era una brava persona può essere un buon punto di partenza.

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