Diritti

Ecco come alcuni uomini lottano contro il patriarcato

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin sono nati nuovi gruppi di autocoscienza maschili, mentre quelli già esistenti hanno visto crescere i propri membri. La Svolta ha raccolto qualche testimonianza
Credit: Via instagram.com/@mica.macho
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15 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

La lotta contro il patriarcato inizia a interessare anche gli uomini. Incoraggiate dal dibattito che il caso Cecchettin ha provocato, nell’ultimo periodo sono sempre di più le nuove realtà che si pongono il problema, anche da un punto di vista maschile, di decostruire la cultura che ha finora plasmato il rapporto tra i sessi nella nostra società. “I decostruttori” sono uno degli esempi maggiori di questo nuovo movimento in fieri.

«In seguito al femminicidio di Giulia Cecchettin ho letto moltissimi pensieri, quasi tutti di donne. E mi sono detto: “Ma noi uomini cosa stiamo facendo?”. Così insieme ad altre persone abbiamo creato un canale Telegram dedicato semplicemente all’autocoscienza. Si tratta di un gruppo in cui tutti possono scrivere i propri pensieri su temi come le molestie - spiega a La Svolta uno dei fondatori di questa nuova realtà (che preferisce rimanere anonimo - Il nostro obiettivo è confrontarsi senza filtri. Tanto che gli admin del gruppo si occupano solo di questioni pratiche e non intervengono per moderare la discussione. Nella nostra ottica la moderazione deresponsabilizza, mentre noi vogliamo che tutti i membri si rendano conto di come bisogna porsi. La formula sta suscitando interesse: nell’arco delle prime 3 settimane si sono iscritte al gruppo 1.500 persone».

Il tema dell’assenza di leader è cruciale. «Crediamo molto nella necessità di non personalizzare questo tipo di temi. Queste lotte vanno combattute in modo collettivo e affidarsi a un capo rischia di essere pericoloso», spiega l’anonimo fondatore che, proprio per questo motivo, tiene al suo anonimato.

Su una posizione simile è anche il gruppo di Mica Macho, attivo da oltre 3 anni. «Dopo l’ennesimo caso di revenge porn sentivo il bisogno di fare qualcosa non in quanto “io Giacomo”, ma in quanto “io uomo”. Nel corso di questi 3 anni insieme agli altri membri abbiamo organizzato sessioni di autocoscienza, promosso sui social temi spesso considerati tabù tra gli uomini e siamo anche riusciti a sbarcare nel “mondo reale” organizzando eventi e pubblicando un nostro libro», racconta a La Svolta Giacomo, uno dei fondatori del gruppo. Anche lui ritiene concreto il rischio che «personalità forti, come oggi sono a esempio i content creator, finiscano col fagocitare la lotta e per questo Mica Macho cerca di rifuggire dallo schema del content creator che ti spiega la vita - afferma, aggiungendo che - Al tempo stesso l’influencer può essere utile per richiamare un pubblico su temi che altrimenti resterebbero senza voce».

Anche Mica Macho ha conosciuto un piccolo boom dopo il caso Cecchettin. «Oltre 1.500 persone hanno seguito una nostra diretta in cui semplicemente spiegavamo come organizzare gruppi di autocoscienza», spiega Giacomo che tiene a precisare come non si possa però sempre aspettare casi drammatici come quello di Cecchettin per ragionare da un punto di vista maschile su cosa sta succedendo: «A volte fortunatamente ci sono anche shock positivi. Come quando è stato esteso, anche se di poco, il congedo paterno oppure quando un calciatore come Claudio Marchisio ha iniziato a fare sui dei ragionamenti contro il patriarcato parlando a un pubblico, quello che segue il calcio, solitamente poco informato su questi temi».

Certo, le difficoltà non mancano. «A oggi quello maschile non è ancora un vero e proprio movimento. Siamo ancora una nicchia. In fase di espansione, ma pur sempre una nicchia», aggiunge Giacomo che ritiene il problema dei numeri un tema molto importante anche per chi, in questi movimenti, vuole confrontarsi con esponenti del femminismo. «Per decostruire il patriarcato è fondamentale l’interazione tra tutti perché la lotta passa anche dal confronto della comunità maschile con le donne o le persone queer. Anche qui però è difficile essere presi come un interlocutore serio visto che i nostri numeri sono molto più limitati rispetto a quelli del femminismo».

La strada insomma è ancora lunga. La buona notizia è che qualcuno sta iniziando a percorrerla.

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