Diritti

Groenlandia: contraccezione forzata per 4.500 donne

Un gruppo di 67 groenlandesi potrebbe far causa alla Danimarca: tra il 1966 e il 1970, i loro medici avrebbero impiantato la spirale anticoncezionale senza consenso, nel tentativo di ridurre la popolazione
Naja Lyberth, la prima donna che ha denunciato la sterilizzazione forzata
Naja Lyberth, la prima donna che ha denunciato la sterilizzazione forzata Credit: bbc.com 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 marzo 2024 Aggiornato alle 12:30

Aggiornamento del 5 marzo 2024

Lunedì 4 marzo un gruppo di 143 donne indigene della Groenlandia ha intrapreso un’azione legale contro la Danimarca, chiedendo un pagamento collettivo di quasi 43 milioni di corone danesi (5,7 milioni di euro) e affermando che i loro diritti umani sono stati violati quando sono state dotate di dispositivi contraccettivi intrauterini a loro insaputa o senza il loro consenso.

Articolo del 6 ottobre 2023.

67 donne groenlandesi potrebbero fare causa alla Danimarca. Il motivo? I medici avrebbero impiantato loro la spirale contraccettiva senza consenso.

Secondo quanto riferito, la contraccezione forzata, il cui obiettivo era ridurre la popolazione della Groenlandia, avrebbe interessato 4.500 donne tra il 1966 e il 1970. Alcune di loro avevano solo 12 anni all’epoca.

A Naja Lyberth, la prima donna che ha accusato lo Stato di sterilizzazione concordata, le è stata impiantata una IUD durante una visita medica scolastica, senza il suo consenso. Ci sono voluti 6 anni, però, perché la sua storia e quella di tantissime donne come lei attirasse l’attenzione del grande pubblico, grazie al podcast investigativo Spiralkampagnen (“La campagna IUD”) di 2 giornaliste della Deutsche Broadcasting Corporation (DR), Celine Klint e Anne Pilegaard Petersen.

Il podcast, pubblicato nel maggio 2022, ha rivelato come migliaia di donne e ragazze groenlandesi non abbiano mai dato il loro consenso informato alla IUD e come ad alcune donne sia stato addirittura impiantato dopo il parto a loro insaputa. Un ex medico in Groenlandia, Hans Jørgen Fenger, ha spiegato che il suo superiore in ospedale gli aveva detto che per un periodo di tempo le spirali venivano impiantate di routine su pazienti di sesso femminile senza che la paziente ne fosse a conoscenza o senza il suo consenso.

Un’altra fonte ha descritto come i medici scherzassero sul fatto che quando una donna consultava un dottore per un dito gonfio avrebbe lasciato la consultazione con la spirale impiantata.

Dopo la pubblicazione del podcast, un ginecologo ha detto alla Broadcasting Corporation della Groenlandia che ancora oggi si trovano dispositivi intrauterini in donne che non erano consapevoli della loro presenza. “Solo poche donne che hanno appena partorito hanno lasciato l’ospedale senza problemi, e lo stesso vale per le donne che hanno abortito”, spiegava in un articolo nel 1977 Jens Misfeldt, ex medico in Groenlandia.

Ora, alcune vittime vogliono giustizia: se il Governo rifiuterà la loro richiesta di risarcimento per una “violazione” che ha avuto gravi conseguenze sulle loro vite (quantificata in circa 40.000€) lo porteranno in tribunale. «I nostri avvocati sono assolutamente sicuri che i nostri diritti umani e la legge siano stati violati», ha detto Lyberth al Guardian, aggiungendo che, sebbene lei fosse riuscita ad avere un figlio, altre persone hanno scoperto di non essere in grado di concepire. «È stato come sterilizzare le ragazze fin dall’inizio».

Dopo l’impianto molte donne hanno riportato forti dolori, emorragie interne e infezioni addominali. Altre dovuto subire l’asportazione dell’utero o non sono state in grado di concepire o portare a termine la gravidanza. Sono state lasciate sole, senza le cure necessarie.

«È una questione profondamente tragica e le storie delle donne mi hanno colpito profondamente. È imperativo indagare a fondo sulla questione, motivo per cui un team di ricercatori sta attualmente conducendo un’indagine indipendente e imparziale», ha spiegato la ministra danese della Sanità e degli Interni, Sophie Løhde.

L’indagine (avviata dallo Stato danese e dal Naalakkersuisut, il Governo groenlandese) avrà il compito di analizzare quello che viene definito Coil case e altre pratiche di prevenzione della gravidanza attuate in Groenlandia tra il 1960 e il 1991; dovrebbe concludersi entro maggio 2025. Ma è troppo tardi, secondo Lyberth: le vittime, ha detto, non dovrebbero aspettare così a lungo per ottenere un risarcimento per le sofferenze che sono state costrette a subire.

«Possiamo stabilire i nostri limiti ora. Possiamo riprenderci le nostre risorse e lottare per l’uguaglianza. Non eravamo affatto uguali in Groenlandia quando ci hanno fatto questo. In Danimarca non avrebbero mai fatto una cosa del genere alle ragazze danesi», ha spiegato, aggiungendo che se le loro richieste non verranno prese sul serio «faremo causa al Governo in tribunale».

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