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Perché non esiste una pillola anticoncezionale maschile?

I numerosi effetti collaterali ritenuti inaccettabili per gli uomini affliggono le donne da decenni. Un articolo della Bbc spiega perché esiste un doppio standard anche nei metodi contraccettivi
Credit: Julia Zolotova
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
2 marzo 2023 Aggiornato alle 11:00

Recentemente è stata individuata una proteina in grado di stordire gli spermatozoi per 2 ore, rendendo chi la assume temporaneamente sterile. Potrebbe essere una svolta nel mondo della contraccezione, se solo non esistesse un doppio standard di genere anche tra i metodi utili a prevenire una gravidanza.

Come spiega l’articolo pubblicato dalla Bbc, negli ultimi 50 anni sono stati proposti numerosi metodi contraccettivi maschili, alcuni dei quali hanno raggiunto anche la fase di sperimentazione clinica sull’uomo. Ma nessuno ha mai visto davvero la luce per via dei loro effetti collaterali indesiderati, che però sono estremamente comuni tra le donne che assumono le versioni femminili dei farmaci. E nessuno se ne è mai preoccupato.

Già gli antichi greci avevano ideato un metodo per ridurre la fertilità degli uomini: riscaldare i testicoli. Le 2 ghiandole sessuali maschili, infatti, rimangono da 1 a 4 gradi più freschi rispetto al resto del corpo e anche un innalzamento della temperatura di pochi gradi può ridurre significativamente il numero di spermatozoi vitali (anche se non è del tutto chiaro il motivo).

E, così, uno dei primi metodi moderni di contraccezione maschile è stato il bagno caldo. Ma non era raccomandato dai medici e quindi venne abbandonato. Oggi i metodi contraccettivi per gli uomini sono due: il preservativo, che protegge dalla gravidanza nel 98% dei casi se usato correttamente, e la vasectomia, una procedura chirurgica che con la sua efficacia superiore al 99% è praticamente infallibile, ma permanente.

Altri metodi sono stati scartati a causa dei loro effetti collaterali: per capire perché questi siano molto meno accettabili per gli uomini, bisogna tornare alla fine degli anni ‘50, negli Stati Uniti. Il farmaco destinato alle donne, una combinazione di estrogeni e progesterone a dosi relativamente elevate, venne testato in una serie di esperimenti controversi in diversi Paesi. Nonostante le donne coinvolte fossero solo 1.500, la metà si ritirò dall’esperimento e tre morirono, il farmaco fu approvato dalla Food and Drug Administration nel 1960.

Solo 4 anni dopo, una confederazione internazionale di associazioni mediche, la World Medical Association, riconobbe la necessità di un nuovo codice di etica medica. Arrivo così la Dichiarazione di Helsinki, un codice concepito per proteggere i partecipanti alla ricerca e alle sperimentazioni. Ma arrivò tardi rispetto alla pillola contraccettiva combinata femminile, approvata in un periodo in cui le soglie di sicurezza per i farmaci erano più basse.

Anche se le versioni moderne sono considerate sicure per la maggior parte delle donne (senza contare i rari casi di pressione alta e coaguli di sangue), ci sono alcuni effetti collaterali meno gravi che non possono passare inosservati: sbalzi d’umore, nausea, mal di testa e tensione mammaria, oltre ai cambiamenti visibili sul proprio corpo, che riguardano muscoli e ritenzione idrica.

Considerando che è l’apparato riproduttivo femminile a consentire la riproduzione, è necessario «pensare a come i comitati etici valutano rischi e benefici in termini di sperimentazione». Ovvero: «Anche se c’è una coppia coinvolta, è la partner femminile a sostenere i rischi fisici di una possibile gravidanza», ha spiegato alla Bbc Susan Walker, professoressa associata di contraccezione e salute riproduttiva presso l’Anglia Ruskin University nel Regno Unito. Ed è per questo che «gli effetti collaterali scomodi sono [più] accettabili».

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo muore una donna ogni 2 minuti per complicazioni legate alla gravidanza e al parto. E poiché gli uomini non corrono questi rischi se scelgono di avere rapporti sessuali non protetti, gli standard di sicurezza dei contraccettivi che potrebbero assumere dovrebbero essere più alti.

Prendiamo le pillole contraccettive ormonali maschili: ne sono state sviluppate numerose versioni a partire dagli anni ‘70, quando venne esaminata la possibilità di aggiungere un secondo ormone all’iniezione di testosterone, che aveva dato risultati straordinari, il progesterone. Ma lo sappiamo, le terapie ormonali comportano una serie ben consolidata di effetti collaterali, tra cui acne, pelle grassa e aumento di peso. Per questo alcuni studi vennero interrotti a causa di reazioni indesiderate che però «non hanno sorpreso chi di noi si occupa di contraccezione femminile», sottolinea Walker.

E anche se esistono opzioni contraccettive non ormonali per gli uomini, tra cui un vaccino e una sorta di vasectomia temporanea (che in India ha raggiunto la fase finale dei test clinici), questi metodi possono risultare “poco attraenti” per alcuni uomini e, inoltre, mancano i finanziamenti: perché un’azienda farmaceutica dovrebbe investire in questi metodi quando quelli femminili funzionano “così bene”?

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