Diritti

L’alba a colori, un’alba che nessuno ha preparato

Tante cose sono cambiate negli ultimi quarant’anni nella vita d’ufficio, tranne gli organigrammi, sempre uguali e in bianco e nero. E se dessimo loro un po’ di colore?
Credit: RDNE Stock project
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24 febbraio 2024 Aggiornato alle 06:30

Ricordate un video che girava sui social un decennio fa? C’era una scrivania affastellata di oggetti: un fax, una bacheca, un block-notes, una calcolatrice, un vecchio schedario di indirizzi… e un computer. Poco alla volta il video progrediva in questo modo: gli oggetti scomparivano dalla scrivania trasformandosi in icone sullo schermo del computer, sul desktop, una sintesi davvero eloquente, lunga quaranta secondi, dell’inarrestabile avanzata digitale, dal 1980 al 2014. Quaranta secondi che corrispondevano a quasi quarant’anni di evoluzione informatica ma, soprattutto, di abitudini nella nostra vita d’ufficio.

Il video ci lasciava e lascia ancora senza parole e ci fa pensare che in quarant’anni è mutato davvero tutto. Ma non è così. C’è una cosa che in tutto questo tempo non è cambiata: l’organigramma. Simbolo del potere (patriarcale) maschile, ossia le piramidi del potere, qualcosa che non cambia da centinaia di anni, sia nella forma sia nella sostanza.

Ancora oggi, centinaia di parallelepipedi bianchi con un bordo nero si susseguono uno al fianco dell’altro in modo ordinato, progressivamente crescente, uniti tra di loro da sottili linee che li privano della possibilità di movimento e di qualsiasi libertà.

Non esiste una app come quelle che hanno preso il posto dei vecchi utensili del lavoro d’ufficio, come a esempio Excel o l’agenda, che abbia sostituito l’organigramma con uno schema digitale, dinamico, democratico (o social) che tenga conto, a esempio, delle continue variazioni produttive mensili o settimanali che animano un’organizzazione e che dovrebbero, di conseguenza, modificare ciclicamente la staticità di un organigramma. Competenze diverse, leadership diverse per problemi e momenti organizzativi diversi. Leader che diventano follower per tornare a essere leader a seconda dei micro-contesti in continua evoluzione.

Negli anni non è esistita neppure un’evoluzione degli organigrammi. Certo, gli studiosi delle organizzazioni salteranno sulla sedia leggendo queste parole, ricordando quanto le innovazioni degli organigrammi funzionali, matriciali, agili o “scrum” abbiano preso il sopravvento negli anni rispetto alla originaria formula piramidale. Ma nulla è cambiato rispetto ai colori, la forma e lo spirito degli organigrammi, nati per togliere identità alle persone, rappresentate come ruoli impersonali e incastonate come rettangolini pronti a essere occupati da una persona nuova e diversa, a condizione che rinunci alla propria diversità.

Oggi potremmo almeno colorarli. Immaginate se lo facessimo rispettando delle semplici regole, come a esempio usare un colore per indicare il tratto di personalità o lo stile di leadership dominante di quella persona. Probabilmente scopriremmo che le organizzazioni si colorano a chiazze e che il colore dei capi contamina e condanna le sub-organizzazione e le rende simili per colore. Diversi per tonalità e sfumature ma dello stesso blu, rosso o verde.

Siamo ancora lontani secoli dalla celebrata “diversità” e tendiamo ancora a consentire ai capi di proteggere e riprodurre collaboratori con caratteristiche simili a quelle proprie, invece di avere gruppi caleidoscopici, formati da persone variegate in grado di fornire punti di vista diversi che aiutino a trovare soluzioni alternative.

Noi vogliamo organizzazioni colorate, ma non a chiazze. Vogliamo gruppi dove trionfi la diversità per rendere possibile quella parola “plurale” di cui tutti i giorni ci riempiamo la bocca in ambito Risorse Umane. Siamo all’alba del 1977, quando nacque in Italia la tv a colori. Possiamo restare con i vecchi apparecchi oppure iniziare a sognare un mondo HR (human resources) che diventi a colori e forse, un giorno, anche HD (human development).

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