Diritti

Quanto è greedy il tuo lavoro?

Si definisce così un impiego che avidamente ti toglie qualcosa, che sia il tempo, l’energia o la spensieratezza. Un’occupazione a cui dire basta. La Gen Z l’ha capito e si sta ribellando. E noi dobbiamo aiutarla
Credit: MART PRODUCTION.     

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15 dicembre 2023 Aggiornato alle 06:30

Greedy, in italiano, significa “ingordo” o “avido” ma, attenzione: non sto domandando se sei avido o ingordo di lavoro. Piuttosto, se il tuo lavoro sia avido e ingordo di te o di quel bene che Seneca consigliava di gestire con parsimonia, di non sprecare mai: il proprio tempo.

Un greedy work è un lavoro che - avidamente - ti toglie qualcosa. A partire dal tempo. Non ti fa solo lavorare di più delle ore che dovresti (sic!) ma ti costringe a essere sempre all’erta, a rispondere con immediatezza a chiamate estemporanee di un capo o di un cliente, ad avere sempre e solo lui in testa, a non poter pianificare la vita privata perché il lavoro ha la priorità.

E non importa come questo si manifesti, se con una email a notte fonda, un messaggino nel fine settimana, una telefonata durante la cena con la famiglia, una riunione fissata oltre l’orario. In ciascuno di questi casi il tuo lavoro è “ingordo di te”!

L’espressione greedy works - resa popolare da Claire Cain Miller in un articolo sul New York Times del 2019 dal titolo Work in America is Greedy. But it doesn’t have to be - nei prossimi mesi potrebbe essere sempre più al centro dell’attenzione, grazie alle opere della Premio Nobel per l’economia 2023 Claudia Goldin, che lo ha posto anche in relazione al gender gap.

L’equazione è semplice: i greedy works spaventano le donne che hanno carichi di cura e sono alla base del blocco di molte carriere femminili.

Capiamoci però. Non esistono in assoluto lavori greedy: esistono invece modalità di lavoro greedy. Provo a dirlo ancora meglio: esistono capi e culture organizzative decisamente greedy, che pongono le persone davanti al bivio: rinunciare a una parte di sé oppure scappare via.

Greedy è libertà ridotta, una prigione di sensi di colpa e adrenalina che incastra le persone. Diceva un mio amico che la carriera si costruisce restando dopo le 18 in ufficio per parlare di come organizzare le guerre tra “bande” e le partite di calcetto. Oggi, aggiungerei, a parlare dell’amore ricambiato e reciproco con il nostro greedy work.

La Gen Z è contraria alle modalità di lavoro greedy. Come dargli torto? Ha la possibilità - per la prima volta - di rompere l’incantesimo e spezzare questo gioco nocivo, a beneficio di tutti, uomini e donne, capi e collaboratori. Speriamo ci riescano, ma meglio non lasciarli soli. Non possiamo limitarci a fare solo il tifo, li dobbiamo aiutare.

Il nostro impegno sarà di conoscere, studiare e approfondire le dinamiche del greedy work. Insieme dobbiamo riconoscere i capi e le culture organizzative greedy e definire rapidamente pratiche, strumenti e norme che consentano di contrastare questo sgradevole, obsoleto e nocivo fenomeno.

In una frase, dobbiamo dire: basta ai lavori all’ultimo greedy!

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