Diritti

Kenya: la storia della “setta del digiuno”

Il predicatore radicale Paul Mackenzie è accusato di aver incoraggiato i suoi seguaci a morire di fame per “raggiungere Gesù”: nella foresta di Shakahola sono stati ritrovati più di 400 cadaveri
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6 marzo 2024 Aggiornato alle 07:00

Nella foresta di Shakahola, a ovest di Malindi, in Kenya, sono stati ritrovati 191 corpi di bambini. La maggior parte sono morti perché costretti a patire la fame, ma ci sono stati anche casi di strangolamento, soffocamento o aggressioni.

Per la loro uccisione l’Alta corte di Malindi ha incriminato il predicatore radicale Paul Nthenge Mackenzie, fondatore della setta religiosa di ispirazione cristiana Good News International Ministries insieme ad altri 29 collaboratori.

Da quando sono iniziate le indagini su quella che è stata chiamata “la setta del digiuno” sono stati riesumati i cadaveri di 429 persone tra adulti e bambini, ritrovati dentro decine di tombe e fosse comuni. Mackenzie era stato arrestato ad aprile dell’anno scorso dopo il ritrovamento dei primi cadaveri nella sua tenuta nella foresta di Shakahola: è accusato di aver fondato un culto religioso con cui avrebbe incoraggiato i suoi seguaci a morire di fame, con la promessa di un “passaggio immediato” in paradiso prima dell’arrivo dell’apocalisse. Le persone accettavano infatti il digiuno nella convinzione che così avrebbero “incontrato Gesù”.

All’ultima udienza, Mackenzie indossava una t-shirt a righe bianche e nere, un richiamo alle vecchie divise dei carcerati americani probabilmente involontario perché il pastore ha continuato a dichiararsi non colpevole di tutte le accuse mosse contro di lui. Nei video in cui lo vediamo comparire davanti al tribunale, il suo volto è impassibile, non lascia trasparire alcuna emozione.

A metà gennaio il leader della setta era già stato incriminato per terrorismo, omicidio colposo e tortura su minori. Per l’accusa, gli omicidi dei bambini sarebbero avvenuti tra gennaio 2021 e settembre 2023. Una donna fuggita dalla foresta ha rivelato in un’intervista alla Bbc che le madri venivano incoraggiate a non allattare i propri figli così che anche i più piccoli potessero raggiungere Gesù.

Secondo le autorità locali, nel corso delle perlustrazioni della zona decine di membri della setta sono stati ritrovati in fin di vita, incapaci di parlare e camminare. L’estate scorsa 65 superstiti si erano rifiutati di mangiare i pasti offerti dal centro di soccorso, vendendosi così incriminati per tentato suicidio, un reato minore punibile in Kenya con la reclusione fino a 2 anni. Centinaia di persone sarebbero ancora disperse: stando ai dati di giugno, mancavano all’appello più di 600 persone.

Il caso, che è stato definito come “uno dei massacri più sanguinosi in tempi di pace della storia africana moderna”, ha scosso profondamente il Kenya, dove l’85% della popolazione è di fede cristiana e ha messo il Governo di fronte alla necessità di imporre regole più rigide alle chiese e ai loro leader per evitare l’espansione di ulteriori derive criminali.

Per superare i dubbi di chi si chiede come sia stato possibile non accorgersi per tanto tempo della scomparsa di un numero così alto di persone, il presidente William Ruto ha nominato una commissione per indagare sulle morti. Il 31 gennaio il ministro dell’Interno, Kithure Kindiki, ha dichiarato la Good News International Ministries un “gruppo criminale organizzato”. Kindiki ha promesso anche che la foresta di Shakahola diventerà un monumento nazionale affinché “i kenyani e il mondo non dimentichino quello che è successo qui”.

Ma questo non basta agli attivisti e alle organizzazioni per i diritti umani che vedono criticità nell’eccessiva lentezza della giustizia e sostengono il bisogno di garantire un risarcimento economico ai superstiti e alle famiglie delle vittime. Sulla maggior parte dei corpi riesumati non sono stati fatti test del Dna: secondo la Bbc, sugli oltre 400 cadaveri ritrovati, soltanto 39 sono stati identificati e ricollegati alle rispettive famiglie. Per quelli che ancora attendono notizie sui familiari scomparsi a Shakahola l’attesa rimane dolorosamente irrisolta.

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